«Accuso Shell di razzismo perché quello che fa in Nigeria, e nella terra Ogoni, non lo farebbe in altre parti del mondo».
di Marina Forti, tratto da terraterraonline.org
L‘accusa lanciata vent’anni fa dallo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa, davanti ai giudici che lo condannavano a morte, resta attuale. Lo scrittore e gli altri attivisti di un movimento pacifico di protesta sono stati impiccati il 10 novembre del 1995, su accuse pretestuose: estrema vergogna della giunta militare allora al potere in Nigeria, ma anche della Shell, che porta una corresponsabilità morale e politica nella repressione di quelle proteste.
Vent’anni dopo, nel delta del fiume Niger tutte le ragioni che avevano portato alla ribellione degli Ogoni restano vere. Sversamenti di petrolio, devastazione ambientale, violenza e povertà restano endemici. Giorni fa due organizzazioni per i diritti umani hanno documentato come proprio nel Ogoniland l’inquinamento resta pervasivo, a dispetto di quanto afferma Shell.
Il delta del Niger è regione immensa (sei stati produttori di petrolio, con 30 milioni di abitanti e 185 governi locali), disseminata di acquitrini e lagune e foreste di mangrovie, solcata da corsi d’acqua, e costellata di pozzi, stazioni di pompaggio e oleodotti diretti ai terminal sulla costa. La Nigeria estrae circa 2,4 milioni di barili al giorno e ne esporta intorno a 2,1 milioni (dati del Dipartimento Usa all’Energia). Ma solo le compagnie petrolifere e una piccola élite si è arricchita. Per la gran maggioranza degli abitanti del delta la vita è peggiorata.