di Gaetano Siracusa
In questo scorcio del 2015 il Marocco da l’impressione di un paese diviso, indeciso fra tradizione e modernità, fra le tracce labirintiche delle Medine e le smisurate periferie di alveari condominiali e di geometrie cartesiane, fra la pressione fondamentalista nelle grandi città e le istanze liberali e democratiche delle minoranze acculturate.
Al centro della scena l’abile mediazione di Mohamed VI, che di una primavera marocchina che si autocelebrava evocando il ’68 parigino ha accolto la spinta riformista, la richiesta di una Costituzione di stampo liberale e democratico che ha sicuramente contribuito alla attuale crescita economica del paese.
Ma il Pil oltre il 4%, la costruzione di autostrade e la modernizazione delle ferrovie, il boom (la bolla?) dell’edilizia, il sensibile aumento delle esportazioni agricole e lo sviluppo di alcune aree industriali di nuova generazione, la prospettiva di una ulteriore integrazione economica nell’area mediterranea, non nascondono le lacerazioni di un paese che tradizionalmente si è orientato sull’asse sud-nord, piuttosto che guardare ad est, verso la arcigna e tradizionalmente rivale Algeria, fino alla Libia e agli scenari incendiati del Medio Oriente.
E tuttavia la pressione islamista, benchè tenuta sotto traccia sulla quasi totalità degli organi di informazione, sembra aggiungere una complicazione inedita nella California africana. Bisogna leggere Tel Quel, un periodico progressista di inchieste e reportages, per sapere delle periferie fuori controllo di Casablanca, tradizionale sacca di miseria e di reclutamento islamista, oppure leggere su qualche patinata rivista d’arte un articolo allarmato sulla insicurezza nelle grandi città, alimentato dalla crescente intolleranza fondamentalista che prende a bersaglio soprattutto le donne.
Fra le tante divisioni – sociali, culturali, etniche, adesso anche religiose – sembra accentuarsi negli ultimi anni quella fra le grandi città, Casa, Rabat, Tangeri, Marrakesh, e i piccoli centri come Chefchaouen, Asilah, Essaouira, che hanno avuto negli ultimi decenni un grande successo turistico.
Poi, naturalmente, c’è il mondo dei villaggi, quelli rurali e quelli sulla costa, sulle montagne del Ketama e nella valle del Dadès, nelle zone predesertiche di Erfoud e Zagora. E’ il Marocco profondo, berbero e più povero, da dove soprattutto i giovani si allontanano attratti dai modellli di vita delle città o dall’azzardo del grande viaggio in Europa.
I principali quotidiani nazionali celebrano i successi della monarchia e del governo, di un’economia in controtendenza rispetto alla crisi europea, e delle tensioni, degli accoltellamenti, degli arresti di un gruppo di islamisti ad Essaouira si viene a sapere dal taxista, se ne parla poi al caffè con Rashid, musulmano praticante, che ha un piccolo negozio nella Medina.
– Va tutto bene in Marocco, dice lui, costruiscono strade, case, c’è meno corruzione, la pressione fiscale non è alta, la burocrazia è diminuita. Questi che hanno arrestato non li conoscevo. Si nascondono, non fanno proselitismo perchè sanno di essere sotto mira. Ma qui da noi, ad Essaouira, è tranquillo. Essaouira è una città tranquilla.
Trenta anni fa era un sogno medievale fra una piana desertica e l’oceano, la leggenda di Jimi Hendrix, il film di Orson Wells, i primi yippies in cerca di altrove. I musicisti Gnawa.
Oggi Essaouira è una città che si è proiettata fuori le mura della Medina, in una vasta periferia che ingloba sul grande lungomare anche una ampio cirucito di hotel e locali per un turismo medio-alto. Da poco hanno iniziato i lavori di ampliamento del porto.
Ma la Medina, per quanto riconfigurata in funzione dell’offerta turistica continua ad essere abitata e vissuta. I prezzi delle case, dei riad, aumentano. Molti stranieri investono, anche italiani, scommettendo sul protrarsi del boom turistico.
L ’amministrazione, con lungimiranza, ha vietato dal 2000 l’ingresso delle automobili dentro le mura, e al suo interno fra centinaia di piccoli negozi, di botteghe artigianali e ristorantini berberi, sciama la folla a piedi, oppure sulle biciclette, qualcuno spingendo asini, carretti.
Va tutto bene, dice Rashid, anche se nella tranquilla Essaouira hanno arrestato in questi giorni un gruppo di fondamentalisti. E tuttavia è da qui, dal centro, dal cuore della Medina di Essaouira dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, che il Marocco di oggi può guardare fuori le mura: fuori è la periferia, le periferie sterminate di Tangeri, di Casablanca, il futuro, la pressione dei migranti dal centroafrica, le tensioni con la Spagna, lo scandalo del muro alla frontiera, l’incubo islamista, il sogno europeo, forse un nuovo centro, un altro Marocco. Cioè l’abbandono delle Medine. Che ad oggi, per fortuna, è difficile immaginare.