di Luca Rasponi
La vita e l’arte di Pier Paolo Pasolini sono state raccontate tante volte e in tanti modi diversi. A volte riuscendo a raccoglierne il nucleo autentico, altre meno, altre ancora mancando volutamente il bersaglio per indirizzare altrove l’attenzione del pubblico.
È di questi giorni un nuovo tentativo, sostanzialmente inedito sia nella forma che nei contenuti, di raccontare Pasolini attraverso la sua vita, considerando in particolare gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza (1922-1945).
Si tratta del graphic novel “Diario segreto di Pasolini”, di Elettra Stambuolis e Gianluca Costantini (Becco Giallo, 2015), nato dall’idea – come recita il sottotitolo – di raccontare «la vita di Pier Paolo Pasolini prima di diventare Pasolini».
Siamo di fronte a un lavoro che è persino difficile classificare come fumetto: un racconto illustrato in cui lettere private, interviste e scritti dell’autore prendono la forma di un diario, in cui è la voce dello stesso Pasolini a narrare i primi 23 anni della sua vita.
Tra piccoli episodi e intime riflessioni attraverso cui prende gradualmente forma la sua personalità, il futuro poeta narra gli anni dell’infanzia trascorsa in peregrinazioni senza sosta tra Emilia, Veneto, Lombardia e Friuli, al seguito del padre ufficiale di carriera nei suoi numerosi spostamenti.
L’infantile ammirazione per Carlo Alberto Pasolini, autoritario e di simpatie fasciste, lascia presto spazio a un’avversione ideale che sarà comunque decisiva per le sorti di Pier Paolo, spinto dal padre stesso a diventare poeta.
Nel 1925 la nascita del fratello Guido segna una nuova tappa nell’infanzia di Pasolini, che procede tra successi scolastici, incursioni al cinematografo e l’amore incondizionato per la madre Susanna, che caratterizzerà tutta la vita di Pier Paolo.
Se fosse limitato a una cronaca dei fatti, “Diario segreto di Pasolini” risulterebbe probabilmente pedante e già visto: ma non è così, perché sia la sceneggiatura che le immagini, riproducendo scrittura e disegni di un bambino, trasmettono l’autentica sensazione di ascoltare la voce del Pasolini di allora.
Una voce che si fa nuova nel 1936, con la frequentazione del Ginnasio a Reggio Emilia, la scoperta del treno («Non c’è nulla di più elegante e poetico di un vagone») e le prime, enigmatiche, esperienze sessuali.
Il successivo ritorno della famiglia a Bologna, dove il poeta è nato “per caso” quindici anni prima, porta con sé un rinnovato amore per il calcio e la letteratura, grazie alla scoperta di nuovi classici sotto i portici della libreria Nanni.
Negli anni dell’Università, la fervida scena intellettuale del capoluogo emiliano assorbe totalmente Pasolini, che insieme a Luciano Serra, Francesco Leonetti e Roberto Roversi sogna di dar vita a una rivista letteraria.
Ma la guerra incombe e presto entra nella vita del poeta: nel ’41 il padre è inviato in Africa, l’anno dopo Pier Paolo e la madre tornano a Casarsa. Sono anni difficili, ma che segnano l’esordio editoriale di Pasolini: il 14 luglio 1942 esce infatti la sua prima raccolta, “Poesie a Casarsa”, scritta in friulano.
Nel giro di pochi anni, il Pasolini ragazzo lascerà definitivamente il posto all’uomo: archiviata la brevissima esperienza militare (una settimana conclusa con la fuga per evitare la deportazione in Germania dopo l’8 settembre 1943), Pier Paolo si ricongiunge al fratello Guido, che nel frattempo ha deciso di unirsi alla Resistenza.
La sua tragica fine nell’eccidio di Porzûs (febbraio 1945), è un colpo durissimo per Pasolini e la madre, che fa dire al poeta: «so che questo è l’ultimo capitolo di quel pulviscolo d’oro che è stata la mia giovinezza». Con queste parole si conclude il “Diario segreto”, un viaggio toccante nel percorso dell’uomo, e del bambino, che sarebbe diventato Pasolini.