di Anna Paola Ammirati, tratto da MeltingPot
foto di Forgotten in Idomeni
Le notizie che arrivano dal report di Amnesty International non sono per niente rassicuranti. La storia si ripete e la situazione è molto grave. Nelle ultime 48 ore ci sono state espulsioni collettive e discriminazioni nei confronti dei migranti percepiti come economici solo sulla base della nazionalità.
Per molte persone non è stato possibile accedere alla procedura di asilo e migliaia di persone sono state costrette a restare in condizioni disastrose al valico di frontiera tra Grecia e Macedonia. Assente qualsiasi luogo di accoglienza e forma di assistenza umanitaria.
In pratica il 18 novembre Macedonia, Grecia e Croazia, quasi simultaneamente e senza preavviso hanno chiuso il passaggio, con l’unica eccezione delle persone che hanno i documenti per dimostrare di provenire da Siria, Iraq e Afghanistan. Perchè è risaputo che le persone arrivino con i propri documenti.
Ha iniziato la Macedonia e di conseguenza in Grecia la polizia di frontiera, presso il villaggio di Idomeni, blocca il passaggio (sempre con eccezione di Siriani, afghani e iracheni) sulla base del fatto che poi la Macedonia non li fa entrare.
Sulla frontiera macedone c’è una fortissima militarizzazione, e giovedi sera la frontiera è stata chiusa completamente, per tutti senza discriminazione. Riaperta venerdi, in mattinata, ma solo per le tre nazionalità. Transitano ad un ritmo di una cinquantina di persone all’ora. Le attese, quindi, tornano ad essere enormi e si dilatano.
Secondo MSF a Idomeni c’è accoglienza solo per 900 persone, mentre giovedi notte circa 6000 persone hanno dormito li e se ne aspettavano circa 8000 per venerdi notte. Nel frattempo, il centro di accoglienza a Gevgelija, sul lato macedone del confine, si trova vuoto e inutilizzato. Una ONG e gruppi di solidarietà locali hanno fornito cibo; Save the children e UNHCR stanno distribuendo i pasti. La polizia greca non riesce a sostenere le esigenze di tipo umanitario.
Giovedi circa 200 iraniani hanno bloccato i binari per non far transitare un treno che trasportava cittadini siriani in Macedonia, quindi anche tensioni tra le diverse nazionalità che divide le persone in desiderabili e non.
Anche la Serbia dal 18 fa passare solo le tre nazionalità prescelte senza alcuna valutazione della situazione individuale. Circa 200 persone sono state rimpatriate collettivamente in Macedonia dove hanno trascorso la notte alla stazione ferroviaria Tabanovce in prefabbricati forniti dall’UNHCR.
La notte successiva la Macedonia ha chiuso il suo confine e circa 100 persone sono riaste bloccate nella terra di nessuno al confine tra i due Paesi. Non è stato concesso l’accesso nemmeno all’UNHCR.
Sempre il 18 novembre la Croazia non fa transitare 440 persone dal suo confine con la Serbia. Le polizie di frontiera dei due Paese cooperano per evitare che le persone riescano a prendere i treni da Sid. Un gruppo di persone (incluse tre donne e due bambini) provenienti da paesi tra cui il Marocco, il Bangladesh e il Pakistan sono stati arrestati in Croazia e riportati in Serbia.
Ieri consiglio straordinario dei Ministri degli Interni e della Giustizia EU, ordine del giorno rafforzamento dei confini esterni e anche dell’’area Schengen. Se non dovesse bastare le frontiere le esternalizziamo. Una risposta, che come già succede in Libia, non fa altro che rendere più pericoloso il passaggio delle persone. In definitiva, una risposta che stenta a cambiare rotta.