Di Alberto Rodriguez, con Raul Arevalo, Javier Gutuerrez, Antonio de la Torre, Nerea Barros, Salva Reina, Jesus Castro, Manolo Solo. Vincitore di 10 premi Goya, tra cui quelli per il miglior film, la miglior regia e la migliore sceneggiatura originale. Nelle sale dal 3 dicembre.
di Irene Merli
Profondo sud della Spagna, 1980. In un piccolo villaggio sulle rive del Guadalquivir, vicino a un labirinto di paludi e risaie, due giovani sorelle spariscono. Da Madrid arriva una coppia di detective della squadra omicidi per condurre le indagini.
Si tratta di due uomini complessi, molto diversi l’uno dall’altro. Pedro sta per diventare padre ed è una promessa della nuova polizia spagnola, che si vuole progressista e moderna. Juan è un bon vivant e appartiene alla vecchia guardia, per anni ha lavorato nella Brigata Sociale e Politica, nasconde segreti inconfessabili e fatica a dormire: gli incubi del passato lo perseguitano.
Non solo. Ormai è molto malato. Una coppia improbabile, la loro. Che ben presto, in quella terra dimenticata da Dio e dagli uomini, dovrà affrontare ostacoli alla quale né Pedro né Juan sono abituati: un serial killer ben nascosto fra le pieghe dell’ambiente, un inaspettato traffico di droga che arricchisce il villaggio, uno sciopero dei lavoratori locali che mette a rischio il raccolto del riso e li distrae dall’obiettivo più importante. Ma soprattutto nel paesino la gente è apatica e chiusa, anche i muri hanno orecchie e si respira un’aria medievale, machista, soffocante. Il nuovo, lì’, non è ancora arrivato.
Nulla è come sembra e non ci si può fidare di nessuno. Gli investigatori, intrappolati in un microcosmo che pullula di intrighi e di presenze inquietanti, capiscono che devono mettere da parte le loro divergenze se vogliono fermare il killer prima che altre ragazze facciano la stessa fine delle due sorelle scomparse, ripescate nude in un canale, mutilate ed abusate.
“L’isla minima” è un thriller teso, cupo, che ti stringe la gola. E già questo sarebbe un buon motivo per vederlo. Ma non è l’unico. Il regista, attraverso un film di genere, riesce a descrivere molto bene il contesto storico-politico della Spagna nel 1980: una democrazia fragile, uscita dal lungo periodo di franchismo con le ossa rotte e ancora scossa da un fallito colpo di Stato avvenuto nel 1979.
Una democrazia che non era certo arrivata nei tanti luoghi isolati della Penisola, rimasti ancorati ai 40 anni di oscurità precedente. Non per nulla tutto è torbido, fangoso, denso e impenetrabile in questa storia, esattamente come l’ambientazione: un susseguirsi di canali paludosi attorno al grande fiume, in una terra brulla, bruciata dal sole, dove uomini e uccelli condividono lo stesso habitat.
Un paesaggio di misteriosa bellezza che si fa stato d’animo lungo tutto il racconto del film. “ La isla minima nacque alcuni anni fa, in una mostra che ero andato a visitare con il mio direttore della fotografia: Atin Aya, un fotografo di Siviglia, si era dedicato a catturare le ultime vestigia di uno stile di vita che era esistito per secoli nelle paludi del fiume Guadalquivir”, spiega il pluripremiato Alberto Rodriguez “La mostra rifletteva la fine di un’era, di un’epoca e il paesaggio crepuscolare ci è parso adatto a un western di fine secolo.
E quando abbiamo iniziato a scrivere la storia, abbiamo deciso di ambientarla nel 1980, un anno di grandi tensioni politiche in Spagna, una tensione che doveva essere percepita in sottofondo, come un digrignare di denti”. A film visto, possiamo dire che le intenzioni sono state più che rispettate.