La farfalla di Dar’a

“Nella storia del mondo si sono combattute innumerevoli guerre, ma quella scoppiata in Siria quattro anni fa è stata la peggiore della storia, la più sanguinosa e distruttiva”.

di Carlotta Dazzi

Inizia così il racconto di Khaled Hariri, giovane ingegnere informatico di 27 anni laureato alla Syrian International University for Science & Technology che viveva a Dar’a – la città nel sud-est della Siria dove si è accesa la rivoluzione siriana – e da 15 mesi è rifugiato in Germania dove, pur non avendo ancora un lavoro, si è ben inserito a Greven (vicino Münster), dopo essere passato dal quel crocevia che è stato il mezzanino della Stazione Centrale di Milano.

Lascio che spieghi – le sue parole sono dardi nel cuore – cosa gli è successo e cosa ha provato vivendo e fuggendo da questa guerra. Una farfalla spiega le ali tra noi e la voce di Khaled si fa poesia, difficile da ascoltare senza che le lacrime righino il viso.

«Un giorno, in una mattinata meravigliosa quando ero ancora a Dar’a, vidi una farfalla che si era posata sulla mia finestra. Malgrado mi muovessi piano e silenziosamente, questa improvvisamente volò via spaventata dal suono di più di 12 elicotteri che in quel momento passavano sopra la mia casa. Guardai fuori dalla finestra, e in quel momento provai gioia nel vederli. Non sapevo ancora che la farfalla volata via non sarebbe tornata mai più.

Fu lì che iniziò tutto. Quando la polizia arrestò alcuni bambini con la sola colpa di aver scritto sui muri della loro scuola “vogliamo la libertà”, “vogliamo essere liberi”. Quei bambini pagarono il loro gesto con la prigione in cui subirono torture e pestaggi. Ad alcuni bruciarono le dita, altri vennero fatti spogliare e percossi con cavi metallici. Quando le famiglie di questi bambini si presentarono alla polizia per chiedere notizie dei propri figli, venne loro risposto di dimenticarsene e di tornare a casa a farne altri, e vennero allontanate. Inizialmente ci furono cortei pacifici, in cui i manifestanti portavano rami d’ulivo e rose, per chiedere il rilascio dei bambini, ma dagli aerei militari dei soldati cuori di pietra fecero fuoco senza criterio sulla città, uccidendo molti civili.

Il sangue iniziò a scorrere così per le strade siriane e la ferita cominciò a espandersi per la Siria. Nessun aiuto arrivò da altri Paesi, fummo lasciati soli, e così decidemmo di affrontare con onore la morte per difendere la nostra libertà e dignità, e formammo battaglioni per combattere contro l’ingiustizia.

Quattro anni di scontri ininterrotti hanno causato il più grande numero di vittime civili di tutti i tempi e così ho deciso di mettermi in viaggio verso l’Europa, alla ricerca della pace, della salvezza e del rispetto.

Ringrazio l’Italia, per averci aiutato e teso la mano. Ma un giorno farò ritorno in Siria e aspetterò finché la farfalla di Dar’a non tornerà a posarsi vicino a me e in quel momento sarà più bella che mai».