Visioni della città nascosta, in un tentativo di confronto tra teatro e giornalismo
di Angelo Miotto e Christian Elia
Il senso che abbiamo dato a Q Code Mag, ormai, lo conoscete. Crediamo che il mondo del giornalismo abbia bisogno di ritrovare il suo senso. Far quadrare i bilanci è diventato più importante dell’informare i cittadini. Conquistare un click, conta di più dell’interesse civile di un fatto. Pubblicare prima degli altri, è più importante di verificare la notizia.
Noi andiamo in direzione opposta, lavorando gratuitamente, sostenuti da una comunità di lettori e di autori sempre più grande. E sperimentando. Mettendoci in discussione. Perché le sfide sono nel nostro spirito fondativo, il confronto nella nostra visione.
Questo ci porta a fare incontri, stimolanti. Quello con Gigi Gherzi e con tutta la banda del Teatro degli Incontri è uno di questi. L’anno scorso, come quest’anno. Vi aspettiamo il 19 dicembre prossimo, dalle 18, alla Fabbrica del Vapore. Tutti assieme. E pubblicheremo le lettere che i cittadini scrivono ai giornalisti, o ai loro stereotipi, rispondendosi a vicenda e interagendo con una rappresentanza della redazione di Q Code sul palco.
Per sperimentare un linguaggio nuovo, per cercare assieme una via d’uscita dal labirinto dove ci siamo perduti.
Prima lettera.
O del mondo del giornalismo globalizzato
di Luciano Perciacciante
Caro mondo globalizzato dall’informazione in tempo reale… quanta roba! Perdonami se proprio non riesco a starti dietro, anche se ci provo con tutte le mie forze, ma… quanta roba!
Eppure sono curioso di sapere ciò che accade nel mondo, ma il fatto è che nel mondo accade coì tanta roba… che se volessi conoscere le storie di ognuno, perché per me tutti sono importanti, avrei bisogno di sette miliardi di vite, vita più vita meno. Certo, non tutto ciò che accade ha la stessa importanza, ma è proprio qui che mi perdo… perché il bambino Palestinese sì e Giovannino che abita dietro casa mia no? Perché l’aborigeno sì e l’abitante della Sila no?
Perché un morto vale più di un altro? Ecco io proprio non riesco a capire come si può selezionare pescando nella massa indistinta degli eventi e dire questo sì, questo no. E allora penso che tutto ciò che viene scelto ha una sorta di “privilegio” perché emerge dal nulla, ma nasconde il resto del mondo, si tratta di “visioni del mondo” che filtrano e lasciano passare solo qualcosa… ma chi decide cosa? A partire da cosa dò valore al mondo? E se quello che so ha valore cosa ne faccio di questo sapere? Come lo trasformo in azioni di vita quotidiana?
Corrado Guzzanti in uno spettacolo teatrale diceva:
<< Se io ho questo nuovo media, la possibilità cioè di veicolare un numero enorme di informazioni, in un micro-secondo, mettiamo caso ad un aborigeno dalla parte opposta del pianeta, ma il problema è: aborigeno, ma io e te, che cazzo se dovemo dì?>>.