Visioni della città nascosta, in un tentativo di confronto tra teatro e giornalismo
di Angelo Miotto e Christian Elia
Il senso che abbiamo dato a Q Code Mag, ormai, lo conoscete. Crediamo che il mondo del giornalismo abbia bisogno di ritrovare il suo senso. Far quadrare i bilanci è diventato più importante dell’informare i cittadini. Conquistare un click, conta di più dell’interesse civile di un fatto. Pubblicare prima degli altri, è più importante di verificare la notizia.
Noi andiamo in direzione opposta, lavorando gratuitamente, sostenuti da una comunità di lettori e di autori sempre più grande. E sperimentando. Mettendoci in discussione. Perché le sfide sono nel nostro spirito fondativo, il confronto nella nostra visione.
Questo ci porta a fare incontri, stimolanti. Quello con Gigi Gherzi e con tutta la banda del Teatro degli Incontri è uno di questi. L’anno scorso, come quest’anno. Vi aspettiamo il 19 dicembre prossimo, dalle 18, alla Fabbrica del Vapore. Tutti assieme. E pubblicheremo le lettere che i cittadini scrivono ai giornalisti, o ai loro stereotipi, rispondendosi a vicenda e interagendo con una rappresentanza della redazione di Q Code sul palco.
Per sperimentare un linguaggio nuovo, per cercare assieme una via d’uscita dal labirinto dove ci siamo perduti.
Quinta Lettera, di Gabriella Ballarini.
Caro giornalista impegnato,
io ti guardo da lontano, ti scruto e mi piace come alzi gli occhi al cielo quando dici quei nomi e poi guardi me, come a dire, che ti ho capito, che so di cosa stai parlando, ed io che faccio? Eh, che faccio io caro giornalista impegnato? Io ti guardo e controllo che tutti i muscoli del mio viso siano a posto, che non tradiscano dubbi o perplessità di alcun genere, chè non me lo posso permettere che tu ti accorga di nulla. E allora mi metto lì e alzo un po’ anche io gli occhi al cielo, ma giusto un accenno e poi guardo te e cerco di muovere la testa, lentissimamente, un poco giù e un poco su, come a dire di sì, come ad annuire, come a dire che io sono con te, giornalista impegnato, che l’ultima crisi siriana, per me, è tutto tranne che un mistero. Mi indigno insieme a te, sorrido e poi inorridisco ai tuoi inorridimenti di fronte all’ultimo fatto che è successo nei Paesi Baschi. Ti guardo quando mi parli del medio oriente o della Palestina e poi ti correggi e dici Israele e poi mi guardi e sai che io ho capito e allora io faccio un altro cenno del capo e tu sai che puoi contare su di me.
Vado sulla tua pagina di Facebook e sbircio tra i tuoi post, quando siamo lontani e cerco di informarmi su di te, sulle tue ultime opinioni, su quanto impatto ha avuto per te il Bataclan sugli equilibri mondiali e condivido, condivido tutto e soprattutto quello che non intendo, perché so che ti incontrerò e tu mi guarderai e mi dirai, con quel tuo tono di chi sa che io so: hai visto?
Ed io ti dico SI, ma trattengo il fiato, mio caro giornalista impegnato e non piango mai, per dignità, di fronte a te, ma sappi che costan care quelle smorfie di approvazione che rivolgo a te, nella speranza che tu non mi chieda mai un’opinione, mai.