Visioni della città nascosta, in un tentativo di confronto tra teatro e giornalismo
di Angelo Miotto e Christian Elia
Il senso che abbiamo dato a Q Code Mag, ormai, lo conoscete. Crediamo che il mondo del giornalismo abbia bisogno di ritrovare il suo senso. Far quadrare i bilanci è diventato più importante dell’informare i cittadini. Conquistare un click, conta di più dell’interesse civile di un fatto. Pubblicare prima degli altri, è più importante di verificare la notizia.
Noi andiamo in direzione opposta, lavorando gratuitamente, sostenuti da una comunità di lettori e di autori sempre più grande. E sperimentando. Mettendoci in discussione. Perché le sfide sono nel nostro spirito fondativo, il confronto nella nostra visione.
Questo ci porta a fare incontri, stimolanti. Quello con Gigi Gherzi e con tutta la banda del Teatro degli Incontri è uno di questi. L’anno scorso, come quest’anno. Vi aspettiamo il 19 dicembre prossimo, dalle 18, alla Fabbrica del Vapore. Tutti assieme. E pubblicheremo le lettere che i cittadini scrivono ai giornalisti, o ai loro stereotipi, rispondendosi a vicenda e interagendo con una rappresentanza della redazione di Q Code sul palco.
Per sperimentare un linguaggio nuovo, per cercare assieme una via d’uscita dal labirinto dove ci siamo perduti.
Quinta Lettera, di Helen Ibry
Cara giornalista dell’ufficio stampa,
ti scrivo perché finalmente ho deciso di dirti delle cose, e lo farò un po’ fuori dai denti.
Non te la prendere, ma sono stufa di troppi tatticismi ed equilibrismi.
Lo so che per arrivare a fare il tuo lavoro hai sgomitato tanto, lo so che è dura, lo so che per di più essendo donna ha fatto il triplo della fatica, schivando sgradevoli offerte di “contatti” con scambi poco chiari.
Lo so che la tua ricchezza sta tutta nelle relazioni che hai costruito, che il fulcro del tuo potere è la tua rubrica, e che solo grazie a te si pubblica o non si pubblica qualcosa. Perché per arrivare ai giornalisti chiave all’ansa, al corriere o a repubblica, senza un buon ufficio stampa è quasi impossibile. Lo so.
Però non te la tirare! Piantala di agire queste che sono competenze come fossero armi in una guerra. La guerra dell’informazione in cui vince chi ha potere. Chi ha soldi e potere continua ad avere voce e a dare parola solo a chi e come vuole. Chi può pagare una come te, vince.
E quindi chi non ha potere, non avrà voce, e continuerà a non contare nulla!
E poi, mettiamo anche che per una volta noi sfigate della terra, noi soggetti de-centrati, noi soggetti al margine, riusciamo a fare un mega investimento a arriviamo a te, la grande facilitatrice dei messaggi, per poter dire qualcosa. Bè, vogliamo dirlo?! A quel punto tu valuti, ci valuti:
– A: valuti se e come siamo un buon affare, se siamo abbastanza sfigate da fare notizia o se siamo abbastanza pop, perché poi di questo dovrai convincere i tuoi super contatti giornalistici
– B: sicuramente tu, che sei donna di mondo, ne sai molto più di noi, non solo sul giornalismo, ma anche sul mondo stesso e su noi stesse! Già, infatti se noi scriviamo qualcosa, tipo un comunicato stampa, tu cominci a modificarlo, limarlo, riscriverlo (sempre perché sei una in gamba che sa come si deve parlare in ambiente giornalistico, e soprattutto come parlare per essere EFFICACI, farsi pubblicare). E a noi interessa farci pubblicare! Però le parole che abbiamo scelto non le abbiamo mica messe a caso… Emergono da un vissuto, da una riflessione, da una scelta politica e se tu ce le cambi tutte….. alla fine cambi pure il loro senso e il tipo di prospettiva che cercavano di aprire.
Bè ma, ci dici, se volete che vi pubblichino, dovete usare il LORO linguaggio, LORO…., i potenti del sistema della comunicazione e dell’informazione. Sì ma se LORO sanno solo concepirmi come minoranza sfigata, e le parole gli mancano proprio, e il pensiero su di noi non ce l’hanno, allora cosa mi rimane? Di nuovo il silenzio. Mi rimane una voce che comunque non è la mia! E se la gente non sente mai la mia voce, allora non potrà mai imparare un nuovo linguaggio, no??!!!
Quindi voglio che rispetti quello che abbiamo da dire.
Ma tu non solo sei esperta di comunicazione, ma del mondo e di tutta la società e la politica (strano perché ti ho visto poco bazzicare il mio ambiente….) e allora, già che ci sei, modifichi il nostro comunicato anche nei contenuti, perché come l’abbiamo scritta noi “è troppo complicata”… “è troppo elitaria”, “perché bisogna partire dalle cose semplici, perché la gente non capirebbe, perché la gente preferisce leggere di CASI umani…”
NO! Noi non siamo solo casi umani, siamo soggetti pensanti che vogliono cambiare il mondo, e se tu continui a rinforzare questo sistema, niente cambierà mai! La gente non è stupida, la gente non ne può più di gossip superficiale. Cominciamo ad andare a fondo! Cominciamo a diffondere nuovi linguaggi, nuovi modelli di pensiero, nuovi modelli di società e di relazioni. Tu dovresti essere un tramite, non un deus ex machina. Il tuo potere lo usi in modo distorto e rinforzi stereotipi.
Prendi i titoli per esempio… Un guazzabuglio di banalità stereotipate o a impatto emotivo: in entrambi i casi impediscono a chi legge di pensare per davvero: o perché mi dicono quello che già penso, o perché mi impanico emotivamente. Noi scriviamo “lesbiche” e tu ci dici di scrivere “gay”, perché l’ansa nota di più questa parola chiave, perché lesbica ti fa brutto.
Ma sei fuori! Prego cancellami pure! Tanto già non esisto!
In conclusione, ripigliati! Torna a quella fatica che hai fatto per diventare quello che sei, ri-immergiti, ricordala, perché è la tua radice, perché tu non eri una di LORO, ti hanno fatto credere che solo diventandolo ce l’avresti fatta e che quella fatica che hai fatto è una cosa di cui vergognarsi, che prima eri sfigata pure tu e mica te lo vuoi ricordare. Invece quella è la verità, quella è la verità dei rapporti sociali e devi essere orgogliosa della tua storia, e se la tieni a mente, la tua prospettiva cambierà.