Riflettendo su quelli che sono stati i paesi più incredibili che ho avuto il privilegio di visitare, sono arrivata alla conclusione che molti di essi sono vittime di guerre orrende che non poco stonano con la bellezza intrinseca dei luoghi.
di Susanna Azzaro
Con enorme malinconia torno a pensare a quando mi bastavano poche ore di macchina da Amman per poter ammirare la moschea degli Omayyadi ad Aleppo o l’antico bazar di Damasco, ma ormai assuefatta e, ahimè, rassegnata di fronte alle immagini che ci arrivano dalla Siria, seguo con sgomento sui giornali stranieri ciò che sta accadendo in uno dei luoghi più suggestivi del nostro pianeta, lo Yemen, divenuto scenario di un dramma senza precedenti a cui i media italiani sembrano non essere interessati.
Secondo i dati ufficiali pubblicati da UNICEF oltre 21 milione di persone, all’incirca l’80% della popolazione, necessita di aiuti umanitari sotto forma di generi alimentari e i casi di malnutrizione infantile coinvolgono ormai mezzo milione di bambini.
I camion muniti di viveri del World Food Programme hanno non poche difficoltà a raggiungere i beneficiari sia a causa dei numerosi check-point, dove il lasciapassare viene concesso a caro prezzo, sia degli attacchi aerei guidati da una coalizione saudita che rendono impraticabili le strade.
Fonti delle Nazioni Unite sul luogo parlano di circa 2,355 vittime e 4.862 feriti tra i civili da marzo ad oggi a causa dei raid aerei che non hanno risparmiato nemmeno matrimoni o altre manifestazioni di festa.
Nelle poche drammatiche immagini dello Yemen di oggi non riconosco quel paese incantevole dalle cui montagne si intravedevano villaggi fiabeschi o uomini dalle tuniche bianche e muniti di scimitarre che camminavano senza fretta per le strade sabbiose . Lo Yemen è un insieme di numerose realtà naturalistiche diverse amalgamate tra loro in maniera quasi perfetta, ma quando è l’uomo e le sue questioni ad entrare in gioco la situazione cambia drammaticamente.
Il paese oggi è un enorme campo di battaglia obliato da un occidente inconsapevole di quelle che potrebbero essere le disastrose conseguenze per il già fragile equilibrio del Medio Oriente e non solo.
Innanzitutto lo Yemen si trova sullo stretto di Bab al-Mandab attraverso il quale transitano numerose navi cariche di grezzo dirette verso l’Europa e se il controllo di tale passaggio dovesse cadere nelle mani sbagliate ci potrebbero essere conseguenze pesanti sia a livello economico che nella provvigione della materia preziosa.
Inoltre, in suolo yemenita è molto attiva la cellula di al-Qaeda denominata AQAP, ritenuta dagli esperti pericolosissima a causa dell’alto livello di conoscenze tecniche e della fitta rete di contatti in tutto il globo.
I famosi contrasti tra il governo centrale e le tribù del sud del paese che per far ascoltare le proprie ragioni rapivano turisti stranieri sono ormai un lontano ricordo. Qui oggi a confrontarsi sono sunniti e sciiti, Daesh e al-Qaeda, Arabia Saudita e Iran.
Il territorio dello Yemen è diviso tra un nord in mano ai ribelli sciti Huti e il sud in predominanza sunnita dove ha trovato rifugio il presidente in carica Abdrabbuh Mansour Hadi costretto ad abbandonare la capitale Sana’a, e dove pochi giorni fa Daesh ha rivendicato l’uccisione del governatore di Aden.
Nel frattempo indisturbati, i raid arei guidati dall’Arabia Saudita continuano a mietere vittime tra i civili e a distruggere il ricchissimo e fragile patrimonio artistico yemenita.
La splendida diga di Marib risalente a 2800 anni fa ha già subito quattro attacchi dall’inizio del conflitto, si teme per la sorte dei siti archeologici di Baraqish e Sirwah così come per la capitale Sana’a, decantata anche da Pasolini, su cui ultimamente si sono intensificati i raid aerei sauditi.
Mentre le truppe americane profanano Babilonia e Daesh la splendida Palmira, l’Arabia Saudita dimostra di non essere da meno in Yemen. Mi chiedo dove sia quella linea sottile che separa i “cattivi” dai salvatori del mondo a questo punto.