di Christian Elia
Una delle chiavi di lettura più ricorrenti in Europa e in America rispetto alla situazione internazionale è quella della sveglia che presunti intellettuali suonano rispetto alla ‘questione islamica’. L’Occidente ‘deve’ prendere coscienza di ‘essere in guerra’ e così via.
Se ancora non fosse chiaro, ma val sempre la pena ribadirlo, i conflitti nel mondo sono molti di più di prima, almeno come i muri. E nell’uno e nell’altro caso, sono i musulmani le vittime principali degli orrori in corso, in Africa come in Medio Oriente.
Con buona pace sia di coloro che, nonostante la lezione di Edward Said e di molti altri, continuano a pensare all’Islam e al mondo islamico come un monolite unico e ostile e alla persecuzione dei cristiani come chiave di lettura del mondo.
Solo l’ultimo esempio in questo senso è quanto accaduto in Nigeria, dal 12 al 14 dicembre scorso, quando sono stati massacrati centinaia di nigeriani musulmani sciiti dai reparti dell’esercito governativo. Human Rights Watch, in questi giorni, ha attirato l’attenzione su un massacro passato sotto silenzio.
L’eccidio di militanti dell’Islamic Movement of Nigeria (IMN) da parte dei soldati nigeriani appare, alla luce dell’inchiesta condotta da Hrw, che ha intervistato sedici sopravvissuti, ‘’del tutto ingiustificata”.
“La versione dei militari nigeriani non convince: come può un blocco stradale di un gruppo di giovani arrabbiati giustificare il massacro di centinaia di persone?”, si chiede Daniel Bekele, direttore per l’Africa di Hrw. “Nella migliore delle ipotesi si tratta d una reazione brutale e spropositata, nella peggiore di un attacco pianificato alla minoranza sciita del paese”.
Secondo le testimonianze raccolte, l’esercito ha aperto il fuoco in tre località nei pressi di Zaira, nella Nigeria settentrionale. I militati sostengono di aver reagito a quello che – a loro dire – era un tentativo di assassinare il generale Tukur Buratai, capo di stato maggiore, il cui convoglio transitava in quella regione.
L’eccidio è avvenuto attorno alla moschea Hussainniya Baqiyyatullah e attorno alla casa del leader sciita Ibrahim Al Zakzaky, oltre che al cimitero di Daral-Rahma. Almeno trecento le vittime, molte delle quali sepolte in una fossa comune, contro il parere dei parenti, e in gran fretta, impedendo di fatto un’indagine seria.
Il governo ha nominato una commissione d’inchiesta sulla vicenda, ma resta evidente come le divisioni di natura confessionale avvelenano sempre di più il clima in Nigeria e altrove. L’ Islamic Movement of Nigeria è un gruppo sciita legato all’Iran basato a Zaria, nello stato di Kaduna, nato negli anni Ottanta e forte di circa tre milioni di seguaci di Zakzaky, che visitò l’Iran ai tempi della rivoluzione.
Per la sua fede, la sua natura e la sua predicazione, il gruppo si è scontrato spesso in passato con Boko Haram, e alla luce dei proclami governativi contro il gruppo integralista – almeno a parole – si capisce ancor meno la mano pesante usata contro il gruppo sciita.
Per esempio: il 28 novembre scorso, a Kano, un attentatore suicida si è fatto esplodere al passaggio di un corteo di sciiti nigeriani causando la morte di 21 persone. Secondo la ricostruzione, l’autore materiale della strage faceva parte di un gruppo di ragazzini rapiti circa un anno prima da Boko Haram. Ad aprile di quest’anno, un attacco suicida aveva colpito la comunità in una moschea a Potiskum, nello stato di Yobe, uccidendo cinque persone. Un anno fa, sempre in occasione delle festività sciite dell’Ashura, erano state quindici le vittime nella stessa città.
Mentre il silenzio dei media sulla vicenda non stupisce. Perché da tempo è come se mancasse la reale volontà di guardare a quello che sta accadendo, come detto, soprattutto all’interno del mondo islamico. Mentre al fatto che i morti in Nigeria non sono interessanti come quelli in Europa, ormai, non ci badiamo neanche più.