CAROL, di Todd Haynes. Con Cate Blanchett, Rooney Mara, Kyle Chandler, Jake Lacy, Sarah Paulson. Premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes 2015 a Rooney Mara. Nelle sale dal 5 gennaio.
di Irene Merli
Dio benedica Todd Haynes, perché ci regala film memorabili uno dietro l’altro. Qui la memoria riporta al suo “Lontano dal paradiso”, per la mirabile attenzione ai costumi, all’ambientazione d’epoca e alle tonalità della fotografia, una cifra legata a quella di Douglas Sirk, regista cult degli anni Cinquanta (“Una magnifica ossessione”, “Lo specchio della vita”), amatissimo da Todd Haynes e sua fonte di ispirazione.
Ma veniamo alla storia, coinvolgente come poche. New York, pochi giorni prima del Natale 1952. Therese è una giovane commessa di un grande magazzino di Manhattan, con un fidanzato e altri corteggiatori, ma poco convinta a impegnarsi sentimentalmete. Carol è una quarantenne bellissima ed elegante, alla ricerca di un regalo di Natale per la figlia. Le due si parlano per la prima volta proprio nel grande magazzino.
E grazie a un guanto dimenticato e a un trenino acquistato, qualche giorno dopo si ritrovano insieme in un caffè: Carol vuole divorziare dal marito e ha una bambina che adora, Therese invece vuole diventare fotografa e ha un pretendente troppo incalzante.
Strette tra le rigorose condizioni dell’epoca, diverse per età e per ceto sociale, Carol e Therese si trovano a fare i conti con una travolgente attrazione e la necessità di non fare troppo male alle persone che stanno accanto a loro. Ma in un viaggio deciso all’improvviso verso l’Ovest, sfideranno i giudizi morali di un’America che considerava l’omosessualità come un disturbo sociopatico della personalità, e cercano autonomia e amore, irriducibili anche di fronte ai più pesanti ricatti affettivi.
Todd Haynes si ispira a un romanzo poco conosciuto di Patricia Highsmith (The price of salt) e ancora una volta mette in scena una relazione intollerabile per la morale comune compiendo un piccolo miracolo, quello di farne grammatica universale di sentimenti e passioni.
Lo scandaloso e tormentato rapporto tra Carol e Therese diviene sotto i nostri occhi semplicemente una grande storia d’amore e un grido di libertà contro la claustrofobia sociale. Non per nulla è attraverso un road movie che le due protagoniste abbandonano per sempre le loro vite tranquille e in anonime stanze d’albergo di non luoghi si ricostruiscono un mondo in cui possono essere autentiche, senza doversi vergognare della loro sessualità “diversa”. Carol e Therese, eroine molto prima delle battaglie per i diritti civili, una volta tornate a New York accetteranno infatti di rinunciare a qualcosa di importante, ma non a se stesse.
Carol, ritenuta madre indegna per la sua condotta sessuale, non riesce comunque a ritornare a una vita ipocrita con la sua ex famiglia e lascia la custodia della figlia al marito, convinta di non poter essere una buona madre se deve rinunciare a quello che davvero è.
Ed è questo che affascina in “Carol”: la liberazione come atto individuale, personale, prima ancora che sociale e politico. Il doloroso percorso per trovare il coraggio di difendere ciò che ci rende davvero felici.
Non solo. La regia di questo melodramma intimo è magistrale, di sottrazione, fatta di soli interni che si fanno metafora dei vincoli ai ruoli, misurata e formale come il periodo che rappresenta, stilisticamente perfetta. E si avvale della luminosa recitazione di Cate Blanchett e Rooney Mara, in grado di emozionarci tutte e due con la sola gamma degli sguardi. Come dimostra anche l’ultima, meravigliosa inquadratura.