LA COLONNA DESTRA DEI SITI MAINSTREAM ITALIANI È IL TRIONFO DEI CLICK E LA MORTE DEL CONTENUTO IN RETE. DAI CASTORI CHE BALLANO ALLE ANATOMIE DEI CORPI ESIBITI IN FINTI SERVIZI RUBATI
Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale
di Francesca Rolandi
I giorni di festa sono sempre occasione per passare qualche giorno di riposo e annegare nelle serie tv. Ecco dunque alcuni suggerimenti di visione tra mainstream e nicchia.
Per gli appassionati del poliziesco “Hinterland” (2013), una serie tv di otto episodi ambientati in Galles, che gioca ripetutamente con la diversità regionale, ricorrente nei luoghi e nei nomi dei protagonisti. La serie stessa fu prima trasmessa dalla BBC One Wales nella sua versione gallese e solo successivamente in quella inglese.
A fare da cornice paesaggi e luci cupe ma estremamente affascinanti, di un countryside pochissimo antropizzato e spesso luogo di disagio e alienazione. A fare da catalizzatore è l’arrivo del poliziotto Tom Mathias, trasferito in provincia e afflitto da un dolore che fino alla fine non verrà mai svelato completamente.
“Orange is the New Black”, serie tv statunitense prodotta da Netflix nel 2013, arrivata ormai alla sua quarta stagione, porta lo spettatore all’interno di un carcere femminile seguendo la parabola di Piper Chapman, una ragazza della buona borghesia che si trova a scontare un anno di carcere per un reato commesso una decina di anni prima, quando aveva una relazione con la sensuale Alex Vague, trafficante di droga.
A seguire è un affresco della vita in carcere, tra dramma e commedia, che offre uno spaccato dei conflitti e della ghettizzazione del carcere (diviso in diversi gruppi su base etnica), delle pulsioni interne (mai molto rappresentate nel caso di carceri femminili e molto più sfaccettate delle storie di abusi legate ai penitenziari maschili), dello sfondo di un corpo di polizia spesso corrotto e lesbofobo, degli stretti rapporti, quasi familiari, che si instaurano tra alcune detenute.
Infine, per chi comprende il croato, ma anche il serbo, bosniaco o montenegrino, la serie “Crno-bijeli svijet” [Un mondo in bianco e nero], prodotta dalla televisione croata HRT nel 2015 che prende il titolo da una famosa canzone del gruppo punk-rock Prljavo Kazalište del 1980.
E proprio nel 1980, anno di svolta per la Jugoslavia a causa della morte del presidente a vita Josip Broz Tito, è ambientata la trama che segue la storia di una famiglia allargata attraverso i suoi membri di diverse generazioni per raccontare la vita zagabrese negli anni d’oro del socialismo, con le sue contraddizioni: un livello di benessere mai sperimentato prima e un’atmosfera ricca di fermenti culturali ma anche una società ancora divisa per classi, i rituali politici privi ormai di significato, l’economia che inizia a fare acqua.
Una particolare importanza riveste il mondo della musica, il rock jugoslavo che in quell’anno raggiungeva un suo primo apice di creatività, non solo colonna sonora, ma attore e collante generazionale, anche grazie all’impronta del coautore Igor Mirković, che ha già raccontato lo jugorock in diversi suoi lavori.
Una serie nella quale regge l’equilibrio tra un prodotto mainstream non appesantito dalle discussioni ideologiche sul passato socialista della Croazia e un affresco verosimile e non in bianco e nero – per parafrasare il titolo – degli anni ’80 zagabresi.
Una buona visione multilingue a tutti.