Luciano Gallino era un intellettuale che sapeva dove guardare e come volgere lo sguardo dei lettori verso le questioni cruciali del nostro tempo. Per questo ci mancherà.
di Clara Capelli
Nel commemorare la sua scomparsa molti hanno citato l’incipit della sua ultima opera Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti (Edizioni Einaudi): “Quel che vorrei provare a raccontarvi è per certi versi la storia di una sconfitta politica, sociale e morale. Abbiamo visto scomparire due idee e relative pratiche che giudichiamo fondamentali: l’idea di uguaglianza e quella di pensiero critico”. In queste poche frasi c’è l’essenza stessa del pensiero e dell’impegno di Gallino, condensati in un libro che finisce in più punti per rassomigliare a un testamento spirituale.
Il riferimento ai nipoti nel titolo si può indubbiamente leggere in questo senso, come di un anziano pensatore e militante che passa le consegne ai più giovani, coloro che dovranno proseguire una battaglia che la generazione di Gallino, classe 1927, ha perso. Forte è anche la volontà di provare a raccontare, analizzare, indirizzare i giovani in un mondo troppo complesso per essere navigato senza le bussole dei lupi di mare che negli anni hanno imparato a conoscere i venti e le stelle. Un interessante parallelo può anche essere tracciato con un piccolo quanto controverso intervento di Keynes del 1930, Possibilità economiche per i nostri nipoti, nel quale l’economista britannico rispondeva con parole di speranza al “pessimismo economico” che imperversava a seguito della crisi del 1929: grazie al progresso tecnologico e all’accumulazione di capitale, il modello capitalista sarebbe riuscito a portare il mondo a livelli di prosperità elevati, si sarebbe lavorato poco e si sarebbe lavorato tutti, la dimensione economica non sarebbe stata dominante e gli economisti sarebbero divenuti esperti da consultare per problemi specifici, come i dentisti.
Ottantacinque anni dopo, Gallino scrive a commento di una crisi altrettanto dura e complessa, ma i toni sono nettamente meno ottimisti. Se Keynes non metteva in discussione il capitalismo in sé, limitandosi in buona sostanza a porre alcune condizioni vincolanti per temperarne le contraddizioni, Gallino si spinge oltre con il suo bagaglio teorico di sinistra e critica le numerose derive e storture del capitalismo degli ultimi trent’anni senza perdere di vista le problematiche insite nel sistema stesso (anche dal punto di vista ecologico, da lì il riferimento alla “doppia crisi”: del capitalismo e dell’ambiente). Ne risulta un libro che è al tempo stesso una storia recente del nostro mondo e una mappa di viaggio tra i grandi problemi politici, economici e sociali che siamo chiamati ad affrontare.
Per chi ha familiarità con l’opera di Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti è quasi un compendio dei suoi scritti degli ultimi anni, una sorta di punto della situazione dei principali nodi critici su cui rivolgere la nostra attenzione.
La questione del lavoro e della disuguaglianza – cuore dell’attività di ricerca di Gallino – occupa una posizione centrale, rifacendosi per esempio a Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità (Laterza, 2007). Negli ultimi trent’anni chi ha perso è il lavoro. A dettare le regole del gioco è il capitale, con le sue logiche sul campo da gioco del mercato. Si parla di competitività e flessibilità, ma ciò che analizza Gallino è una lotta fra poveri che si inasprisce sempre di più, una progressiva precarizzazione e contrazione dei salari a vantaggio del profitto e delle retribuzioni di pochi eletti. Legata a doppio filo a questi fenomeni è la finanziarizzazione dell’economia, altro tema assai caro al sociologo piemontese, ampiamente discusso in Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi (Einaudi, 2011). Se i lavoratori si impoveriscono, il potere d’acquisto si riduce e la possibilità di acquistare beni e servizi diminuisce sensibilmente; per le aziende diventa dunque sempre più complicato piazzare i propri prodotti: ecco allora che, da una parte, ci si orienta verso la finanza e i suoi rendimenti di più breve orizzonte temporale, mentre, dall’altra parte, il debito diventa il motore del sistema economico.
Da rigoroso studioso di sinistra quale era, Gallino prestava grande attenzione alla spinosa questione del potere a livello nazionale e sovranazionale. All’Unione Europea e agli interessi che si celano dietro la sua struttura e dietro il sistema euro è dedicato un intero capitolo, che si riallaccia al penultimo libro, Il colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa (Einaudi, 2013). In modo accessibile ma puntuale, Gallino discute delle disuguaglianze all’interno dell’Unione Europea, delle problematiche legate al modello economico tedesco e al ruolo della Germania, delle anomalie della moneta unica.
Un’impalcatura politica e istituzionale le cui regole non hanno come obiettivo la piena occupazione, bensì “l’efficienza e la concorrenza” a vantaggio di un settore privato unicamente visto come vettore di crescita e non come incubatore di instabilità e disuguaglianza. “L’austerità è un progetto politico” ribadisce Gallino, criticando una visione dominante che concepisce i pareggi di bilancio del pubblico come una regola aurea valida in sé e non come l’espressione di interessi particolari e di una precisa impostazione teorica.
Nei numerosi richiami contro questo “pensiero unico prevalente” si ritrova tutta la coscienza che il sociologo di Torino aveva del suo lavoro di ricerca e divulgazione. Perché nonostante la sua generazione sia stata politicamente sconfitta, i punti di riferimento teorici e l’impostazione analitica illustrati nel libro rimangono importanti, le fondamenta da riprendere per ricostruire un progetto che possa sfidare le tante ingiustizie di questi nostri mala tempora. La conclusione offre un quadro di possibili campi di intervento per provare quanto meno a correggere tali ingiustizie, con la consapevolezza che se anche il “socialismo ecologico” – così lo definisce Gallino, combinando le critiche al sistema capitalista con una diffusa preoccupazione per la questione ambientale – non potrà essere realizzato in Terra in tempi brevi, questo modello possa essere comunque una stella polare da seguire. “Il sentiero si trova camminando” si dice nel capitolo finale. Qualche sassolino lungo il percorso ci è stato lasciato.