Il 7 gennaio di un anno fa era la macelleria a Parigi, in una redazione di un giornale satirico e fuori, con un attacco che sembrava poter rappresentare una soglia mai toccata a Parigi, Europa, nelle azioni del terrorismo fondamentalista islamista.
di Angelo Miotto
Purtroppo quella sensazione oggi è smentita da altri fatti accaduti nei mesi a seguire, uno degli ultimi in chisuura d’anno proprio a Parigi con numeri e dinamiche ancora più orribili, se fosse possibile stilare una classica dell’orrore.
Il nostro Dossier #CharlieHebdo
L’hastag #JesuisCharlie divenne una bandiera. Una bandiera spontanea, come la pace-Eiffel di Jullien per il 13 novembre. Le biro alzate, i cartelli, la reazione social, ma anche di massa e per le strade non solo della capitale francese, la solidarietà e il cordoglio. E certamente le polemiche, come potrete vedere dai pezzi che vi riproponiamo dall’archivio di Q Code.
I capi di stato nei loro cappotti blu a farsi una foto isolata, chi muove le leve della politica e del sistema finanziario e diplomatico internazionale nei panni di chi quel gioco non conosce, in una farsa del teatrino di chi rappresenta le istituzioni e le costituzioni, mentre obbedisce, senza generalizzare ma è piuttosto globale il fatto, a quelli che sono i diktat del fu capitalismo oggi neo liberismo selvaggio, o di potentati di turno, o ancora di equilibri che vivono di accordi, armi, energia, aree di influenza che poi raccontiamo nei loro effetti sui giornali, o perlomeno su questo giornale.
Oggi, un anno dopo, vale la pena chiedersi se riscriveremmo, i molti che lo han fatto, quell’hastag sulle nostre bacheche, nel nostro professare uno sdegno e una volontà di opposizione all’orrore che sentimmo allora. Cosa è successo nel frattempo? Che si è diffusa, a volte anche con connotazioni di una tendenza pop, la consapevolezza che se ci indigniamo per Parigi, ci si deve indignare anche per il Kenya o per la Siria, o per… È che, sinceramente, i casi per la nostra rabbia e indignazione, o più una o l’altra, sono dentro un moltiplicatore macabro.
A cosa serve allora l’indignazione. Serve, ovviamente. Perché ci ricorda di fermarci, pensare, informarci, prendere posizione non solo perché appartenenti al genere umano che riesce ancora a esprimere empatia per un suo simile, se pur dissimile per paese o censo o situazione o per altri mille motivi che ci fanno comunque essere distanti. E serve se, se, ci porta verso una consapevolezza del fare, oltre che del dire.
Io sono Charlie, anche se Charlie Hebdo non mi piace come satira e anzi anche se la critico come satira, perché voglio che esista il diritto di pubblicare e di criticare. E lo sono per schierarmi. Ma non lo sono e mi schiero lo stesso. Poi sono Paris, sono Grecia e sono Kenya e sono, a volte stufo, come molti siamo arrivati a una certa saturazione di quel Je suis. Che non è rifiuto dell’indignarsi, o del fatto che solo noi ci indigniamo (in molte conversazioni social c’è anche quello, sicuramente). Ma in molti la saturazione riguarda l’opinione tout court, senza che poi seguano gesti e fatti concreti. Cioè quelli che non stanno nelle penne social, proprio no.
Oggi, un anno dopo dire, o ricordare JeSuisCharlie non ci porti alla polemica sull’oblio di tutte le altre meritevoli situazioni di attenzione internazionale, che spesso non hanno o non avranno mai. C’è anche un tempo per non opinare, per non dare giudizi e per semplicemente fare memoria, come ognuno crede, hastag sì o no non è quello il problema.
Ogni orrore è a sé, ogni reazione sociale sulla prossimità della barbarie non esclude forzosamente un’altra che sta più lontana, anche se vicina nelle possibilità di studio.
Oggi, 7 gennaio 2016, è un anno dall’attentato a un giornale, alla libertà, è il ricordo di vite estirpate e anche di una reazione spontanea che purtroppo sta maturando seguendo lo svolgersi di difficili prove che non sono probabilmente finite.
Le foto della manifestazione a Milano, nei giorni seguenti a Parigi quando molte capitali e grandi città manifestarono la propria solidarietà, sono di Corrado Di Mauro, grazie.