Il governo di Matteo Renzi, e certo anche di Angelino Alfano, ha incaricato il ministero degli Esteri di chiedere alla corte di Strasburgo che si arrivi a una ‘conciliazione amichevole’ per le torture di Bolzaneto.
di Angelo Miotto
45.000 euro e la chiudiamo lì. Questo rapporto di potere è uno di quelli più schifosi e raccapriccianti quando un governo si rivolge a una corte internazionale per indicare una ‘amichevole’ soluzione in nome del denaro per ferite fisiche e psicologiche di tortura, in modo da evitare altre condanne dalla corte stessa.
Il caso di Arnaldo Cestaro, picchiato brutalmente alla scuola Diaz e vittorioso nel ricorso presentato alla Corte dei Diritti umani di Strasburgo per quelle violenze, con condanna per lo stato italiano che non è riuscito a prevedere un reato di tortura nel proprio codice, fa precedente ed evidentemente ha spinto le intelligenze raffinate di governo a muovere la Farnesina verso Strasburgo. Sono 31 i torturati che hanno presentato uno dei due ricorsi che pendono di fronte ai giudici per la mancata punizione dei responsabili dei crimini che vennero perpetuati nelle celle, nelle strutture della caserma di Bolzaneto.
Nel testo, il governo riconosce di non voler in nessun modo sminuire la «serietà e l’importanza degli episodi accaduti» a Bolzaneto e ammette gli abusi «gravissimi e deplorabili» commessi dagli operatori di polizia, che pure sarebbero stati condannati a «effettive sanzioni».
Un periodo linguisticamente inaccettabile e indicativo di un pentimento mai avvenuto, di una vergogna mai provata. Da questo, come da altri governi, la lista ormai è lunga e risale fin al 2001.
La serietà e l’importanza degli episodi accaduti: se sono seri non si condiscono via con 45mila euro a cranio e non furono episodi, bensì un sistema ben organizzato e su ampia scala che si protrasse per diversi giorni toccando il suo culmine di alcuni momenti chiave del G8 genovese. Gli stessi episodi non sono solo gravissimi e deplorabili, non c’è solo da deplorare, c’è da avanzare delle scuse ufficiali ai più alti livelli della rappresentanza politica, delle istituzioni che rappresentano i cittadini, le garanzie della democrazia, le regole. Mai avvenuto. Le condanne a ‘effettive sanzioni’.
Il fatto è che il governo non ha nessuna intenzione di andare incontro a una seconda condanna, su Bolzaneto, dopo quella della Diaz. Mentre le difese e parti civili non hanno nessuna intenzione di passare ai saldi in soldoni in materia di ciò che è dovuto. E cioè il riconoscimento delle violenze (torture) e il conseguente risarcimento per danni morali.
La lettera, scritta in inglese, è arrivata a Strasburgo ai primi di dicembre e nei giorni scorsi è stata resa nota ai diretti interessati, chiamati ora a decidere se accettare o meno e, quindi, se portare avanti o ritirare il ricorso. Prematuro indicarne l’orientamento, ma molti sarebbero decisi a dire “no”. Nel testo, il governo riconosce di non voler in nessun modo sminuire la «serietà e l’importanza degli episodi accaduti» a Bolzaneto e ammette gli abusi «gravissimi e deplorabili» commessi dagli operatori di polizia, che pure sarebbero stati condannati ad «effettive sanzioni»: ma una nuova condanna del nostro Paese appare altamente probabile, visto che la Corte europea non decide sul risarcimento ma giudica se c’è stata tortura e se c’è stata poi una punizione effettiva dei responsabili da parte dello Stato.
La proposta è «inaccettabile», dicono le parti civili: «Rispetto ai fatti del G8 di Genova, le istituzioni e in particolare i governi italiani, indipendentemente dal colore politico, sono da 15 anni in fuga dalla realtà dei fatti. Noi andremo avanti fino in fondo». Così l’avvocato Riccardo Passeggi al Secolo XIX. È il difensore, insieme a Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, e Barbara Randazzo, docente di diritto delle Corti europee alla Statale di Milano, di Moritz Von Hungher e Anna Julia Kutschkau, tra le vittime dei torturatori di Bolzaneto.
Passeggi, riporta sempre il quotidiano genovese, aggiunge: «Trovo sinceramente che il rappresentante del governo a Strasburgo racconti frottole alla Corte europea. Non è una questione di soldi: il governo deve sapere – ha concluso – che in Italia e soprattutto all’estero c’è ancora chi sa cosa sia una questione di principio».
È davvero inutile che si creino hashtag dal discutibile impatto comunicativo che invitano al think pink permanente. Non va tutto bene, soprattutto per far andar bene le cose la miglior cosa è seguire un percorso semplice, lineare, rapido: se lo stato sbaglia lo stato riconosce di essersi sbagliato. E chiede ragionevolmente scusa a cittadini che hanno dovuto subire colpi e contraccolpi di inaudita ferocia e violenza, con una connotazione smaccatamente politicizzata, nelle canzoncine e nelle pratiche fasciste.
Uno di meno, cantavano poliziotti e carabinieri la sera del 20 luglio nel centro deserto di Genova. Denti e ossa in frantumi alla Diaz. Vessazioni e torture a Bolzaneto, con un ministro, il leghista Castelli, che si permise financo di fare ironia. Un ministro della Repubblica.
Il rapporto di forza è presto risolto. Sta nella violenza e nella recidiva. Di chi ha organizzato, di chi ha coperto, di chi ha eseguito, di chi ha insabbiato. Son passati quindici anni, ma un serio dibattito sull’ordine pubblico non c’è stato, una volontà politica sincera di ripercorrere il flusso delle responsabilità nei giorni del G8 genovese non si è mai palesata.
C’è tutta la spocchia, la superbia, l’arroganza del potere in questa lettera della Farnesina, chiesta da palazzo Chigi. Una notizia destinata forse a scivolare via, ed è per questo che anche questa deve finire sotto l’evidenziatore di chi ancora ha a cuore la vera rappresentatività delle istituzioni, cioè il rapporto che ci hanno fatto dimenticare da secoli: sono i cittadini che delegano e sono i rappresentanti che devono sentirsi giudicati per azioni e omissioni.
Ancora una volta, senza paura della ripetizione, vale ripetere quella parola di fronte a questi tentativi spregiudicati: vergogna.