L’assoluto presente

Fabio Martina è un regista che abbiamo ospitato
sulle nostre pagine quando il suo progetto
era alle battute iniziali. per questo vogliamo sapere come procede l’Assoluto presente

di Angelo Miotto

Ri-partiamo dal titolo: perché l’assoluto presente?

L’assoluto Presente è il titolo del film ispirato dalle parole del filosofo Umberto Galimberti, che durante un’intervista realizzata da me e dai miei collaboratori, ha commentato così la situazione dei giovani d’oggi: “Vivono l’assoluto presente, il futuro non lo vogliono conoscere minimamente”

Ci racconti alcuni passaggi che hai realizzato con studiosi e con i protagonisti di questa condizione?
 Il film vuole appunto raccontare la condizione in cui vivono i giovani d’oggi, un’unica dimensione spazio-temporale in cui non esistono né passato né futuro, né memoria di sé né proiezione verso nuove progettualità. La storia è tratta da fatti di cronaca, prima di realizzare il film ho sentito la necessità di approfondire il tema e di conoscere meglio l’universo dei giovani d’oggi. Perciò ho intervistato filosofi, educatori e psicologi che studiavano il mondo degli adolescenti; allo stesso tempo, con il pretesto di cercare gli attori del film, ho organizzato finti casting in scuole superiori, licei, centri di aggregazione giovanili, per farmi raccontare dagli aspiranti attori il loro punto di vista sul mondo.
Guardati allo specchio e togliti una ventina d’anni: come ti sentivi tu nel vivere quell’età, quali erano gli orizzonti, in un contesto che era sicuramente un mondo parallelo.
 Tutto nasce da me e certamente dal disagio che ho vissuto anch’io all’età dei protagonisti del film. Era diverso il contesto e le peculiarità dell’epoca, ma simile era lo stato d’animo. Erano appena finiti gli anni ’80 che avevano fatto credere a me ed altri come me allora ventenni e in primis ai nostri genitori che tutto sarebbe stato facile: ogni nostro desiderio, ogni sogno si sarebbe avverato. All’inizio degli anni ’90, ci siamo risvegliati da questo stato di assopimento e di illusione in maniera brusca e netta: il mondo non era così accogliente come ce lo avevano raccontato.

Gli attori: come li hai scelti?
 Quando ero sicuro di riuscire a realizzare il film, circa due anni fa, ho incominciato a cercare gli attori in scuole di teatro di Milano, come Quelli di Grock, Il Piccolo Teatro, e centri di aggregazione giovanile. Ho visto più di 150 aspiranti alla parte, che ho provinato uno per uno attraverso dei laboratori di recitazione cinematografica: l’attore doveva dimostrarmi di saper scavare dentro se stesso e mettere in espressione ciò che aveva scovato. Oltre a questa capacità e talento, cercavo degli attori che stessero vivendo una situazione emotiva, psicologica e relazionale molto vicina a quella dei personaggi del film. Così dopo un anno ho trovato i protagonisti.
Quanta l’empatia dell’attore rispetto al proprio personaggio?
L’empatia che l’attore deve avere con il suo personaggio deve essere totale, credo in generale che l’attore debba servirsi del suo personaggio per rivelarsi agli altri, per esprimere qualcosa di profondo appartenente alla propria spiritualità. Io ho impiegato otto mesi a preparare gli attori protagonisti del film e ho iniziato proprio dal conoscere loro stessi: dovevano saper raccontare attraverso il proprio corpo vissuti traumatici legati all’emozioni più profonde dell’io, come la gioia, la paura, la rabbia, la tristezza, la felicità. Quando ho ritenuto che questa conoscenza fosse abbastanza esaustiva, li ho introdotti allo studio dei personaggi. Naturalmente questo metodo genera una confusione tra la vita dell’attore e quella del personaggio i cui esiti creativi sono per me sempre sorprendenti.
C’è anche un cameo…
Quello del filosofo Galimberti che ho inseguito vari mesi prima di ottenere il suo consenso a partecipare come attore del film. E ci sono riuscito solo la sera prima del giorno fissato per le riprese, in un’ultima disperata telefonata. Ho tanto insistito perché mi pareva importante che lasciasse una sua traccia vivente nel film di cui era stato in vario modo già mentore.
La produzione e la post, poi la distribuzione: raccontaci le difficoltà, i buoni incontri e come farai adesso a farci vedere il tuo film.
Lavorare a budget così bassi come nel caso de L’Assoluto Presente non è certo facile, d’altronde c’ho messo sette anni a realizzare la produzione di questo film, in maniera testarda e caparbia, convinto della bontà di quello che sarebbe stato. Ma non voglio leccarmi le ferite, voglio pensare che tutto questo tempo era necessario per arrivare a dire qualcosa di vero, in cui credevo sinceramente, in maniera libera e senza condizionamenti esterni, se non quelli narrativi, utili a rendere il film più appetibile agli eventuali spettatori. E credo di esserci riuscito. Naturalmente ho trovato sul mio percorso dei collaboratori straordinari, che hanno creduto con me nel progetto e senza i quali non sarei riuscito ad arrivare a questo punto: tra tutti Ilaria Donato, che mi ha supportato in tutti i laboratori e che poi è diventata la mia aiuto-regia.Comunque spero in futuro di non metterci così tanto tempo per realizzare un altro film.

Ora L’Assoluto Presente è in post-produzione.

Per mancanza dei fondi necessari, sto facendo un crowdfunding su Eppela per ultimare questa fase con la dovuta cura. Per cui lascio il link del crowdfunding

https://www.eppela.com/projects/6441-l-assoluto-presente magari qualche cinefilo lettore di Qcode può essere interessato a sostenere questo progetto. L’obiettivo è di proiettarlo in una sala cinematografica nella migliore qualità possibile. Sono sicuro che ci riusciremo.