E’ la seconda volta in un mese che gli ambasciatori del Consiglio di Sicurezza dell’Onu vanno nella capitale del Burundi.
di Raffaele Masto
Buongiorno Africa
La visita, che ha avuto luogo settimana scorsa, dà la misura di quanto il paese rischi concretamente di scivolare in un massacro generalizzato che, dopo quello del Ruanda del 1994, non verrebbe perdonato alle Nazioni Unite.
L’obiettivo della missione diplomatica, che è stata promossa attivamente da Francia, Stati Uniti e Angola, è stato quello di fare accettare al presidente Pierre Nkurunziza la proposta dell’Unione Africana di inviare nel paese una missione militare che fermi le violenze che hanno già fatto almeno quattrocento morti e costretto alla fuga dal paese oltre 200 mila persone.
Missione fallita. Il presidente Nkurunziza l’ha respinta ancora una volta affermando di considerarla, se mai si concretizzasse, una vera e propria invasione.
Il modo di affrontare la crisi del presidente Burundese è semplicemente quello di proporre un dialogo interno che è già stato più volte respinto dall’opposizione e che sembra non avere storia. “L’aiuto che il Burundi ha bisogno – ha detto – non è di tipo militare. Abbiamo bisogno che i terroristi (come vengono chiamati gli oppositori) venganno arrestati ovunque siano” – ha detto.
Ma cosa teme Nkurunziza, dato che una l’eventuale missione militare proposta dall’Onu non mette affatto in discussione la sua permanenza al potere? Probabilmente teme qualunque seppur minima ingerenza nella crisi perchè il potere in Burundi presuppone il fatto di avere totale mano libera negli opachi traffici del piccolo paese in una regione che straripa di minerali preziosi e strategici.
Ma c’è un altro gravissimo pericolo, questo più concreto che mai di questi tempi. Il regime del Burundi continua ad accusare il suo paese gemello, il Ruanda che armerebbe e addestrerebbe le milizie di opposizione delle Forze Repubblicane del Burundi (Forebu), costituite in dicembre dal generale Godefroid Niyombare, ex capo di stato maggiore dell’esercito burundese.
Di fatto il regime burundese denuncia da settimane un complotto internazionale, che sarebbe ordito dal Ruanda con l’appoggio di potenze europee e occidentali che avrebbero armato oppositori e manifestanti che da aprile protestano in piazza contro la permanenza al potere di Nkurunziza, nonostante la costituzione glielo vieti. Da settimane i vertici politici e i media della propaganda burundese non fanno altro che attaccare il Ruanda e accusare Paul Kagame di armare e addestrare oppositori e golpisti. Accuse alle quali il Ruanda non ha mai, per ora, risposto, mostrando l’astuta intelligenza politica di Kagame, poco avvezzo al cedere alle provocazioni ma che potrebbe alla fine rispondere con le stesse armi.
Il pericolo è veramente più che concreto e una tale eventualità finirebbe per trasformarsi in uno scontro Tutsi – Hutu tra due paesi. Con le stesse devastanti conseguenze del 1994.