Ebola, migranti, crisi, attacco, cricket e morte: sono le parole che vengono maggiormente usate nei titoli dei principali giornali Usa e Regno Unito per raccontare l’Africa.
di Andrea Cardoni
Sono i dati che provengono da uno studio fatto da AGI (Africa Growth Initiative) per il report Foresight Africa 2016 dove, tra gli altri studi che riguardano soprattutto l’economia, si sottolinea la corrispondenza tra le asimmetrie informative, le percezioni distorte che ne derivano e il conseguente (mancato) sviluppo economico del continente. Uno studio che ha preso in esame le prime cinquanta parole chiave presenti nei titoli riguardanti la parola “Africa” o indicizzati geograficamente sotto la parola “Africa”
Se guardiamo i titoli nel 2015 provenienti dalle principali testate giornalistiche di Stati Uniti e nel Regno Unito, salute, sport e migrazioni sono i principali temi che riguardano le storie sull’Africa: a “Ebola” emersa sopratutto all’inizio dello scorso anno, nella rappresentazione che ne ha dato il giornalismo occidentale preso in esame dallo studio Lexis-Nexis, hanno fatto seguito la coppa del mondo di rugby e cricket, e poi “migranti” e “crisi” nella seconda metà del 2015. Per i media africani invece i principali titoli hanno riguardato le elezioni in Nigeria, la crisi del Burundi e il commercio. Nelle rappresentazioni che vengono date è interessante notare che, mentre “business” e “petrolio” sono le uniche parole legate all’economia che si trovano in cima alla classifica dei termini maggiormente usati dai media occidentali, i media africani si sono invece concentrarti su argomenti simili in maniera più massiccia con “crescita”, “commercio”, “economia” e “mercato”.
Quello che riguarda la rappresentazione mediatica dell’Africa è un tema attuale, da sempre, anche in Italia: “in tema d’Africa c’è molto bisogno di parole crude e di richiami alla realtà” scrisse sulla rivista “Africa” Quirino Maffi nel 1954 sul primo congresso nazionale di Giornalisti e scrittori di cose d’Africa.
Interessante è vedere come giornalisti di allora, come Paolo D’Agostino Orsini e di Gregorio Consiglio, denunciarono “il modo saltuario, disorganico, spesso vago e affrettato con il quale la stampa d’informazione ha trattato le questioni africane – che sono di vitale importanza per l’Italia-dalla fine della guerra ad oggi”. Un convegno dove, più di mezzo secolo fa, gli intervenuti, tra cui Mario dei Gaslini (vincitore del primo concorso per romanzo coloniale nel 1926 come autore del libro “Piccolo amore beduino”) aveva proposto ai giovani di interessarsi “di Africa e di narrativa esotica”, si era giunti alla conclusione di “come il problema Africa sia, in ben più alta misura che per qualsiasi altro continente, problema di conoscenza: e non solo di conoscenza dello stato dei territori africani, ma anche e soprattutto della loro dinamica, che dalla fine ella guerra in poi presenta una accelerazione sempre per rapida e incalzante (consiglio). Tra le conclusioni del convegno si parlò del “facile colorismo dei reportages giornalistici” e oggi, dopo più di mezzo secolo, si possono tornare a leggere sui nostri giornali le rappresentazioni della Libia, come denunciano i Wu Ming, che raccontano di selvagge “tribù del deserto”.