l’Europa chiude bottega. Aveva due gambe, per quanto sghembe, l’euro e la libera circolazione di esseri umani e merci. Adesso ne rimane una soltanto, la moneta comune, ma è dubbio che basti a percorrere il cammino dell’Unione Europea.
di Bruno Giorgini
L’asse Francia Germania, architrave politico della costruzione europea almeno dai tempi di Mitterand e Kohl, si è spezzato, allo stato attuale non esiste più. Sul versante francese il Presidente Hollande è debolissimo, mentre il premier Valls sempre più uomo forte cui va stretto l’abito socialista, accentua i toni nazionalisti. In soffitta Liberté, Egalité, Fraternité, le parole d’ordine del governo sono patria, famiglia e lavoro – che ricordano da vicino quelle del maresciallo Petain capo del governo collaborazionista di Vichy – con contorno di stato di polizia e privazione della cittadinanza per i “cattivi” sospetti di sovversione, fondamentalismo, e quant’altro secondo i giudizi dei servizi di sicurezza, senza controllo dei giudici, anche loro in rivolta seppure senza scendere, per ora, in strada come i taxisti, ma facendosi sentire eccome. La privazione della cittadinanza fu una misura presa da Hitler verso gli ebrei, talché perdessero ogni personalità giuridica e, diventati inesistenti come cittadini, fossero pronti alla deportazione nei campi di concentramento e quindi sterminio senza troppo scandalo. Col che Hollande e Valls non sono Hitler e neppure Petain, è ovvio, ma stanno scivolando su un piano inclinato con qualche similitudine, e infatti la ministra della Giustizia Christiane Taubira se ne è andata sbattendo la porta, mentre Le Monde scrive un editoriale non firmato durissimo contro Hollande: “Pensava di mettere in trappola la destra, obbligandola a votare una misura che essa reclamava, e invece è riuscito a dinamitare il suo proprio campo. L’errore che ha commesso verso i valori della République è una bomba a deflagrazioni successive. Lacera la sua maggioranza, mette in ebollizione il Partito Socialista, indispone persino i suoi fedeli”, parlando apertamente di crisi politica in atto. Il tutto su uno sfondo economico con 90.000 nuovi disoccupati l’anno, senza ripresa e con controriforme dell’austerità sempre più difficili. Né le cose vanno meglio sui fronti di guerra, dove gli scarsi risultati sui campi di battaglia fanno il paio con le rodomontate retoriche, oppure verso i migranti, con la ferita dei campi profughi di Calais che rimane aperta sotto gli occhi dell’intero mondo. Hollande gioca al cavaliere solitario perdendo su tutti i fronti anche in casa sua rispetto a Valls, mentre Marine Le Pen attraversa la Francia dando la sensazione fisica di impadronirsene un po’ di più ogni giorno: ormai il linguaggio della politica è il linguaggio di Le Pen, per aderirvi, per qualche distinguo, per opporvisi però sempre lì batte la lingua, dove il dente duole.
Ma la Germania di Merkel non sta parecchio meglio. Dopo avere stritolato la piccola e debole Grecia che “non è seria e trucca i conti e è corrotta e disonesta e non vuole pagare i debiti e ha persino votato contro la troika e rivendica il pagamento dei debiti di guerra tedeschi, questi smemorati, e ha un premier di sinistra e si gode la vita ballando il sirtaki e…”, accade la caduta rovinosa di Volkswagen, gioiello tecnologico e socioeconomico del modello renano, pescata con le mani nel vaso della marmellata, una truffa bella e buona. L’intero immaginario dell’eccellenza tecnica tedesca condita da una rigorosa onestà, esplode in frantumi, e non basterà pagare i molti miliardi richiesti per fare ammenda. Quando arrivano a migliaia migranti e profughi, mentre altri capi di stato e di governo alzano reti, fili spinati, muri, schierano l’esercito e i robocop, promulgano leggi violente, oppressive, autoritarie, quando non violano en plein air i diritti umani, Merkel ha un colpo d’ala: accoglieremo tutti i profughi siriani proclama, troveremo per loro casa e lavoro, la Germania è un grande paese, bene organizzato. Sembra fatta, Merkel è il capo d’Europa quindi gli altri magari obtorto collo si adegueranno, pensano più o meno tutti, l’opinione pubblica cosidetta. Ma non è così. Passata la prima ondata con sventolio di bandiere europee e musiche, dentro e fuori la Germania cominciano i guai. Pegida mobilita molte persone contro, pezzi sempre più consistenti del partito della cancelliera storcono prima il naso, quindi mugugnano, poi alzano la voce protestando, infine è un coro assordante, mentre fascisti e neonazisti accentuano gli attentati contro i centri d’accoglienza. A capodanno scoppia l’affaire Colonia. Nella città tedesca, e non solo in quella, molti uomini, si dice circa mille, spesso identificati come medio-orientali e/o africani e/o profughi/migranti – esercitano violenze verbali e materiali a sfondo sessuale contro le donne, con corredo di furti. E anche il mito dell’efficienza poliziesca di Germania s’annichila. Perché se i profughi e compagnia maschile sono “barbari” e “maschilisti”, i poliziotti difensori dell’ordine e della sicurezza sono assenti, e se ci sono non vedono, non sentono, non fanno: una dimostrazione di inefficienza clamorosa, o forse di menefreghismo non meno clamoroso, oppure un siluro tirato a Merkel e alla sua politica d’accoglienza, insomma di male in peggio.
Intanto gli stati, uno dopo l’altro induriscono le loro posizioni contro l’accoglienza. In prima fila stanno i paesi dell’Europa dell’Est, Polonia, Ungheria, Bulgaria ecc.. ma anche i paesi del Nord, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia non scherzano. Fino a questi giorni dove la durezza degenera a violare i diritti umani. In Danimarca il Parlamento vota la requisizione dei beni dei profughi richiedenti asilo, lasciando loro circa 1300 euro: una rapina, anche questa già accaduta, un misfatto già compiuto, eh sì dai nazisti che pare abbiano fatto scuola. E la Svezia a governo socialdemocratico annuncia la deportazione forzata di circa 80.000 persone cui è stato rifiutato l’asilo, imbarcandoli su dei charter leggo, o piuttosto, immagino, su navi e treni, perché 80000 sono tanti, e trasportarli in aereo anche con le fortezze volanti sarebbe laborioso e lungo assai. Non può mancare il governo britannico che se la prende coi minori, prima accolti, ora respinti, chissà buttati nella Manica.
In tutto questo l’elenco dei profughi migranti morti, bambini e adulti, uomini e donne, s’allunga ogni giorno, un bollettino quotidiano dell’orrore. Dei francesi abbiamo detto, l’accampamento di Calais fa fede del trattamento incivile che viene riservato ai migranti. In questa congerie di fratture tra stati, e all’interno di ogni singolo stato Merkel cerca di mettere una pezza, volando in Turchia, a promettere oltre tre miliardi di euro in cambio dell’impegno turco a bloccare i profughi, facendo il lavoro sporco. L a Turchia dove decine di giornalisti sono in carcere, centinaia di oppositori, specie kurdi, scomparsi nottetempo, intere città kurde bombardate fino a essere ridotte in macerie, e dove per due giornalisti colpevoli di avere documentato l’invio di armi a Daesh, la Procura chiede l’ergastolo. A occhio la pezza rischia di essere peggiore del buco, ma tant’è Merkel e la potente Germania non sanno che pesci pigliare. Il fatto è che, nel frattempo, al di là delle grida di manzoniana memoria lanciate dalla Commissione Esecutiva, il trattato di Schengen si sfalda, e i suoi detriti investono tutti, cittadini europei tanto quanto extracomunitari, ovvero le frontiere si rialzano per tutti come ponti levatoi negli antichi castelli medioevali, oscurando la visione, il senno, le libertà, i diritti.
E l’Europa chiude bottega. Aveva due gambe, per quanto sghembe, l’euro e la libera circolazione di esseri umani e merci. Adesso ne rimane una soltanto, la moneta comune, ma è dubbio che basti a percorrere il cammino dell’Unione Europea. Tanto più che in Spagna è aperta la questione dell’autonomia e/o indipendenza catalana, mentre in Gran Bretagna si prepara il referendum sulla permanenza nell’Unione. Inoltre esploso Schengen, cade il quadro di riferimento legale comune e la confusione regna sovrana, aprendosi una ragnatela di fratture che si diffondono per dinamica autonoma. Se il reticolo di fratture si estende a occupare tutto lo spazio, può generarsi uno sciame sismico, premessa spesso di un terremoto, in genere nelle cose umane, una guerra o una successione di guerre. Bisogna esserne consapevoli: una volta il processo innescato, le guerre arrivano a cascata e in fretta. Guerre tra i vari stati e nazioni, nonchè guerre civili tra le varie genti che compongono gli stati e le nazioni.