Assistiamo da tempo al tentativo di trasmettere un’immagine stereotipata e semplificata della complessa realtà che ruota intorno al mondo arabo, in particolare da quando,in seguito alle “rivoluzioni” arabe del 2011 e all’aumento del fenomeno migratorio nel bacino Mediterraneo, l’attualità di alcuni Paesi ha acquistato visibilità in diversi media mainstream.
Come spesso è avvenuto per la Siria, l’Egitto, la Palestina e altri Paesi dell’area, la Tunisia è attualmente vittima di una campagna di disinformazione che mira a semplificaree manipolare la complessa realtà esistente, peraltro in continua evoluzione.
L’articolo “Sulle montagne della Tunisia gli ex ragazzi della rivoluzione adesso sognano il Califfato” pubblicato da La Stampa in data 28 gennaio a firma di Domenico Quirico è, a nostro avviso, un esempio di disinformazione e di interpretazione strumentale del periodo storico che il Paese sta vivendo. Dalle parole dell’autore sembrerebbe che la rivoluzione tunisina, dopo aver aperto e illuminato di speranza il Mediterraneo nel 2011, starebbe oggi virando verso una traiettoria buia che porterebbe ad una “terribile rivoluzione” islamica con epicentro nella città di Kasserine. Quirico rappresenta i nuovi leader della rivoluzione come “uomini arditi dalle lingue affilate e le barbe lunghe”. Il tutto, poi, è fomentato dall’apologia di Daesh che, a detta del giornalista, riempirebbe le mura della città.
Come cittadine e cittadini italiane/i e tunisine/i, associazioni, operatori, studiosi che lavorano in e sulla Tunisia da numerosi anni, giornalisti ed esperti di Medio Oriente, ci preme offrire all’opinione pubblica un nostro punto di vista sulla realtà di Kasserine e della Tunisia.
Quanto sta accadendo in queste settimane, ossia le rivolte sociali che attraversano il Paese da sud a nord, si inscrive nel processo rivoluzionario avviatosi 5 anni fa proprio dalle stesse aree geografiche, marginalizzate in maniera sistematica e organizzata da uno Stato centralizzato sulla capitale e sulla costa turistica. Solo nel 2015 la Tunisia ha vissuto 4.288 proteste sociali, nella maggior parte dei casi passate in sordina anche dai media nazionali.
Le richieste dei giovani (e meno giovani) tunisini che (ri)occupano gli spazi in questi giorni rimandano alle questioni socio-economiche e alla revisione del paradigma del modello di sviluppo diseguale mai rimesso in discussione in questi anni di sperimentazione democratica. Le manifestazioni e i sit-in allargatisi a macchia d’olio in molte regioni del Paese chiedono l’apertura di processi di contrasto della corruzione dilagante nelle amministrazioni pubbliche e rivendicano il diritto al lavoro e alla dignità: parole d’ordine, queste ultime, che avevano riempito le strade già nel 2011. Esse sottolineano l’indipendenza dai partiti, dalle associazioni, dai movimenti organizzati, in qualche modo assimilati al sistema.
La transizione politica, tuttora in corso, continua ad essere lodata dai media e dalle istituzioni europee che in questo processo avevano investito troppo per rischiare che fallisse. Ma la stessa transizione non ha saputo rispondere alle aspettative dei giovani che hanno spinto per il cambiamento del regime. Quegli stessi giovani che da tempo hanno lanciato l’allarme rispetto a una deriva controrivoluzionaria e liberticida del processo di transizione.
La confisca della rivoluzione, sebbene ce ne fossero i primi segnali già dal 2011 e con il governo di coalizione diretto da Ennadha, è stata in seguito ufficialmente legittimata con il governo dei cosiddetti “laici”, tanto decantato anche dall’altra sponda del Mediterraneo. Con il governo “laico” i tunisini hanno vissuto un acuirsi delle politiche liberticide e un recupero del vecchio sistema anche in maniera ufficiale, come attraverso il progetto di legge per la riconciliazione economica sull’amnistia dei crimini economici attuati prima della rivoluzione, con il radicamento e l’inasprirsi della minaccia terrorista, su cui nessun dibattito serio è ancora stato avviato, minaccia che è servita a legittimare leggi antidemocratiche e violente.
Ricordiamo come il terrorismo rappresenti in primis una minaccia per la popolazione e metta in discussione il sistema di sicurezza e di protezione dello Stato. L’episodio citato, ma non contestualizzat, nell’articolo di Quirico sul pastore decapitato riguarda la regione limitrofa di Sidi Bouzid ed è emblematico dell’abbandono sistematico che vive la popolazione di determinate aree del Paese. Inoltre, è estremamente riduttivo e strumentale affiliare tutto il terrorismo tunisino a Daesch – ricordiamo che nessuno degli attacchi terroristici realizzati finora in Tunisia è stato rivendicato dal “gruppo” Isis, tranne l’ultimo nel centro di Tunisi, la cui rivendicazione.Peraltro,non è mai stata verificata.
Il fenomeno terroristico in Tunisia ha radici socio-economiche profonde nel territorio e dinamiche complesse, alimentate anche dalla repressione pluriennale del movimento islamista. È pertanto fuorviante riferirsi alla galassia islamista tunisina come se fosse un tutt’uno e ridurre il territorio di Kasserine a “le montagne del Califfato”.
È vero, la rivoluzione del 2011 in Tunisia non ha ancora realizzato le aspettative di riscatto dei giovani. Ma ha lasciato nonostante tutto segnali indelebili. Tra questi, la liberazione della parola tramite la nascita di tantissimi media locali su vari formati, nati proprio sull’onda della fine della censura e l’apertura al pluralismo. Tra cui le radio, protagoniste incontrastate. Che oggi rivendicano un ruolo da giocare come fonti di informazione affidabili e di riferimento legittimo per costruire una nuova narrazione del paese, dentro e fuori, per evitare banali semplificazioni e interpretazioni strumentali della realtà.
Crediamo che i media dovrebbero interrogarsi e analizzare in maniera critica i processi in corso, approfondendo e dando una visione complessa dei fenomeni per facilitare la comprensione ad un pubblico vasto. Non è responsabilità di Kasserine né del popolo tunisino se i media europei si ricordano del Paese solo in casi sporadici e legati principalmente a violenze reali o presunte tali.
Proprio a Kasserine, l’occupazione va avanti da più di dieci giorni: sfidando il coprifuoco, uomini e donne continuano a riunirsi per discutere di diritti, e di lavoro, per criticare il livello esasperante di corruzione nelle istituzioni locali.
Infine, crediamo sia necessario denunciare quelle narrazioni faziose che scientemente sono mirate a creare paura e odio contro il mondo arabo, l’Islam e le migrazioni, generalizzando e non contestualizzando i fenomeni politici e sociali, ma anche avallando quel gioco delle parti dello scontro tra ‘noi’ e ‘loro’, che, a nostro avviso, va assolutamente rifuggito.
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Le immagini sono di Francesca Oggiano, giornalista e fotografa basata a Tunisi
Gabriele Proglio, professore di storia contemporanea, Università di Tunisi El Manar
Debora Del Pistoia, cooperante e giornalista indipendente in Tunisia
Gianluca Solera, scrittore e attivista trans-mediterraneo
Damiano Duchemin
Martina Tazzioli
Lidia Lo Schiavo, docente universitaria
Marta Menghi, giornalista free lance
Rossana Pezzini
Alessia Giannoni
Natalia Romanó, insegnante di italiano L2 a Tunisi
Alessia Tibollo, cooperante in Tunisia
Albertina Petroni, cooperante in Tunisia
Luigi Giorgi, giornalista
Cecilia Dalla Negra, giornalista
Valentina Muffoletto
Micol Briziobello
Patrizia Mancini, responsabile del sito Tunisia In Red
Santiago Alba Rico, scrittore
Mario Sei, docente Università di Tunisi
Hamadi Zribi, Tunisia in Red
Giovanna Barile, Tunisia in Red
Diego Barsuglia, fotografo
Anna Castiglioni
Chiara Loschi, dottoranda di ricerca in Scienza Politica, Università degli Studi di Torino
Paolo Cuttitta, Universita di Amsterdam
Grazia Vulcano, cooperante in Tunisia
Federica Zardo, ricercatrice
Christian Elia, giornalista, condirettore Q Code Mag
Jana Favata
Stefano Barone
Stefano Pontiggia, ricercatore sociale
Sarra Labib Basha Beshai
Francesca Crispolti
Oriana Baldasso
Giulia Breda
Giulia Bonacina
Jolanda Guardi, ricercatrice
Francesca Biancani, docente a contratto di Storia e Istituzioni del Medio Oriente, Università di Bologna
Marta Menghi, giornalista freelance
Sara Borrillo, post doc. Dip. Asia Africa e Mediterraneo, Università L’Orientale di Napoli
Lorenzo Feltrin, dottorando, University of Warwick
Marco Lauri, Docente a contratto di Letteratura e Filologia Araba, Università di Macerata
Estella Carpi, Lebanon Support e New York University (Abu Dhabi)
Lorenzo Declich, ricercatore indipendente
Paolo Paluzzi, Tunisi
Clara Capelli, Cooperation Development Network
Anna Serlenga, regista e docente
Mattia Rizzi, coordinatore progetti (ADD Atelier pour le développement durable)
Susi Monzali
Eugenia Valentini
Costanza Pasquali Lasagni, umanitaria e analista di Medio Oriente.
Joshua Evangelista, giornalista
Marta Bellingreri, ricercatrice, reporter Medio Oriente
Stefano Torelli, ricercatore
Sara Manisera
Lamia Ledrisi
Elisa Giunchi
Kais Zriba, giornalista
Alessandro Rivera Magos, ricercatore
Mohamed Al Ahmadi, giornalista indipendente
Veronica Bellintani
Francesca Oggiano, giornalista pubblicista
Comitato Khaled Bakrawi
Fouad Rouehia, giornalista
Chiara Denaro, dottoranda in sociologia presso Università degli Studi di Roma la Sapienza e UAB (Universitat Autonoma de Barcelona)
Damiano Aliprandi, giornalista e operatore sociale
Lucia Spata
Giovanni Piazzese, giornalista
Alice Bondì
Hatem Salhi, corrispondente Al Hiwar Ettounsi/Radio Kalima a Kasserine
Houssem Yahyaoui, giornalista radio Kasserine FM
Ali Rabeh, Direttore Radio Kasserine FM
Iain Chambers, docente di Studi Postcoloniali, Università l’Orientale di Napoli
Chiara Martucci, Milano
Nicola Perugini, Mellon Postdoctoral Fellow, Brown University, Middle East Studies and Italian Studies
Joy Betti, Bologna
Vanessa Roghi, docente di sociologia dei processiculturali e comunicativi, Università La Sapienza, Roma
Federico Faloppa, docente di Storia della lingua italiana e Sociolinguistica, Università di Reading
Giulia Grechi
Ramona Parenzan
Ilaria Giglioli, PhD Student, University of California, Berkeley
Vivian Gerrard
Caterina Miele, Università L’Orientale, Napoli
Betta Pesole
Valeria Deplano, Università di Cagliari
Giuseppe Acconcia, Il Manifesto, Università di Londra
Barbara Spadaro, University of Bristol
Fabrice Dubosc, etnopsichiatra e saggista
Angelo d’Orsi, Docente ordinario di storia delle dottrine politiche, Università di Torino
Francesca Di Pasquale, Netherlands Institute for War Documentation, Historical Research Department, Post-Doc.
Simona Wright, Professor in Italian Studies, The College of New Jersey
Marco Demichelis, Assegnista di Ricerca in Studi Islamici e Storia del Medio Oriente Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Giuseppe Burgio, professore a contratto dell’Università di Palermo
Marzia Maccaferri, Associate lecturer, Goldsmiths, University of London
Giusy Muzzopappa, antropologa
Raffaella Biasi, Professoressa, esperta di mondo islamico, laurea in arabo
Dario Consoli, dottore di ricerca in filosofia, Università di Torino
Alessandro Vecchi, fotografo, New York
Sole Anatrone, dottore di ricerca, Università della California, Berkeley
Ester Sigilló, dottoranda Scuola Superiore Normale di Pisa
Chiara Egidi, Brescia
Oriana Baldasso
Alice Conti
Valeria Verdolini
Serena Marcenò
Annalisa Cegna
Stefano Rota
Anis Azouzi
Carmine Conelli, dottorando, Università l’Orientale di Napoli
Federica Zardo, Research Fellow, Università di Torino
Pina Piccolo, studiosa indipendente
Giuseppe Burgio, docente Università di Palermo
Cristian Lo Iacono, Torino
Enzo Guarrasi, docente Università di Palermo
Goffredo Polizzi, dottorando Università di Warwick
Luigi Cazzato, docente di Letteratura Inglese, Università di Bari
Silvia Casilio
Benedetta Guerzoni
Lorenzo De Sabbata
Chiara Stenghel
Matteo Di Gesù, docente Letteratura italiana, Università di Palermo
Paolo Fait, docente di filosofia, Università di Oxford
Elisabetta Dall’O
Lorenzo Mari, Università di Bologna
Marco Gatto
Teresa Degenhardt
Alessandro Ferretti, Università di Torino
Damiano De Facci
Francesca Coin, sociologa, Ca’ Foscari
Sabrina Marchetti, European University Institute
Tommaso Rebora, studente Università di Torino
Matilde Flamigni, studentessa Università di Torino
Angelica Pesarini, Lecturer in Sociology (Race, Gender and Sexuality) University of Lancaster
Younis Kutaiba
Tullia Giardina
Maaza Mengiste
Gisella Costabel
Raffaella Biasi
Oriana Baldasso
Leonardo De Franceschi, docente di istituzioni di storia e critica del cinema, Università degli Studi di Roma Tre
Camilla Hawthorne, dottoranda Università della California, Berkeley
Valentina Migliarini
Chiara Giubilaro, Assegnista di ricerca, Università Bicocca, Milano
Stefania Voli
Francesco Correale, Università di Tours
Cristina Accornero, Università di Torino, dottore di ricerca
Paola Rivetti, Dublin City University, SeSaMo – Società Italiana di Studio Mediorientali
Gaia Giuliani, post-doc Università di Coimbra, Centro de estudios sociales
Daniele Salerno, assegnista di ricerca, Università di Bologna
Alessio Surian, professore associato di didattica e pedagogia speciale, Università di Padova
Vincenza Petrilli, ricercatrice indipendente, Bologna
Tatiana Petrovich Njegosh, docente di storia della cultura americana, Università di Macerata
Mackda Ghebremariam Tesfau’ – Università degli Studi di Padova
Laura Ferrero, dottore di ricerca in antropologia, Università di Torino
Arturo Marzano, Professore di Storia del Medio Oriente, Università di Pisa.
Serena Marceno, Ricercatrice di Filosofia Politica e professoressa aggregata di Filosofia Politica e Human Rights: Theory and Policies, Università di Palermo
Marco Montanaro
Souheil Bayoudh, regista tunisino
Gathia Mraieh (tunisina, abitante a Modena, operaia)
Chaker Haddad (tunisino, abitante a Modena, operaio)
Takoua Haddad (studentessa italo-tunisina nata a Kairouan e abitante a Modena)
Emanuele Venezia, docente di italiano Università di Gabes
Giada Frana, giornalista
Rabii Ibrahim, attore