Di Federico Cassani e Valentina Giacomelli
Il mondo di asfalto, come predetto, fa il giro del mondo, andando a toccare Mosca, la grande capitale Russa, un tempo simbolo delle più alte percentuali di spostamento modale sul trasporto pubblico.
Ma da quando il “modello occidentale” ha rimpiazzato la pianificazione dei trasporti prima della caduta del muro. Da quel momento lo scopo degli ampi viali e delle piazze monumentali venne a mancare quando il comunismo si ammorbidì, aprendosi al modello economico liberale. Le automobili invasero gradualmente le strade e le piazze moscovite, erodendo in maniera incontrastata i suoi vasti spazi pubblici e trasformandoli in immense carreggiate e parcheggi più o meno organizzati.
E l’asfalto, seguendo la spinta del nuovo capitalismo, prende il sopravvento, e con lui, il traffico, la congestione. Il centro di Mosca diventa invivibile, caotico, invaso da decine di corsie per le auto private, diventate simbolo del successo capitalista.
Anche il fortissimo sistema di trasporto pubblico, pervasivo, efficace e cospicuamente finanziato, subì negli anni immediatamente seguenti alla caduta del comunismo un certo declino. La metropolitana di Mosca funziona tuttora a massimo regime, è una delle più belle ed affollate al mondo ed è ancora oggetto di ampliamenti e potenziamenti, mentre l’efficienza del trasporto pubblico di superficie subisce gli effetti di decenni di dominio incontrollato dell’automobile: corsie preferenziali che vengono utilizzate anche da altri mezzi, automobili parcheggiate alle fermate del bus.
…Continua a leggere su QCT