di Balazs Jarabik, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso*
A due anni di distanza dalle prime manifestazioni EuroMaidan le riforme richieste da chi le ha promosse sono state attuate per metà. I passi in avanti fatti rischiano di essere oscurati dal persistere della corruzione, del potere degli oligarchi e dal conflitto nel Donbass.
L’approccio post-Maidan, secondo il quale “Il vincitore piglia tutto”, sembra essere l’elemento chiave dell’attuale situazione in Ucraina: oligarchi eletti al potere (s-elected, nell’originale, ndt); una giustizia selettiva per tenere sotto controllo gli altri; riforme selettive dove interessi individuali e statali coincidono; una, sempre selettiva, de-oligarchizzazione ma solo dove c’è stata una forte pressione occidentale. La minaccia della Russia rimane la principale ragione perché questo stato selettivo sia tollerato dall’interno e sostenuto dall’Occidente.
Chi aveva grandi aspettative le sta perdendo. Anche senza la Crimea ed il Donbass, l’Ucraina post-Maidan è caratterizzata da impunità politica, da competizione tra interessi di oligarchi, da una debole autorità centrale e da una società disincantata.
Coloro che avevano aspettative più limitate potrebbero evidenziare che sia già un successo che l’Ucraina sia sopravvissuta come stato, contro ogni aspettativa. Inoltre, centinaia di interventi di riforma sono attualmente in corso e, lentamente ma inesorabilmente, spingono lo stato in avanti. Ma, nonostante vi siano alcuni elementi per essere cautamente ottimisti, un’analisi sulle riforme, tale vuole essere quanto fatto dal Carnegie’s Ukraine Reform Monitor, illustra una situazione perlomeno ricca di chiaroscuri.
Ripresa a rischio
Il progresso più evidente che è stato fatto è quello della stabilizzazione delle finanze ucraine. Questa include la riforma della Banca Nazionale dell’Ucraina, una nuova politica fiscale, una modesta riduzione della spesa statale, il programma di stabilizzazione in corso del Fondo Monetario Internazionale e l’accordo che l’Ucraina ha raggiunto con i suoi creditori privati.
Le agenzie di rating hanno rivalutato il paese. Fitch, per primo, ha alzato l’Ucraina al grado “CCC”, mentre Moody’s lo ha seguito immediatamente modificando il rating del debito sovrano dell’Ucraina da Ca a Caa3. Gli afflussi di capitale verso l’Ucraina sono aumentati del 34,1% salendo a 2,55 miliardi di dollari tra gennaio e settembre 2015, contro la perdita del 40,7% del periodo annuale precedente con un’uscita l’anno precedente di 526 milioni (888 milioni un anno fa). Ci sono dei segnali promettenti per un possibile recupero. Nel terzo trimestre il Pil mostrava una contrazione del 7% su base annua che comunque è molto migliore rispetto al crollo del 14,7% del secondo trimestre. La Banca Nazionale prevede una crescita del 2,4% per il 2016.
Tuttavia, la ripresa dell’Ucraina potrebbe essere a rischio a causa della controversa riforma fiscale e del contestato budget statale del 2016. Mentre i risultati macroeconomici sono visti positivamente all’estero, gli ucraini affrontano una realtà diversa. I salari reali sono scesi di un quarto rispetto a quelli del 2014 e la media dei salari mensili è scesa a 186 dollari. L’Onu stima che l’80% degli ucraini vive al momento con meno di 5 dollari al giorno. I mesi invernali metteranno a dura prova la pazienza degli ucraini, anche se la crescita dell’economia sommersa, che rappresenta ad oggi circa il 58% dell’economia del paese, sta di fatto permettendo la sopravvivenza.
Ci sono stati anche alcuni modesti progressi nel settore energetico, con un aumento della trasparenza, un abbassamento del consumo di gas, una minor influenza russa e una maggiore sicurezza energetica come risultato del flusso di gas dall’Europa verso il paese. Comunque, non c’è ancora un ente regolatore autonomo.
Il pacchetto di leggi necessarie per migliorare ulteriormente il settore energetico viene contestato e la maggior parte delle infrastrutture energetiche sono controllate dagli oligarchi. L’aumento dei prezzi è stato giustificato dal governo come una richiesta dell’FMI mentre non vengono date spiegazioni ai cittadini su quali benefici porterà la modernizzazione del settore.
I sussidi non vengono concessi direttamente alle famiglie ma all’azienda statale Naftohaz. Non è presente né una regolamentazione trasparente, né una sana concorrenza, mentre gli ucraini stanno pagando il 450% in più del passato per riscaldarsi. L’efficienza energetica non è una priorità, cosa che è sconvolgente considerato che la cifra spesa per approvvigionarsi di petrolio e gas corrisponde al 20% del Pil nazionale.
Riforme incerte
L’esercito ucraino è divenuto una delle più forti forze militari in Europa, passando da 146.000 a 280.000 effettivi. Le spese per la sicurezza sono state mantenute per il 2016 al 5% del Pil, cifra pari a 4 miliardi di dollari. Vi è ora un nuovo sistema on-line per gli appalti, ma il livello di corruzione nell’esercito, anche nella zona di guerra del Donbass, è estremamente alto.
Statistiche ufficiali rivelano che almeno il 30% delle perdite avviene al di fuori dei combattimenti, a causa della cattiva gestione e di una debole leadership. L’Ucraina ha perso una porzione significativa di territorio (nel conflitto del Donbas) e di mezzi nautici (con l’annessione della Crimea) e l’integrità delle forze armate (l’esercito, la Guardia Nazionale e i battaglioni volontari) rimane una questione aperta.
Le riforme legate al decentramento sono, dal punto di vista tecnico, progredite negli ultimi anni. Il potere, la capacità amministrativa e i finanziamenti dei governi locali sono state rafforzate. Comunque, un approccio più sistematico rimane assente in particolare in termini di dimensione politica del decentramento e dipende dalle dinamiche più ampie del conflitto nel Donbass. Non c’è una visione consensuale sul sistema politico che l’Ucraina vuole adottare e su come garantire la divisione dei poteri.
La legittimità politica è stata ripristinata attraverso le elezioni parlamentari e presidenziali dell’anno scorso. Il pluralismo politico e la competizione, cosa che differenzia l’Ucraina dalla Russia, esiste ancora. Comunque, ci sono segni di intimidazioni e di un abuso autoritario del potere amministrativo. Giudicando l’astensionismo, le recenti elezioni locali testimoniano che gli ucraini sono sempre più insofferenti verso la classe dirigente del paese.
Sono consapevoli che le riforme non stanno affrontando gli aspetti critici del quadro sociale e politico sollevati dalla rivoluzione EuroMaidan. Gli emendamenti costituzionali sul decentramento o la proposta di riforma del sistema giudiziario sono esempi di riforme incerte volte a preservare abitudini e valori dello status quo, nel quale la classe dirigente e la società in generale continuano a vivere.
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Le decisioni adottate in seno ad attività anti-corruzione, così come la gestione dell’applicazione della legge, delle istituzioni giudiziarie e di sicurezza rimane dominata dalla politica, anche se non da un singolo clan, come avveniva nel periodo Yanukovic.
I principali ostacoli
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Come suggerisce un recente rapporto dell’OCSE gli sforzi per lo sviluppo di una struttura anti-corruzione hanno già significativamente migliorato il quadro giuridico del paese. Tuttavia, la percentuale di contratti pubblici assegnati attraverso un processo non competitivo è ancora troppo alta ed è in aumento. Un altro esempio che mostra come il sistema di applicazione delle leggi abbia fallito nel produrre risultati tangibili è l’incapacità di recuperare i beni presumibilmente sottratti dal regime di Yanukovic.
Una recente indagine di Pact, una Ong americana che ha sede in Ucraina, mostra un lieve declino del numero di persone che sono testimoni di atti corruttivi ed una significativa diminuzione delle tangenti volontarie. La ricerca sottolinea anche che è in aumento la percezione del fatto che la corruzione sia correlata soprattutto ad istituzioni che trovano gran spazio sui media, come le procure e i tribunali. Ma l’aumento della consapevolezza delle persone in merito alla corruzione e il maggiore desiderio di combatterla non è stato ancora tradotto in azione. Quindi, anche se la vecchia corruzione centralizzata è forse scomparsa, i suoi schemi sono sopravvissuti e si sono “decentrati”.
Indagini sull’opinione pubblica mostrano che la maggioranza degli ucraini non crede nel successo delle riforme (solo il 30% vi crede) e i cittadini indicano i governi e gli oligarchi come i maggiori ostacoli. I motivi principali della crisi socio-economica, secondo gli intervistati, sono i seguenti: il 72% degli ucraini incolpa la corruzione, il 54% indica il fatto che l’economia sia controllata dagli oligarchi, il 47% punta il dito contro l’incompetenza del governo, ed il 35% crede che è il risultato dell’assenza di una strategia economica. Solo il 30% indica la guerra del Donbass come l’ostacolo principale alle riforme.
Nell’attuale contesto sociale, economico e politico, gli ucraini sono molto più preoccupati della propria sopravvivenza economica e materiale che non di riformare il paese. Curiosamente né il governo né nessun gruppo civico si batte per quella che i cittadini che hanno partecipato ai sondaggi sulle riforme ritengono essere la principale priorità: l’assistenza sanitaria.
Secondo la Democratic Initiatives Foundation “un terzo degli ucraini non può più tollerare un ulteriore declino del suo standard di vita in termini di condizioni materiali” e che “un quarto dei cittadini non crede nel successo delle riforme”. Queste cifre dovrebbero agire come forte monito per le istituzioni.
Il Carnegie’s Ukraine Reform Monitor ritiene che le riforme anche se di basso livello hanno indubbiamente creato progressi. Quando la Russia ha reagito alla rivoluzione EuroMaidan con la decisione di annettere la Crimea e di aiutare la resistenza armata nel Donbass, l’Ucraina era stretta tra le riforme e la guerra. Riforme chiave in campo politico e giudiziario sono state posticipate a causa dell’emergenza della guerra nel Donbass, ed è questa la sfortunata eredità della prolungata saga Maidan. Inoltre le riforme hanno sofferto dell’adozione di mezze misure e della diffusa percezione di una scadente comunicazione e coordinamento. Nel frattempo, la burocrazia ucraina, che spesso opera sotto l’influenza di ricerche di rendita individuali, si è messa in trincea e si è opposta alle riforme.
La ricchezza degli oligarchi si è ridotta, ma non sono stati espulsi dal sistema e il loro impatto informale rimane forte. Quasi tutti loro hanno subito perdite rilevanti. Molti sono coinvolti ora in protratte trattative per la ristrutturazione dei debiti con i propri creditori. Comunque non c’è nessun segnale evidente che si impegneranno nella modernizzazione del paese, invece di lottare per i propri interessi. Tanto più che Petro Poroshenko, presidente ucraino, che non ha fatto la sua fortuna attraverso classici schemi di rendita, sta espandendo il suo impero economico al contrario di quanto aveva promesso durante le elezioni. Secondo un quotidiano ucraino, è stato l’unico ad aumentare la sua fortuna dall’inizio della rivoluzione di EuroMaidan.
Che l’Occidente dica la sua
Non c’è dubbio che la corruzione rimane la più grande minaccia per la sicurezza nazionale ucraina. Il rule by law (opposto al rule of law, stato di diritto, ndr) erode le istituzioni statali e limita la capacità dei governi di esercitare l’autorità e la costruzione della fiducia con i cittadini. Queste riforme non dovrebbero essere considerate dall’Occidente come “parte del possibile” ma come una necessità urgente, non importa quale siano i rischi reali o supposti che arrivano da parte russa.
I rischi politici interni rimangono ampi e la società civile si sta muovendo sempre più verso riforme “radicali”. Gli attivisti si stanno spazientendo di fronte al continuo malfunzionamento della politica e nei confronti di ciò che rimane del vecchio sistema e delle vecchie abitudini sociali. La disobbedienza civile (ancora una volta) sta diventando violenta, come nel caso del blocco istituito dai tartari di Crimea. Nella città orientale di Kryvyi Rih, gli oppositori del contestato sindaco Yuriy Vilkul stanno mettendo pressione alle autorità invocando il “potere popolare”, dopo aver occupato il municipio. Gli oligarchi stanno tentando di consolidare il loro potere, nel timore di perderne altro, appoggiando nuove personalità, ed introducendo una maggiore frammentazione politica.
Allo stesso tempo, Kiev riesce a malapena a gestire questi eventi. La politica del pompiere adottata da Poroshenko offre una visione non sostenibile perché produce una continua impunità in cambio di alleanze politiche. L’eredità politica di EuroMaidan fin’ora non ha riformato il paese e, successivamente all’intervento russo, ha mantenuto le divisioni tra i vincitori (la maggioranza) e l’élite sconfitta e precedentemente al potere (la minoranza). Anche se la nuova Ucraina è fermamente rivolta verso l’Occidente segue gli stessi schemi del passato.
È tempo che anche l’Occidente adotti una strategia selettiva. Il passo generale delle riforme è lento perché i riformisti sono in minoranza. Una strategia minoritaria potrebbe aiutare: un cambiamento graduale di quelle che sono priorità fondamentali insieme a sforzi nella comunicazione ed educazione per ricoinvolgere gli ucraini disillusi. Invece che puntare su singoli individui, bisognerebbe focalizzarsi sulle riforme delle istituzioni statali. Parte integrante di questo dovrebbe essere la riforma del sistema educativo per formare una nuova ed europea generazione di ucraini.
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I problemi economici ucraini sono stati sottostimati e malcompresi. Quello che l’Occidente dovrebbe capire è che al paese manca una traiettoria economica che possa attivare la modernizzazione. La modernizzazione richiede più aiuti. Ma per avere più aiuti servirebbe uno stato trasparente, responsabile ed efficace, ed un migliore ambiente imprenditoriale, ovvero riforme. Visto che non è così e che vi è scarsa volontà politica in Occidente, il paese verrà probabilmente esclusivamente tenuto a galla.
La revisione della Politica Europea di vicinato ha individuato lo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro come la priorità per l’Ucraina. Va dato atto che l’Ue ha creato anche delle istituzioni per contribuire a ciò, vale a dire la Advisory Mission to Civilian Security Sector Reform (EUAM) e il Gruppo di sostegno all’Ucraina. Ciononostante dovrebbero lavorare meglio. Se le riforme non avranno successo, l’Europa ne pagherà le conseguenze: avrà ai propri confini uno stato fragile e frustrato che ha voltato le spalle alla Russia.
* Quest’articolo è stato originariamente pubblicato dal portale New Eastern Europe, il 20 gennaio 2016