di Federico Sicurella, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso
I plenum, assemblee cittadine auto-organizzate, raccolsero nel 2014 in Bosnia Erzegovina un vasto consenso popolare. Oggi, a due anni di distanza, si fa fatica a riconoscere il lascito di questa esperienza, ma quali sono le responsabilità degli intellettuali in questo fallimento?
Chi, come me, ha seguito con attenzione l’esperienza delle proteste di massa e dei plenum in Bosnia-Erzegovina nel 2014 avrà probabilmente sentito molti partecipanti, interpellati dai media, dichiarare con insistenza che “il movimento non ha portavoci”.
L’affermazione rifletteva, cercando allo stesso tempo di esorcizzarlo, uno dei timori più diffusi, cioè che qualcuno ‘usurpasse’ il movimento per perseguire i propri interessi, corrompendo così la genuina volontà di cambiamento che migliaia di persone erano state capaci di esprimere (peraltro con un’intensità mai raggiunta prima). Ma affermare pubblicamente che il movimento non ha portavoci non produce forse un sottile paradosso? Non si tratta forse di un atto linguistico che per essere efficace deve originare, per l’appunto, dalla posizione autorevole del portavoce? Detto altrimenti, sancire l’assenza di rappresentanti non costituisce forse di per sé un atto di rappresentanza?
In un certo senso, questo paradosso racchiude in sé una delle contraddizioni che hanno segnato i movimenti di protesta bosniaco-erzegovesi, e che in ultima analisi ne hanno impedito la trasformazione in un soggetto politico organizzato e unitario. La tesi che proverò a sviluppare in questo articolo, infatti, è che questo insuccesso non è dipeso da un’usurpazione, ma al contrario dalla mancata alleanza tra il movimento e uno specifico gruppo di potenziali portavoci: gli intellettuali pubblici.
Per indagare le ragioni di questa mancata alleanza mi servirò degli strumenti dell’analisi critica del discorso, avvalendomi in particolare di un caso studio della mia ricerca di dottorato in cui esamino il posizionamento discorsivo degli intellettuali bosniaco-erzegovesi in rapporto ai movimenti di protesta del 2014.
Continua la lettura del paper, saggio pubblicato negli Atti della conferenza BalcaniEuropa 2015. A vent’anni dagli Accordi di Dayton (Università Sapienza di Roma, 20 Novembre 2015)