testo e foto di Teo Butturini, da Pechino
Il Capodanno Lunare ribalta totalmente le statistiche economiche cinesi, la cui crescita è generalmente legata all’export e agli investimenti, mentre nel primo trimestre il consumo domestico conta per quasi l’80% della crescita del PIL. Ma non solo.
Nel lontano 2009, per lo Spring Festival (altro nome dell’evento, 春节 [chūnjié] per i sinofili), il Ministero delle Ferrovie calcolava che la domanda di spostamenti all’interno della Cina fosse per circa 340 milioni di passeggeri, a fronte di una capacità del sistema ferroviario totalmente inadeguata, con risse assurde nelle stazioni e grandi affari per il mercato nero dei biglietti.
Secondo alcune statistiche dell’epoca, i biglietti normalmente venduti a Shenzen in ventitre giorni potevano sparire nell’arco di qualcosa come quattordici minuti, solo tramite prenotazioni telefoniche. Internet non era ancora un sistema molto diffuso.
Bloomberg nel 2015 ha calcolato circa 2,8 miliardi di spostamenti domestici (di cui “solo” 55 milioni per via aerea), nei quaranta giorni intorno al Capodanno (molti cercano di allungare le ferie, prima o dopo l’inizio ufficiale delle festività).
I numeri negli anni sono peggiorati pesantemente a causa dell’aumento dei migrant workers, che tentano di riunirsi con le proprie famiglie per trascorrere insieme l’evento, fenomeno che la BBC ha definito come la più grande migrazione annuale sulla faccia del pianeta.
Quest’anno secondo le autorità (fonte CNN) hanno comunicato che il martedi 2 febbraio cinquantamila persone si sono ritrovate bloccate per ore nella stazione, congestionata a causa dei treni soppressi o in ritardo per via del maltempo. Il giorno successivo sulle banchine erano ancora in trentamila. In Italia ci saremmo probabilmente tagliati la gola a vicenda per molto meno.
A fronte di numeri del genere, chi non vorrebbe venire in Cina a godersi il Capodanno dell’anno 4714? Ok, forse non proprio tutti (il vecchio Mao aveva addirittura cercato di bandirlo,ai suoi tempi), ma il vostro corrispondente dalle prime linee sì.
Cribbio: se fanno a New York è il pandemonio, se pure in Paolo Sarpi a Milano dicono sia divertente (il Vs corrispondente ammette con vergogna di non esserci mai stato, per il Capodanno Cinese), bisogna assolutamente provare a passare la fine dell’anno lunare in Cina. Troppa la voglia di vedere di persona e fotografare le stupende celebrazioni con fuochi artificiali e lanterne e danze e draghi e mangiare degli 餛飩 come si deve (leggasi [húntún], i cosiddetti wonton o ravioli in brodo).
La popolazione chiede meno carri armati e più scimmie (riferendosi all’animale di quest’anno [la tradizione vuole che Buddha chiese agli animali di festeggiare con lui lo Spring Festival, e diede agli anni il nome di ciascuno dei dodici che si presentarono] e al famoso attore Liu Xiao Ling Tong, che interpreta il personaggio 孙悟空 [{Sūn Wùkōng}, il Re Scimmia del racconto e film Il Viaggio in Occidente]), per la parata miliare della Festa di Primavera, e ci sarà sicuramente da divertirsi con tanti poveri primati a fare piroette per le strade (l’anno scorso [anno del Maiale] la news più divertente era stata [a parere Vs corrispondente] quella della Guida Ufficiale per Turisti Cinesi all’estero di XinHua [principale agenzia di stampa Cinese], che consigliava a chi fosse diretto a Dubai di evitare di indossare t-shirts con stampe di maiali e porcellini vari).
Bisogna iniziare col dire che il Vs beneamato ha evitato i treni: quaranta ore seduto per terra accanto al cesso in un vagone sovraffollato non sono un’esperienza che si ha voglia di ripetere, dopo averla provata la prima volta. Shame on me.
In compenso tutti gli alberghi a prezzi decenti, che in centro a Shanghai sono quasi una rarità, sono completamente sold out. Gli ostelli rimangono l’unica opzione possibile per non spendere una fortuna in una città dove qualunque cosa è overpriced, in confronto al resto della Cina. Per fare un esempio: una bottiglia di Tsingtao, che a Pechino costa mediamente tre RMB, nel FamilyMart di Fuzhou Road la si paga nove.
Gli ostelli non sono poi così male, quando viaggi da solo e non conosci la città troppo bene, e almeno puoi stare direttamente dietro al Bund, a due passi da Nanjing Lu (la via dello shopping) e da Yu Garden. Ma a volte capita che l’ostello sia essenzialmente la seconda casa di decine di commuters che hanno famiglia in periferia ma abitano qui tutta settimana per non buttare quattro ore al giorno sui mezzi. Quindi, hostel lobby a parte, scordatevi l’Inglese. Ve la caverete comunque in città, ma non pensate di comunicare coi vostri compagni di stanza, quando vorrete cortesemente chiedergli di “smettere di russare, cazzo”.
IL CAPODANNO CINESE A MILANO – FOTO DI MARTA CLINCO
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Ma in fondo in ostello ci si torna solo a dormire, con tutte le mille cose fichissime da fare in questa città e le celebrazioni per l’anno della scimmia alle porte. L’House of Jazz and Blues sta giusto dall’altro lato della strada, perché non andare a mangiare una fantastica RibEye ascoltando un quintetto che suona dei grandi classici? Sono solo ottantacinque euro!
Ok, magari non è esattamente a portata di tutti (certo non a quella del Vs corrispondente a Shanghai), ma basta attraversare lo HuangPu (il fiume che divide il Bund da PuDong) in traghetto (due kuai, o Yuan o RMB)e andare a fare un giro tra i grattacieli come la Shanghai Tower (632 metri), la Pearl Tower (470 metri) o il World Financial Center (490 metri).
Sull’ultimo si può fare un giro in cima all’osservatorio, al prezzo di venticinque euro a testa (180RMB ad un tasso di cambio di circa 7RMB per un Euro), o godersi un Lapsan Souchong (the affumicato su legna di pino) per due alla modica cifra di 198RMB, al bar del novantunesimo piano.
Va bene, forse basta una foto, far il turista spendaccione in solitaria è una cosa triste, in fondo. E’ domenica, stasera è Capodanno e ci saranno i fuochi artificiali sul fiume e magari del casino per strada o in qualche locale.
La cosa migliore è puntare su Yu Garden e dintorni, con le pagode ed i negozi ed i ristoranti dove magari mangiare degli ottimi 小笼包([xiǎo lóng bāo] praticamente dei dumplings, o ravioli al vapore, ripieni di carne di granchio e brodo. La maniera corretta di mangiarli è, nell’ordine: tirarli su con le bacchette senza comprimerli troppo [onde non schizzarsi il brodo addosso, obiettivo quasi impossibile per i neofiti], morsicare il top del raviolo ed immediatamente succhiare il brodo bollente, ed infine assaporare il dumpling. Se non vi procurate ustioni di almeno secondo grado al palato, non lo state mangiando nella maniera corretta).
Ma una volta a destinazione la scoperta è amara: quella che doveva essere una valida alternativa è, in realtà, l’inferno. A meno che il paradiso non sia un ingorgo di gente urlante, intenta allo shopping compulsivo delle ultime ore della vigilia. E’ un po’ come pensare di poter fare quattro passi in tranquillità in via Torino, il pomeriggio prima di Natale.
Con le dovute proporzioni, visto che siamo in una città da circa venti milioni di abitanti. Vero: molti sono migranti e sono rientrati al “paesello” per le feste, ma rimane che comunque una buona fetta di questi milioni di persone sono dei locals (più i turisti) e probabilmente sono radunate tutte qui e su Nanjing Lu (che almeno ha il pregio di essere larghissima e lunghissima, quindi non trasmette quel mix di agorafobia e claustrofobia che si prova in questo averno).
Tutti stanno mangiando, comprando paccottiglia di vario genere o cibo o liquori o semplicemente facendo due passi con la famiglia, portandosi in spalla i bambini (che tirano calci in faccia ai passanti) per evitare che finiscano dispersi e calpestati in questa geenna. Il Vs corrispondente è sfiorato dall’idea che (forse) l’ormai deceduta politica del figlio unico di Mao non sia poi così fuori di testa, non fosse per i contraccolpi di carattere sociale ed economico (ma questa è un’altra storia).
Inspiegabilmente cercano tutti di passare su una sorta di ponte in pietra fatto a zigzag, che si snoda sopra uno stagno artificiale nel bel mezzo del complesso di pagode, proprio di fronte al giardino storico da cui prende il nome l’area, scattando foto a questa specie di plastico a grandezza naturale rappresentante montagne, palazzi imperiali, mandarini sorridenti e cavalli e guerrieri e finte ninfee. E scimmie naturalmente, scimmie di cartapesta o tessuto ovunque.
Una strada laterale sembra offrire un’ottima via di fuga da questa bolgia, ma in realtà conduce ad una situazione mai vissuta prima: l’ingorgo umano. Probabilmente una delle attrazioni comprese nel pacchetto turistico. Non ha nulla a che vedere col casino del Mercato degli Obej Obej.
O meglio, La fiera dell’Artigianato è solo una versione edulcorata dello spettacolo offerto qui: uno sbirro con un megafono urla indicazioni impossibili da captare a causa della distorsione, ma sta evidentemente cercando di dirigere il traffico. E’ evidente che nessuno lo sta ascoltando, dato che i quattro flussi di persone che convergono continuano a premere ognuno nella direzione desiderata e l’incrocio diventa una sorta di centrifuga, un buco nero da è impossibile fuggire.
Una volta guadagnata l’uscita è ormai pomeriggio inoltrato: il sole inizia a calare ed è ora di correre in ostello a far una doccia, dopo questo tremendo bagno d’umanità.
C’è una fantastica serata che attende. Forse.
Nella camera d’ostello è comparso un ragazzo Svedese, uscito da chissà dove, e sta parlando con un autoctono che improvvisa un chinglish di tutto rispetto: “Four days in Shanghai?! What the hell for? There’s nothing to do, in Shanghai!” (trad.: Quattro giorni a Shanghai? Che cavolo ci stai a fare? Non c’è niente da fare a Shanghai!).
Il Vs corrispondente inizia a pensare che forse venire qui per una settimana non è stata una grande idea, ma se non altro c’è tempo per ripensarci. In ogni caso è il Capodanno che conta, e come in ogni Capodanno che si rispetti è OBBLIGATORIO divertirsi.
Cesso, doccia, e al ritorno lo Svedese è scomparso. Non si vedono altri stranieri.Dov’è finito l’unico possibile amico e compagno di baldoria? I Cinesi non lo sanno, o preferiscono non rivelarlo.
Si inizia a sentire puzza di una solitaria serata di merda per Capodanno. Cinese, ok, ma pur sempre un Capodanno. La desolazione si fa palpabile, il morale è sotto le scarpe, il pensiero è di desistere: “You will be annihilated. Your biological and technological distinctiveness have become irrelevant. Resistance is futile… but welcome.”, come nell’invasione dei Borg.
Il Vs lupo solitario finisce, senza ragione, seduto in un Mc Donalds (no comments, please). Dopo il primo boccone di Double Cheese ola decisione è di mangiarlo per strada facendo due foto ai cinesi in ghingheri che si dirigono verso i loro home parties. La tristezza è tendente all’infinito.
E’quasi mezzanotte ormai, il che significa Bund, fuochi, salvezza. Girano voci che il governo li abbia cancellati , per via dell’inquinamento e per limitare le spese e come operazione di facciata (dato il recente crollo delle borse e della crescita) ma non può essere vero.
IL CAPODANNO CINESE A LONDRA – FOTO DI MATTEO CONGREGALLI
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Scocca l’ora, non c’è quasi nessuno sulla passeggiata sopra allo HuangPu ed i sospetti iniziano a trasformarsi in una terribile realtà: nulla.
Il Vs sfortunato si gira verso una sbirro e chiede:“烟火没有?” ([yānhuo méi yǒu?] niente fuochi?), lui fa no con la testa e se ne va, senza proferir parola. Sul fiume c’è solo una lancia della polizia ferma in mezzo all’acqua, i palazzi di PuDong per tre minuti proiettano sui pannelli LCD degli auguri per lo Spring Festival e scritte tipo I LOVE SHANGHAI. Poi di nuovo le solite pubblicità.
I fuochi artificiali son stati davvero aboliti per l’inquinamento. A Pechino almeno, nonostante la mancanza di un evento ufficiale, son permessi i “botti” privati. Qui nemmeno quello, con tanto di multe ai trasgressori.
Panico.
A Yu Garden dovrà esserci qualcosa, pensi mentre corri sperando in delle lanterne.
Ma…
Nulla.
Di nuovo.
L’ultima spiaggia è raggiungere a passi stanchi Nanjing Road, ma il copione prevede altro nulla.
Anche le insegne dei negozi sono spente, a mezzanotte e quindici minuti.
L’unica scelta possibile è tornare verso il letto, cercando di fare due foto ai venditori di paccottiglia luminosa e di 串 ([chuàn] spiedini alla brace, uno dei tipici street food Cinesi), ma il Vs derelitto incassa solo urla di protesta, senza nemmeno ritegno concesso ad un possibile cliente (uno dei pochissimi, peraltro). E’ un’esperienza di sette solitudini, quella di essere la più bassa forma di vita in una megalopoli fredda di vetro e metallo.
Mezzanotte e mezza circa: in ostello (dove il Vs rifiuto umano sperava di trovar qualcuno ancora intento a bere birra) tutti i compagni di stanza Cinesi sono già nei loro letti, luci spente e schermi dei cellulari che gli illuminano la faccia mentre chattano coi parenti a casa.
Mentre vai al cesso a lavarti i denti, preda di una disperazione che non conosce confini, incontri inaspettatamente lo Svedese. Si dirige, in compagnia di un Francese uscito da chissà dove (“C’erano una volta un Italiano, un Francese ed uno Svedese a Shanghai…”) verso un non meglio precisato locale dove dovrebbero esserci occidentali in festa e buona musica.
Ma è meglio rifiutare, in una situazione del genere il meglio che può capitare è finire in un locale vuoto e rincasare con le scarpe coperte dal vomito di qualche Inglese ubriaco.
Risultato della serata: aver confermato che il Capodanno è una merda dappertutto, senza gli amici. Magre consolazioni.
Da Shanghai credo sia tutto, il Vs corrispondente vi augura una buona notte ed un felice anno della scimmia.
EPILOGO: il lunedi (8 febbraio, data del capodanno cinese 4714) basilarmente rivede folla nei luoghi del giorno prima, sempre alle prese con shopping compulsivo, e famiglie con bimbi vestiti a festa (obbligatoriamente in rosso) che si aggirano per i parchi in questa calda giornata invernale. assolutamente le regole.
A RenMin Park c’è una strana folla di persone che si aggirano tra ombrelli appoggiati a terra, a cui sono stati appiccicate delle foto di ragazzi e dei biglietti con scritti nomi ed altre informazioni. Uno Shanghaiese, che si presenta come Jack, spiega al Vs annoiato corrispondente una verità infelice: questi sono i genitori di ragazzi ultratrentenni, preoccupati perché i figli non sono ancora sposati.
Quindi, appena possibile, si appostano in luoghi affollati (di nascosto dai figli stessi) e stan lì, con ritratto e “scheda tecnica” della prole (inclusi altezza, introito netto mensile e altre informazioni di cui non ho voluto sapere di più), tramando nell’ombra per trovare un/a compagno/a al proprio primogenito/a.
Alla domanda di Jack: “Ma come si conosce la gente da voi, in Italia?”, il sottoscritto non ha saputo rispondere di meglio che un “Boh… per strada, alle feste, sul treno, su Facebook”. Non credo abbia capito in pieno, ma temo fossimo entrambi troppo basiti dalle reciproche abitudini, per voler indagare ulteriormente.