L’intervista con Bettina Rheims è stata realizzata in occasione del Photolux Festival di Lucca, dove la fotografa ha presentato I.N.R.I, mostra realizzata insieme a Serge Bramly e curata da Enrico Stefanelli.
intervista di Enrico Ratto
Bettina Rheims, I.N.R.I. viene esposto per la prima volta in Italia. È stata una sua scelta?
Naturalmente era un mio sogno portare questa mostra in Italia e questa è stata la prima volta in cui un’organizzazione me l’ha chiesto. I.N.R.I. è un lavoro che ho esposto in molte città del mondo. La prima volta a Berlino, poi a Parigi dove abbiamo avuto parecchi problemi e diverse controversie. In Francia, la mostra è stata oggetto di una causa da parte del Fronte Nazionale, principalmente perché volevano avere copertura mediatica. Abbiamo vinto tutte le cause, naturalmente. Solo Spagna e Italia non l’avevano mai chiesta.
Qui a Lucca sono esposte quaranta delle centocinquanta fotografie del progetto. Si percepisce, comunque, che è stato un lavoro molto complesso.
Abbiamo iniziato questo lavoro nel 1998, insieme a Serge Bramly. Il gruppo di lavoro per I.N.R.I. è stato molto ampio, una ventina di persone coinvolte, sei mesi di riprese, durante il casting sono state viste più di mille persone. In realtà è stato quasi come fare un film. Abbiamo discusso e realizzato ogni singola scena, il risultato è un lavoro di squadra molto importante, quasi raro nella fotografia.
Sono molti anni che lavora insieme a Serge Bramly. Rose c’est Paris è il vostro lavoro più noto. Come avete lavorato insieme per I.N.R.I.?
Con Serge Bramly ho già realizzato sei lavori, collaboriamo da diversi anni. Rose c’est Paris è stato un lavoro fotografico, cinematografico che è poi confluito in un libro e in un film. La differenza è che in Rose c’est Paris io ho fatto le fotografie e Serge il lungometraggio. Questa volta abbiamo lavorato insieme su ogni scena, abbiamo costruito insieme l’intero progetto.