Il ’68 delle onde gravitazionali

Ci sono momenti in cui le corde degli umani e quelle del cosmo sembrano vibrare all’unisono.

di Bruno Giorgini

Successe nel ’68, quando in piena contestazione dei giovani ribelli in mezzo mondo, Joseph Weber annunciò di avere scoperto le onde gravitazionali cosmiche, ipotizzate da Einstein agli inizi del ‘900 nel quadro della Relatività Generale.

Nel 1972 un giovane studente di Fisica immerso fino al collo negli stravizi rivoluzionari di quel tempo, scrisse nell’introduzione della sua tesi titolata “Le onde gravitazionali, esperienze di Weber e stato attuale della ricerca”:
“Nel 1968 l’intero mondo scientifico – anche quello non specializzato in problemi di astrofisica – fu messo a rumore dall’asserzione di Weber (Joseph ndr) di avere rivelato con certezza onde di natura gravitazionale originate probabilmente nel centro della nostra galassia. Una scoperta di tal genere avrebbe avuto numerosissime implicazioni. Intanto quella di fornire un mezzo di verifica per teorie gravitazionali che non avevano mai superato la forma della congettura fatta dai cosmologi teorici.

Inoltre quella di offrire un nuovo canale di informazione per una esplorazione morfologica dell’universo, canale non dissimile e forse anche assai più potente di quello che decenni prima Yanskj e Reber avevano individuato con la scoperta delle onde radio di origine extra – terrestre.

A questo primo autentico entusiasmo seguì però una lenta, struggente delusione: nonostante gli sforzi e gli impegni nessuno al mondo era capace di ripetere gli esperimenti di Weber e di confermarne le affermazioni.

Si diffuse una generale sfiducia sull’interpretazione data da Weber al suo esperimento, si sospettò che egli non fosse riuscito a tenere in debito conto qualche subdola fonte di errore, si sospettò o una certa superficialità di interpretazione o addirittura un falso ben congegnato da parte sua. Nelle pagine che seguono vengono brevemente descritti gli esperimenti di Weber, quelli tentati da altri ricercatori, il contesto teorico nel quale tali esperimenti si situano e i programmi di ricerche previste per il prossimo futuro.

A termine di queste righe di introduzione possiamo dire che forse mai più si ritroveranno nel campo delle onde gravitazionali gli entusiasmi e le speranze che avevano caratterizzato il 1968 – 69, ma possiamo anche dire che – qualsiasi possano essere i risultati dei nuovi esperimenti – non rimarrà sicuramente di quegli anni solo un mucchio di cenere. Le esperienze di Weber (e questo varrebbe anche se non fossero state altro che l’abile falso di un avventuriero ambizioso!) sono state infatti uno stimolo potente sia nel campo della cosmologia teorica sia in quello della rivelazione di piccoli spostamenti e di debolissimi segnali. (..)”.

Quindi il nostro studente scriveva un paragrafo titolato “ELEMENTI DI TEORIA DELLE ONDE GRAVITAZIONALI”, e dopo qualche riga introduttiva affermava con molta baldanza “La teoria linearizzata delle onde gravitazionali è fondamentalmente assai semplice.”.

E via con tutte le equazioni del caso, a partire da quelle di Einstein per il campo gravitazionale. Però qualche pagina più avanti una incertezza fa capolino “Nonostante l’esteso sviluppo di una teoria linearizzata è dubbio se i suoi risultati possano essere accettati completamente. La non linearità del campo gravitazionale è una delle sue proprietà più caratteristiche (…).” Insomma le equazioni corrono lisce come l’olio, ma non sarà che il reale è un po’ più complicato, con queste non linearità che insorgono. Sì, però non tanto da incrinare la fiducia, infatti il paragrafo termina affermando “Poichè i risultati di questo articolo sono ottenuti senza approssimazioni ne rimane confermata l’esistenza della radiazione gravitazionale e il fatto che tale radiazione trasporta energia.

Da qui l’interesse per una verifica della esistenza di onde gravitazionali.” L’articolo in questione è firmato da Hermann Bondi, una autorità assoluta in cosmologia, e altri (H. Bondi et al. – Proc. R. Soc. A 269 – 1962), perché si ha un bel dire che in Fisica, e più in generale, nelle scienze esatte non esiste un principio d’autorità, però conforta specie uno studente alle prese con quel mostro sacro che era la teoria della Relatività Generale, una sorta di monumento alla Ragione Scientifica, dove le maiuscole sono d’obbligo.

 

unione

Tuttavia se la teoria converge con ragionevole certezza alle onde gravitazionali, trovarle sperimentalmente non è per nulla facile essendo il campo gravitazionale, che pur tiene insieme l’universo, estremamente debole. “Si pensi che se l’unico legame dell’atomo d’idrogeno fosse la gravità, il raggio della prima orbita di Bohr sarebbe di circa 10 elevato alla 13 –ovvero 10 seguito da 13 zeri – anni luce (..)”, e la luce viaggia con una velocità circa uguale a 300.000 (trecentomila) Km al secondo.

Ricordo che il nostro universo osservabile ha un raggio, che è anche la sua età dal Big Bang a noi, tra 10 e 20 miliardi di anni luce (nei libri più recenti troverete d≈ 13 miliardi di anni luce, io preferisco però dare un intervallo con ampio margine, perchè la cosmologia osservativa è al contempo precisa per quel che si sa e indeterminata per il moltissimo che non si sa).

La debolezza della gravità implica che le dimensioni longitudinali degli eventuali spostamenti indotti dalle onde gravitazionali in una antenna, diciamo un qualunque corpo esteso, correrebbero all’incirca tra le dimensioni di un nucleo atomico, e quelle di un protone, cioè siamo tra 10 alla meno 14 e 10 alla meno 15 metri, numeri talmente piccoli da essere senza significato per la nostra percezione, possiamo soltanto pensarli.

Non descriverò qui l’analisi critica dettagliata dei risultati di Weber condotta dal nostro laureando, sulla cui base egli dedusse che i segnali rilevati non erano dovuti a onde gravitazionali.

Soltanto mi preme sottolineare come fosse possibile a quel tempo per un semplice studente falsificare i risultati sperimentali ottenuti da un fisico di rinomanza mondiale. Per di più uno studente piuttosto sciamannato e più noto per averle occupate le aule che per avere seguito in modo diligente e regolare le lezioni.

Certo egli non fu il solo e neppure il più importante, ben lungi da ciò, a contestare l’apparato sperimentale e numerico messo in piedi da Weber, nè lo fece da solo bensì sotto la guida e con l’aiuto decisivo dei suoi due relatori, Roberto Bergamini e Marcello Ceccarelli, però potè farlo e scriverlo. Discuteremo in un prossimo articolo se oggi sarebbe ancora possibile, direi: pensabile, mettere in essere una procedura che eventualmente possa condurre alla falsificazione della recente – 11 febbraio – scoperta annunciata da parte di un nutrito gruppo di fisici, circa mille (1000), che finalmente hanno rilevato le onde gravitazionali cosmiche.

Quel che rimane piuttosto misterioso è perchè il nostro rivoluzionario in erba decise di mettersi a studiare un problema come quello delle onde gravitazionali, tra una manifestazione, un comizio, una occupazione dell’università, un picchetto davanti a una fabbrica in sciopero.

La dimensione della politica ribelle – rivoluzionaria, o tale creduta – non sembra di primo acchito essere congruente con la Relatività Generale. Tantomeno indagando sul versante delle onde gravitazionali, impercettibili increspature dello spaziotempo, lungo un minuzioso percorso d’analisi sui dati e sugli apparati sperimentali. Forse egli praticò un sorta di schizofrenia controllata, coniando per sé la dizione di studente marxgalileiano, che non comunicò mai a nessuno.
Sicuramente una influenza consistente la esercitarono i suoi due maestri Bergamini e Ceccarelli.

Roberto Bergamini al tempo giovane fisico teorico, già con Giancarlo Setti e Pasquale Londrillo aveva pubblicato un fondamentale lavoro sulla radiazione cosmica di corpo nero, la Black Body Radiation, residuo del Big Bang, lavoro in parte elaborato e scritto all’interno dell’Istituto di Fisica “A. Righi” dell’Università di Bologna occupato.

Marcello Ceccarelli ricercatore geniale che, parecchio famoso a livello internazionale, aveva pensato e progettato la Croce del Nord, il radiotelescopio di Medicina, fondando un laboratorio di autentica eccellenza che dialogava e dialoga col cosmo nella finestra radio. Ma era anche un insegnante che raccontava la scienza in modo originalissimo tanto all’università che alle scuole materne. E si impegnò pure sul fronte della politica, non solo a parole. Per essere stato vicino agli studenti in occupazione, ricevette l’ostracismo dei suoi colleghi professori ordinari, e quando la resistenza greca al regime dei colonnelli gli chiese di sviluppare alcune tecniche e apparati di informazione e comunicazione via radio dal nostro paese fino in Grecia, non si tirò indietro.
Epperò forse c’è anche altro nella eccentrica decisione del nostro amico studente.

L’eco di una frase di Simone Weil : “la geometria è figlia della rivolta operaia”, e che altro è la Relatività Generale se non una geometrodinamica – ubi materia ibi geometria come scrisse Keplero.

Oppure il ricordo di una storia letta in “Buio a mezzogiorno”, un romanzo di Arthur Koestler, scritto tra il 1938 e il 1940. Koestler fu un militante della III Internazionale comunista, quindi uscendone per protesta antistalinista. Il suo romanzo racconta di un alto dirigente bolscevico della prima ora – qualcuno lo ha identificato con Bucharin – arrestato dalla polizia politica sovietica con l’accusa di tradimento. In prigione fa amicizia con un detenuto della cella accanto, comunicando con colpi sul muro. All’ultima notte prima di essere fucilato, Rubasciov ricorda quando durante il suo primo arresto in Germania i compagni esterni erano riusciti a fargli arrivare un foglio della stampa clandestina del Partito.

In una pagina ci sono tre colonne su uno sciopero, ma nella seconda “egli aveva letto che, secondo le ultime scoperte astrofisiche, il volume del mondo era finito, benchè lo spazio non avesse limiti, era tutto contenuto in se stesso, come la superficie di una sfera. Cosa che non era mai riuscito a capire, ma ora sentiva un impellente bisogno di comprendere. (..) In fondo a una colonna, come piedino, era stampata in corpo minore la scoperta che l’universo era finito, e a metà del trafiletto la pagina era stata strappata.” Così sull’orlo dell’alba della sua fucilazione, quando l’altro prigioniero gli chiede cosa farebbe come prima cosa se fosse graziato
Rubasciov risponde: studierei astronomia.