Appunti di viaggio dalla Terra Santa

Una narrazione collettiva, tante voci, molti linguaggi,
un’unica città

di Giuseppe Daconto

Il viaggio rappresenta sempre uno spartiacque tra un prima e un dopo, sensazioni, percezioni, incontri, luoghi ti cambiano e viaggiare è un modo per farlo. Il viaggio in Terra Santa, con base a Gerusalemme, la città santa, è stato per me unico anche per questo.

Il prima: “Gerusalemme, riflessioni di oggi pensando a domani”.

I buoni e i cattivi. Mi chiedo spesso da che parte sto, per chi e per cosa lavoro, penso e mi batto, per chi e cosa parteggio, per chi e cosa mi alzo la mattina. Insomma dalla parte dei buoni o dei cattivi? Se c’è un posto dove il confine è labile, è Gerusalemme, Al-Quds. Il centro del mondo, dalla resurrezione passando per l’attesa del giudizio universale fino all’ascensione del profeta, da qui le più grandi religioni monoteiste hanno segnato idee, comportamenti, vite buone e cattive. Eppure qui falliscono. Chi sono i buoni? Chi i cattivi? I palestinesi senza una terra? Gli israeliani vittime di lontane diaspore e recenti olocausti? I cristiani con le loro antiche e per alcuni nuove crociate?

E forse allora la domanda è mal posta. Né buoni né cattivi ma c’è da stare solo lontani dai fanatismi, che sono dietro l’angolo, che spuntano ovunque e usano le idee, i valori, i comportamenti, le convenzioni e le convinzioni come clavi o come armi, peggio ancora. Niente visioni manichee, o bianco o nero, che la realtà è colorata o se vogliamo ha mille sfumature di grigio (non ho detto cinquanta). È dura, ma adattamento, flessibilità, resilienza sono le parole chiave, le nuove sfide in tempi di continui mutamenti e di tante mutazioni. Abbiamo bisogno di meno prediche e più pratiche, di meno frontiere e muri e più ponti e comprensioni, di più (e)motivazioni e meno deprivazioni, di più idee libere e di meno cattiverie, di ogni sorta.

Insomma, verso Gerusalemme per curiosare e cercare nuove domande, non necessariamente risposte, che poi le domande alimentano il bello dell’inquieto vivere umano. Quelle giuste.
[….che poi la kefiah la portavo da ragazzo alle manifestazioni e non, ….ah, i bei tempi che le relazioni del segretario ai congressi politici iniziavano con il conflitto israelo palestinese…. …e poi a me il Vangelo e i luoghi del Vangelo sono sempre piaciuti… dimenticavo: adoro tutti i Sud del mondo, mi trovo a mio agio, è da lì che tutto parte e da lì che si parte].

Durante il viaggio alcuni frammenti di emozioni, sensazioni e visioni che mi hanno colpito.

I Bambini, per primi. Tra le tante cose che ti colpiscono nel camminare in una città così affascinante, ci sono i bambini. Sono tanti, sbucano da tutte le parti e sono palestinesi ed israeliani. Sorridono, giocano, sfrecciano con le bici. Nella loro purezza sono belli e sono un bel segno di speranza, se gli adulti non consegnassero un mondo peggiore. [e noi un po’ in ombra a osservare incuriositi e divertiti…un mondo migliore è possibile]

E poi c’è il filo spinato. Lo vedi anche dove non te l’aspetti, è uno dei tanti segni di separazione. Nella Cisgiordania o West Bank è lampante. Prendi Hebron e Betlemme. Nel cuore della groviera che sono i Territori palestinesi. Checkpoint israeliani in terre arabe, filo spinato ovunque e un muro enorme di divisone che ti segue e ti insegue. Gli insediamenti dei coloni che sono un atto di arroganza, il suq di Hebron che resiste e si protegge, una moschea e una sinagoga che si contendono le stesse tombe (Abramo, Isacco e Giacobbe), la grotta della natività, tutto assieme: il bello delle contraddizioni. [Il cielo sopra il filo spinato resta comunque bellissimo.]

E poi il silenzio. È paradossale, il religioso silenzio che si assapora a Gerusalemme, nella città vecchia se si ha la fortuna di stare per qualche minuto alla Spianata delle Mosche (o Monte del Tempio) o se si ha la possibilità di guardarla da una terrazza panoramica, è qualcosa di sconvolgente. Un silenzio che è intervallato solo dal suono delle campane o dalla voce del Muezzin.

Oppure l’incredibile silenzio che viaggia con te lungo la sponda del Mar Morto, nel punto più depresso al mondo, per chilometri e chilometri con una distesa di acqua su un lato e su un fianco costoni di montagne brulle ed enormi. Un silenzio che nasconde una tensione di vita (e di morte, purtroppo) unica. Perché dietro questa maschera silenziosa la terra Santa nasconde il brulicare dei mercati e delle piazze, le comitive di pellegrini e turisti, gli internazionali (expat come si dice in gergo) che animano le città di notte nei locali, tranquilli come se si vivesse in una città “normale”, uomini e donne che faticano quotidianamente, se palestinesi perché vessati da controlli e mancanza di diritti, se israeliani perché impauriti dalla sola presenza dell’altro.

Ciò che resta al ritorno

L’importanza e l’imponenza della Terra: una terra santa, promessa, contesa, distrutta, militarizzata, divisa. Due popoli e due Stati sarebbe il sogno, la terra sempre la stessa. Nella terra si mettono radici, sulla terra si costruisce, nella terra si semina e dalla terra si raccolgono i frutti, sulla terra si cammina, ci si fa strada e si vive.

La terra ricorda da dove veniamo, dove siamo, senza terra non c’è storia né personale (prima) né collettiva e popolare (dopo). L’importanza della terra, da calpestare silenziosamente e rispettosi. Per solcare tracce di futuro migliore, non defilati ma protagonisti, con il sole che ci sagoma le ombre. Questo bel viaggio in Palestina mi fa pensare questo. Insomma al lavoro e alla lotta.

[Esisterà un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto!]

N.B. C’era tensione a fine settembre ma qualche giorno dopo il nostro viaggio è scoppiata la cosiddetta Intifada dei Coltelli, probabilmente la terza. Quei luoghi sembrano vivere un martirio continuo e i popoli che li abitano, sembrano destinati a una situazione di conflitto senza fine. Ho conosciuto una terra difficile ma diversa, dove la vita prevale. Speriamo che questa diventi l’unica vera “condanna” per la Terra Santa: la vita che prevale finalmente sulla morte.

 

In apertura, l’immagine di Gerusalemme è una foto di Mehmet Akyuz tratta da Flickr in CC