A cura di Gabriella Ballarini e Juri Bomparola
2016.01 #CLIQTAKEOVER: SI PARTE! di Leonardo Brogioni
Il primo take over è toccato a Francesco Nencini che, con le sue scale di grigi, ci ha presi un po’ tutti per mano e, un quadrato alla volta, ci ha dipinto Milano.
Lucio Dalla, 1979.
Milano sguardo maligno di Dio, zucchero e catrame.
Tu che mi prendi allo stomaco e mi fai morire.
Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte.
Tra il bianco, il grigio e tutto il resto.
Continua il tuo mistero.
La Francia contro il lavoro di Andrea Iossa
Scorre il tempo ma l’Europa delle emergenze, in ogni campo, sembra più incline a voltarsi all’indietro anziché guardare in avanti.
La classe media perde pezzi di diritto, che si sciolgono come frollini nel latte caldo.
Si decide di dimenticare decenni di lotte di classe, con la leggerezza di chi certi diritti non li ha mai gridati, sudati e infine strappati.
Chi non ha avuto bisogno di certe conquiste non può avere remore nel cancellarle dalla Storia.
“Quante cose il lavoratore ha fatto,
dal coltivare i campi all’imbracciare il fucile.
Siamo stati mandati all’aratro fin dai tempi più antichi,
sempre con il compito di tirare la carretta.”
La canzone del lavoratore è sempre attuale.
Le biciclette vietate di Pechino di Gabriele Battaglia
La prima cosa che mi ha colpito leggendo l’articolo di Battaglia è un’espressione “le anarchiche traiettorie delle biciclette”. E non mi si chieda perché, mi è arrivato alla mente quel suono malinconico e trascinato della canzone di Luis Enríquez Bacalov – In Bicicletta. Era il 1994, era la colonna sonora di un celebre film, il postino. La bicicletta intrappolata di Pechino, che rimbalza sulla linea del tempo e diventa la poesia di Neruda e l’andare di un riso, che è come una rosa.
Haven – buio a mezzogiorno di Giovanni Borrello
Venticinque anni fa la petroliera Haven si accese e decise di vomitare tonnellate di petrolio nel Mar Ligure.
Oltre alle vittime dirette dell’incidente (cinque furoni i deceduti tra i componenti dell’equipaggio), i danni ambientali furono incalcolabili.
Leggere l’articolo di Giovanni Borrello mi ha riportato fin dal titolo alla canzone di una band belga, particolarmente attiva proprio in quegli anni.
I Channel Zero da Bruxelles con “Black Fuel” gridavano che il petrolio controlla il mondo.
A volte controlla anche penseiri e gesta umane, attraverso l’interesse economico.
In casi come quello della Haven il greggio oltre a controllarlo questo mondo, lo distrugge.
Mare nero.
La sfida più difficile per i guerrieri Maasai, di Sandro Bozzolo
E siamo qui, ancora.
Chi siamo?
Il viaggio nel mondo Maasai di Simone Bozzolo, ci spinge alla domanda, quella domanda che spinge le greggi dei nostri pensieri. Io chi sono?
Battiato, con quella voce vibrata dalle amplificazioni vocali, ci ripete la domanda.
Io chi sono?
E siamo qui, ancora vivi, di nuovo qui, da tempo immemorabile…
Titanic: il naufragio di un’epoca, di Giovanni Borrello
Ogni epoca ha il suo Titanic, i suoi tramonti e le sue albe complesse e sorprendenti.
Era il 1982 e De Gregori cantava del mare nero come il petrolio ad ammirare una luna petrolio.
Ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore, piano, piano, si possa squagliare.
Per salutarsi, poi, in tutte le lingue del mondo.
Panama?