di Carlotta Valesi
Il Senegal, che prende il nome dal fiume che lo attraversa, è uno Stato dell’Africa Occidentale affacciato sull’Oceano Atlantico e confinante con Mali, Mauritania, Gambia, Guinea e Guinea Bissau. Con un passato difficile e doloroso che ha visto la magnifica Isola di Gorée, al largo delle coste Senegalesi, diventare tra il ‘500 e il ‘600 il centro di raccolta e smistamento degli schiavi, la cui tratta passò prima sotto il controllo dei portoghesi e quindi dei francesi, i quali inclusero poi il Senegal nell’Impero coloniale francese.
Nonostante il Paese abbia ottenuto la piena e formale indipendenza nel 1960, mostra ancora forti contraddizioni. Da una parte una decisa voglia di riscattarsi dal passato coloniale con le proprie forze e con le proprie organizzazioni sociali e politiche. Dall’altra il legame ancora forte dal punto di vista politico-strategico, linguistico ed economico con la Francia e l’Europa in generale, dati i recenti sviluppi che lo vedono impegnato come alleato privilegiato, considerata la stabilità politica e religiosa che lo contraddistingue, nel contenimento del terrorismo Islamico-fondamentalista in Africa occidentale.
Queste contraddizioni, dettate dal passato storico, sono percepibili nei rapporti più comuni e umani; come quando, camminando per strada orde di bambini ti circondano chiamandoti “Toubab”, il bianco, e allo stesso tempo allungano le mani mostrando i palmi per avere dei soldi, facilmente barattabili con caramelle.
Questo “escamotage” permette di rompere almeno in parte la costruzione storico-sociale basata sul denaro e sul rapporto disequilibrato “io chiedo, tu dai”, modello di relazione ancora fortemente presente nella cooperazione internazionale delle grandi organizzazioni tra “Paesi sviluppati” e “Paesi del Terzo mondo”.
La popolazione del Senegal è costituita da diversi gruppi etnici, tra i quali i Wolof che rappresentano il 43% della popolazione totale e il gruppo più diffuso sul territorio senegalese, seguito da Poeul e Toucouleurs. La religione Islamica praticata dal 94% della popolazione, sembra fungere da “trait d’union” tra i diversi gruppi, permeando la cultura e la quotidianità del Paese che viene scandita dalle preghiere rituali. Passeggiando per strada nei minuti che precedono la preghiera è comune vedere le persone, anche i bambini, interrompere le loro attività e giochi per prepararsi con il lavaggio di mani, piedi e testa al momento di religioso silenzio.
Molto diffuso è anche l’animismo e le credenze legate ai “gri-gri”, amuleti protettivi evidenti ai polsi e caviglie dei bambini appena nati e che vengono loro assegnati al momento della cerimonia di riconoscimento nella comunità, per proteggerli durante la loro infanzia.
La popolazione vive per la maggior parte nelle zone rurali che sono allo stesso tempo le zone più povere e disagiate del Senegal, deprivate anche dei servizi essenziali, ma anche i luoghi più autentici del Senegal. Nei villaggi delle campagne è possibile assaporare i piatti più tipici del Senegal cucinati da sapienti donne, che con cura e attenzione impiegano l’intera giornata per preparare le verdure e le carni o pesci che accompagnano il riso, insaporito dall’immancabile dado.
Passeggiare nei mercati costituisce un’esperienza imperdibile, con il forte odore di pesce secco, i colori brillanti delle verdure e dei frutti e il vociare dei mercanti che cercano di attirarti alle loro bancarelle, mentre mendicanti malconci e spesso storpi si aggirano tra la folla senza nemmeno essere visti. Ancora più unici e tipici sono i “gamou” i mercati che si svolgono nei diversi villaggi in occasione delle feste patronali, e che richiamano migliaia di persone, mercanti e allevatori che vi recano il bestiame per venderlo. E camminando nelle piccole strade dei villaggi si è spesso chiamati dai curiosi alle porte delle loro case che ti invitano a bere té o caffè “toubab”, un caffè zuccherato e speziato con pepe dal profumo inebriante e dalla preparazione unica, servito in piccoli bicchieri di vetro come da noi si beveva il caffè un tempo.
I villaggi rurali sono però anche le zono più disagiate. In quelli più remoti mancano ad esempio le strutture sanitarie di base e, dove presenti, spesso la popolazione non ha i mezzi per accedervi per mancanza di denaro, per lontananza o per cultura. Infatti in Senegal tuttora molti ricorrono al sapere della medicina tradizionale legata a “tradi-practiciens”, o talvolta presunti tali, che custodiscono antiche conoscenze curative basate sull’uso di piante medicinali locali.
I “guaritori”, non ancora formalmente riconosciuti dal Governo Senegalese seppure riuniti in un’Organizzazione Nazionale chiamata “Amphot”, spesso operano al di fuori del sistema sanitario “convenzionale” del Paese e la collaborazione tra i due sistemi di cura appare ancora difficile nonostante le raccomandazioni dell’OMS.
Parlando con i Guaritori è ancora percepibile una certa diffidenza reciproca e la sensazione da parte loro di esclusione dal sistema formale. Tuttavia da una parte e dall’altra si sono palesati interessi alla cooperazione tra le due medicine, convenzionale e tradizionale.
Qualche apertura nel riconoscere l’importanza e la diffusione tra la popolazione della medicina tradizionale sembra si sia manifestata anche da parte del Governo e del Ministero della Salute, quest’ultimo recentemente promotore e sostenitore di corsi di formazione per i guaritori volti a mediare e ottimizzare i differenti approcci con il fine di una collaborazione.
Gli stessi medici talvolta consigliano ai loro pazienti di consultare anche i guaritori nel momento in cui i metodi convenzionali falliscano, e ad esempio durante i travagli e parti concedono alle donne di portare con sé i loro rimedi naturali.
In generale, ma soprattutto nelle campagne, anche le strutture e il personale scolastico sono insufficienti, o comunque l’istruzione risulta inaccessibile ai più per costi o lontananza. Ciò comporta che molti bambini e ragazzi diventino adulti analfabeti.
La situazione risulta più grave se consideriamo la popolazione femminile, in quanto le bambine spesso abbandonano il percorso scolastico costrette da gravidanze e matrimoni precoci decisi dalle loro stesse famiglie.
Per questo motivo per loro proseguire gli studi non significa solo imparare e acquisire le nozioni e la cultura fondamentale, ma rappresenta anche il modo per affrancarsi dalle consuetudini, diventando donne consapevoli e indipendenti, e per prevenire gravi rischi per la loro salute.
Si stanno compiendo diversi passi in Senegal verso questa direzione: donne e mamme stanno diventando le prime sostenitrici dell’importanza dell’educazione scolastica dei bambini, ma soprattutto delle bambine. Un esempio forte di questa spinta si sta manifestando dal 2009 a Pire Gouréye, nella Regione di Thies, dove è attivo il “Premio Lara Araldi” sostenuto da progetti di Cooperazione Internazionale, che vede ogni anno, durante la “Festa dell’Eccellenza Femminile”, circa 60 ragazze ricevere una borsa di studio su base meritevole e di durata annuale che permette loro di proseguire negli studi fino anche all’Università.
Il “Premio Lara Araldi” ha ottenuto un riconoscimento formale da parte delle Autorità locali e Nazionali Senegalesi e sostegno dalle Comunità, tanto che i genitori delle ragazze hanno costituito un Comitato che gestisce l’organizzazione del premio, riconoscendolo come bene pubblico della collettività, e ne promuove l’importanza attraverso la sensibilizzazione delle famiglie, dei ragazzi e delle ragazze.
Ciò ha dato avvio ad una pratica virtuosa, presentata tra l’altro a Tangeri nel 2014 al Forum Internazionale dei paesi francofoni, organizzato dalla cooperazione francese. I dati dicono che il livello scolastico generale nella Regione di Thies è aumentato perché le e gli alunni sono portati a migliorare il proprio rendimento scolastico per poter accedere al premio. Inoltre il premio è stato negli ultimi anni anche allargato ai ragazzi.
In Senegal lo status di indigenza e povertà, che affligge in modo più grave la popolazione rurale, è stato aggravato negli ultimi anni dall’emigrazione maschile verso le città e i Paese Europei e Occidentali, che ha lasciato le donne sole ad occuparsi dei figli e delle terre. Terre che spesso non sono di loro proprietà perché l’accesso viene negato alle donne da una “norma consuetudinaria”, in contrasto con l’articolo 15 della Costituzione Senegalese, approvato nel 2001, che ne regola invece l’accesso paritario.
Le donne Senegalesi stanno tuttavia diventando molto consapevoli dei loro diritti e hanno iniziato a domandare, senza manifestare timori, ciò che spetta loro soprattutto perché l’occupazione delle terre con le coltivazioni previene anche il fenomeno del “land grabbing”, oltre che costituire tutela e cura dell’Ambiente.
Le donne stanno raggiungendo anche un elevato grado di maturità associativa svolgendo un ruolo fondamentale, e sempre più riconosciuto dalla società, per lo sviluppo del Paese e soprattutto delle aree rurali. Il riconoscimento ha raggiunto recentemente un livello formale e politico: la riforma dell’atto 3 della decentralizzazione, adottata a Dicembre 2013 dall’Assemblea Nazionale, prevede tra i nuovi eletti una percentuale paritetica di donne, le quali sono anch’esse chiamate a partecipare alle attività di formazione richieste dallo stesso Governo Senegalese su argomenti di amministrazione, gestione e finanza.
Senza dubbio le donne sono fulcro e volano dell’economia Senegalese, impegnate nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento dove gestiscono piccole attività imprenditoriali generatrici di reddito che consentono alla famiglia e ai figli l’accesso alle cure di base e all’istruzione.
Sono le donne infatti a gestire con pieno successo una pratica molto diffusa e ben consolidata soprattutto nelle campagne Africane: quella delle cosiddette “Tontines”, diversamente chiamate a seconda dei Paesi. Secondo questa pratica le donne, che costituiscono un Comitato di gestione, versano ogni mese una parte della rendita delle proprie attività come quota di partecipazione; la somma delle quote costituisce un fondo comune affidato in totale trasparenza e a rotazione mensile, ad una delle donne che fanno parte del Comitato la quale può investire il denaro per acquisti e spese personali e della famiglia.
Questa pratica ha costituito un sistema parallelo rispetto a quello delle Banche, da cui talvolta risulta un circolo maggiore di denaro e una maggiore trasparenza. Inoltre ha permesso alle donne di diventare indipendenti e delle piccole imprenditrici, dalle quali molto dipende la vita famigliare e della Comunità.
L’organizzazione che sono riuscite a mettere in piedi in alcuni villaggi, come quello di Pire Gouréye, è formidabile e le rende molto onore. Inoltre, Il loro lavoro nelle terre costituisce tutela e cura dell’Ambiente. Le stesse donne ti accompagnano con orgoglio a vedere i piccoli lotti di terra che coltivano a regola d’arte con i prodotti locali e stagionali, utilizzati per preparare i pasti alle loro famiglie o venduti nei mercati locali o di Dakar.
Nonostante le limitazioni culturali e religiose tuttora presenti, le donne Senegalesi si stanno facendo strada dimostrando le loro capacità organizzative, gestionali e soprattutto di cooperazione che stanno portando alla creazione di una rete forte. Sia in Senegal che in Italia nelle Comunità migranti, le donne hanno costituito delle realtà associative che stanno dando prova di un grande impegno in pratiche di sviluppo economico, sociale e di sostegno alla famiglia. In prima linea e in prima persona stanno dimostrando la voglia di rendersi indipendenti e la consapevolezza e maturità per poterlo fare.