Un diario per immagini, il Nepal del dopo terremoto e la vita che continua
testo e foto di Michela Chimenti, da Kathmandu
Sono a Kathmandu da meno di 24 ore e oggi mi sono consapevolmente persa per la città.
D’altra parte la Lonely Planet (edita dicembre 2015) indica vie che io, sui muri, non sono riuscita a trovare.
Quindi mi sono affidata ai templi, ai piccoli banchi del mercato e alle facce, nella speranza di ritrovarle ancora lì sulla via del ritorno.
Il terremoto c’è stato ed è ancora qui, in qualche modo, negli spazi lasciati vuoti fra un palazzo vecchio e uno ricostruito. è una fabbrica di mattoni a cielo aperto. Non so cosa ci fosse nella mia testa prima di partire, ma Durbar Square, uno dei luoghi più fotografati di Kathmandu, è circondata da cartelli “safe area” in cui coppie e amici si fermano a parlare, quasi ad attendere che qualcosa accada.
Ho comprato delle fragole ad un angolo della strada e dei biscotti.
Il ragazzo che li fa mi ha detto che non poteva farmi un sacchetto misto ma dato che era la prima volta allora me li faceva provare tutti.
Mi sono seduta vicino alla sua bancarella e li ho mangiati con una donna, credo della mia età, che aveva fame almeno quanto me.
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