di Marco Todarello, da Madrid
Quattro mesi di consultazioni e due investiture sono finiti con un nulla di fatto: in Spagna i partiti non hanno trovato un accordo per la formazione di un governo e il 4 maggio il re Felipe VI ha sciolto le camere.
L’undicesima legislatura, durata poco più di tre mesi, è stata la più breve nella storia della democrazia spagnola. Ed è anche la prima volta che dalle elezioni politiche non nasce un nuovo governo.
Il 26 giugno si torna al voto, e non c’è nessuna garanzia che anche stavolta non si verifichi una paralisi, anche perché in questi giorni tra i quattro partiti da cui dipende lo stallo politico (PP, Psoe, Ciudadanos, Podemos) non si contano le accuse reciproche sul fallimento delle elezioni del 20 dicembre 2015.
Oggi come allora, rileva il Centro de Investigaciones Sociológicas (CIS), gli spagnoli individuano nella corruzione uno dei principali problemi del Paese (47,5%), secondo solo alla disoccupazione (78%).
Una cifra che non stupisce, se si pensa agli scandali scoppiati in terra iberica negli ultimi anni, a partire dalla sorella dell’attuale re, Cristina di Borbone, sotto processo insieme al marito Iñaki Urdangarin con l’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici e frode fiscale.
Secondo l’accusa tra il 2003 e il 2007, la fondazione Noos (amministrata da Urdangarin, ma nella quale la moglie ha il 50% delle quote) avrebbe organizzato eventi sportivi per il governo regionale delle isole Baleari, giustificando con fatture false i 6 milioni di euro di soldi pubblici ricevuti.
È il caso più clamoroso, anche perché vede imputato un membro della famiglia reale per la prima volta nella storia della monarchia, ma non l’unico.
A gennaio 2016 la Guardia Civil ha arrestato 24 persone tra politici e funzionari delle amministrazioni pubbliche della provincia di Valencia, tra cui l’ex presidente della stessa provincia Alfonso Rus. Tutti gli arrestati sono accusati di aver fatto parte di una rete di amministratori che incassava tangenti in cambio della concessione di appalti pubblici.
L’ultimo episodio riguarda le dimissioni di Esperanza Aguirre, lady di ferro del Partido Popular, che ha lasciato la segreteria di Madrid in seguito alle accuse di finanziamenti illeciti al partito. Una serie di casi eclatanti che lasciano intendere quanto sommerso ancora ci sia, e che hanno profondamente condizionato l’immagine della politica agli occhi dell’elettorato.
Non è un caso se nelle ultime elezioni si è visto un calo di voti per i due partiti storici (Pp e Psoe) a favore dei due nuovi che hanno fatto irruzione sulla scena politica, Podemos e Ciudadanos.
Va da sé che la lotta alla corruzione è diventata una priorità del dibattito politico e dei programmi elettorali, che adesso verranno spolverati e riproposti in occasione del voto del prossimo 26 giugno. La campagna elettorale inizia ufficialmente il 10 giugno.
Le proposte dei partiti vanno da norme rigorose per garantire la trasparenza degli atti, non solo in ambito finanziario, al divieto per esponenti politici di avere incarichi di controllo nelle amministrazioni pubbliche, fino ai programmi di protezione per chi denuncia un caso di corruzione.
GUARDA L’INTERVISTA DI MARCO TODARELLO A ELENA COSTAS PÉREZ
Le immagini di proteste anti corruzione in Spagna all’interno dell’articolo sono foto di Adolfo Lujan tratte da Flickr in CC.