di Enrico Natoli
Marco Pellegrini è stato uno dei tanti giovani cresciuti con l’interesse per quegli apparecchi misteriosi che hanno cominciato a popolare le nostre vite all’epoca in cui si andava ancora a scuola.
Calcolatori elettronici, poi divenuti computer, passioni da studiare per capire come funzionavano, oggetti divoratori di ore notturne per montare e smontare schede grafiche, provare nuovi assemblaggi. Fino a che la passione non è diventata un lavoro e così è rimasto da più di un trentennio.
Sulla soglia dei cinquant’anni, Marco appare un uomo soddisfatto o quantomeno piuttosto consapevole di dove sta andando: di questi tempi non una condizione banale o scontata. Si nota quando parla del motivo dell’intervista con una semplicità che quasi spiazza, perché l’argomento è delicato.
Si tratta di una moneta complementare basata su un sistema informatico. Marco ha impiegato quattro anni a progettarla e poi a realizzarla concretizzando tutto in un sito: www.wecoin.eu e un’applicazione per Android, reperibile sul Play Store cercando Wecoin Pocket.
L’app per l’Apple store è in lavorazione e sarà disponibile per chi usa gli strumenti della mela nei prossimi mesi.
L’elemento che incuriosisce di questa moneta complementare è il legame che ha con il mondo delle associazioni senza scopo di lucro. Ci vuole un po’ di pazienza per capire di cosa si tratta perché, in un mondo dove 140 caratteri rappresentano spesso la soglia massima di attenzione, è necessario impiegare più di un aforisma.
Marco, in che mondo sei cresciuto?
In un mondo in cui la quantità ha contato sempre più della qualità.
E come si è sviluppata la tua idea in un mondo dominato dalla quantità?
Sono cresciuto in una famiglia dove c’erano pochi soldi e crescendo ho sviluppato il desiderio di averne di più, sempre di più. Credo che capiti a tutti nelle mie condizioni. Ho cercato il modo per guadagnare per poi accorgermi che fare soldi non basta, che molti elementi legati al possedere soldi sono del tutto negativi. Quel che ho cercato di fare quindi è stato prendere il denaro per come lo intendiamo oggi e togliergli alcune caratteristiche. Con il denaro si compra il potere, il sopruso, una graduatoria… l’idea dunque è stata di creare un denaro che per sua stessa natura renda impossibile il suo utilizzo per acquistare qualcosa di negativo.
Il denaro che ho in mente io viene corrisposto solo ed esclusivamente a seguito di una “buona azione”. Questo mi ha permesso di togliere il primo aspetto negativo.
L’altro è il fatto dell’accumulo, dell’interesse, del debito. Per chi possiede molto denaro questi fattori rappresentano un ulteriore ‘beneficio’, anche se secondo me non lo è affatto, è solo una forma volontaria di schiavitù; per chi non ce l’ha rappresentano un incubo. Il debito da saldare, gli interessi che crescono sono aspetti che ti pongono in una situazione di incertezza e precarietà. Con la moneta che ho creato non esistono debiti o conti in rosso e l’accumulo è scoraggiato.
Oggi noi abbiamo la tendenza ad accumulare denaro nelle banche perché ci viene garantito che lo riavremo indietro, magari anche con gli interessi. Con la mia idea accumulare denaro non ha senso, non dà garanzie di nessun tipo, il ‘mio’ concetto di denaro, espresso in WeCoin, è un mezzo e non più un fine.
Parlando di accumulo di denaro mi vengono in mente le tante storie lette e ascoltate in questi anni in cui imprenditori le cui aziende falliscono non trovano motivi sufficienti per continuare a vivere. Come è possibile questa identificazione totale nel denaro e in ciò che rappresenta?
Questa è una domanda più grande di me, non so risponderti perché non so cosa passa in testa a queste persone. Il denaro deve essere uno strumento. Quando diventa un fine la sua assenza si tramuta in “non ho più niente e non posso fare più niente”.
Quindi anche “non sono più niente”?
Non sei più niente perché ti sei identificato con quello che possiedi. Identificarsi è normale, succede anche con una maglietta che compri su una bancarella al mercato. Il problema è quando l’identificazione ti fa mettere in graduatoria con gli altri: lì è quando hai varcato una soglia verso una via senza ritorno.
Per sviluppare la tua idea hai studiato esperienze precedenti di qualcun altro?
Io faccio l’informatico, quindi quando sono uscite le cripto-monete o le monete complementari rappresentate da questi sistemi così sofisticati, la curiosità tecnica di capirne il funzionamento c’è stata eccome. Però anche in questi casi ho constatato che alla fine si trattava di un prolungamento degli effetti velenosi del modo che abbiamo di intendere la finanza e il capitalismo. L’esempio più noto, il bitcoin, è una moneta di cui non si conosce la provenienza, è creata da un algoritmo, è stata usata per comprare di tutto e riciclare denaro sporco. L’FBI fece addirittura un sequestro di bitcoin: significa che questa moneta ha un suo valore ben preciso nel mondo reale tale e quale al resto del denaro.
Ora non voglio parlar male del bitcoin in sé: l’idea è fantastica, dietro c’è uno studio matematico di altissimo livello, ma l’utilizzo che ne è stato fatto ha avvelenato l’idea. Il bitcoin ha avuto un’oscillazione in Borsa che andava dai due alle centinaia di dollari in poche ore. Questo ha permesso ampie speculazioni, si è ripetuto lo stesso film già visto tante volte: solo in modo più veloce, più freddo, più elettronico. Non voglio andare oltre, aggiungo solo che finora queste forme, che ho certamente studiato, sono tentativi che vanno tutti in un’unica direzione: l’accumulo e il potere attraverso il denaro.
Io credo che il denaro debba essere il riconoscimento di un’attività effettuata, senza entrare nel merito del valore di ogni attività. Se dal denaro però togliamo effetti come la spinta inflattiva, l’accumulo, la speculazione, gli si restituisce una sua funzione più originale: ti prometto che in base a quello che hai fatto per me ti riconosco un valore. Ti do la mia banco-nota, un mezzo e non un fine. Questo è alla base della mia idea, che non è una novità ma piuttosto un ritorno alle origini del significato del denaro.
Allora approfondiamo il discorso su quest’idea chiamata Wecoin.
Wecoin, sì. Significa che we=noi possiamo coin=coniare attraverso le nostre azioni. Nasce e cresce sull’idea di solidarietà. La moneta si conserva nel conto corrente, espresso in wecoin, di una persona che compie buone azioni, nella fattispecie donazioni. Se qualcuno, azienda o privato che sia, fa della solidarietà in moneta corrente, qualsiasi sia la valuta utilizzata (euro, dollari, ecc.) gli viene riconosciuto un valore in wecoin secondo un cambio di uno a uno. Così nasce la moneta complementare: l’obiettivo principale è quello di incentivare le donazioni verso organizzazioni no profit di qualsiasi tipo, ovviamente scelte liberamente, WeCoin non indirizza o suggerisce, semplicemente registra le buone azioni.
Wecoin può quindi incoraggiare le donazioni: io vorrei mettere questo strumento a disposizione delle associazioni che contano sulla raccolta di donazioni per trovare le cure per una malattia o aiutare popolazioni bisognose. A fronte di una donazione queste associazioni possono dire ai donatori “ti viene riconosciuto un valore”.
Quindi quando io dono 100 euro all’associazione X e scarico l’applicazione wecoin sul mio telefono ricevo sul conto 100 wecoin.
Il meccanismo è semplice: la donazione puoi farla a chi vuoi, nel modo che preferisci. Wecoin non fa intermediazione nella donazione, non applica nessun tipo di percentuale o tariffa sulla donazione. A fronte della donazione l’organizzazione ti rilascia una ricevuta che puoi caricare sul sistema di Wecoin. Una volta fatte le verifiche sulla donazione il sistema ti accredita i wecoin sul conto. Non ci sono costi per l’iscrizione né tantomeno per uscire dal sistema.
Questo sistema chiamato wecoin è un sito Internet e un’applicazione per telefoni?
Sì, in effetti è una banca totalmente informatica, in questo non si discosta da quelle usuali. Una caratteristica in più è che non registra solo ogni transazione, ma è dotata di un meccanismo in grado di tracciare ogni singola banconota virtuale per tutta la sua durata funzionale. Rimane registrato chi ha comprato cosa, dove, da chi e con quali banconote. Questo in osservanza di un concetto che se applicato nel mondo reale risolverebbe tanti problemi di legalità. Le transazioni in WeCoin, seppure protette elettronicamente, sono a disposizione delle autorità giudiziarie come in nessun altro sistema bancario del mondo. Wecoin deve essere usato solo per acquisti leciti, che vengono fatti alla luce del sole, ciò è permesso dal particolare algoritmo di gestione del denaro. Il sistema ha una rappresentazione informatica delle banconote equivalente al cartaceo, con tutti i vantaggi che questo sistema di tracciatura permette. Può non piacere che tutto sia così registrato, ma la mia personale opinione è che se non ti piace hai qualcosa da nascondere.
Prima di capire cosa fare dei wecoin di cui si entra in possesso puoi spiegare che tipo di controllo c’è sulle associazioni coinvolte dal progetto?
Questa è l’attività più costosa. L’investimento che ho fatto sulla realizzazione delle infrastrutture è stato relativamente basso. Ma non essendo possibile consentire una indiscriminata autocertificazione delle donazioni (ad oggi ancora verificate manualmente) occorre adottare un controllo molto preciso. Le associazioni vengono accettate una per una dal sistema wecoin. Valutiamo lo statuto, il fatto che siano riconosciute dallo Stato come onlus. Come in tutti i sistemi potremo migliorare il tipo di controllo, valuteremo a tempo debito se e quando sarà il caso.
Per ora vogliamo verificare che l’idea possa far breccia nel cuore dei donatori; che non aumenti solo il numero delle donazioni ma proprio il numero complessivo di donatori, sceso con la crisi di quasi il 7% negli ultimi 4 anni.
Uno degli effetti è la creazione di una rete di proprietari di wecoin.
L’effetto rilevabile si ha passato un certo numero di adesioni. Ma basterebbero due persone perché sia efficace: con la donazione si può passare allo scambio via wecoin in un percorso che rende soddisfatti tutti. Nelle mire di wecoin c’è la creazione di microcomunità che si basino su questa moneta: un’associazione, un paese, un condominio. Stiamo contattando le Banche del Tempo per cercare di capire se possiamo integrarci con il loro sistema di scambio e fornire loro una valuta adatta alle loro esigenze per così dire ‘contabili’. Secondo me WeCoin può fare molto per le Banche del Tempo.
In quest’ultimo anno c’è stato un grande dibattito su come accogliere chi fugge da paesi messi peggio del nostro. La nostra reazione non è affatto chiara: si alzano i muri, si accolgono persone, si chiudono in centri temporanei, si mettono in forse i trattati europei, si fanno accordi con altri paesi per contenere i flussi. In questo contesto la tua idea sembra apportare una novità rispetto ad altre: quella di favorire il lavoro di associazioni che hanno a che fare con le persone.
Ho riscontrato un tabù parlando con diverse associazioni e con le persone in genere, come se scattassero schemi mentali, che secondo me andrebbero però rivisti. Il primo è che gestire la beneficenza non debba costare nulla alle associazioni. Questa è utopia: anche la persona che sta al banchetto per raccogliere fondi in modo continuativo e regolare deve poter ricevere qualcosa. Quando racconto che nel sistema wecoin chi fa beneficenza viene di fatto remunerato vedo spesso reazioni controverse. Io non ci trovo nulla di strano, si incoraggia la donazione anche con una pianta o con un sacchetto di arance. Se trovo il modo di incentivare le donazioni con un sistema etico, gratuito, semplice perché basta una app per telefono, dov’è il problema? Bisogna allargare un po’ gli orizzonti, non si tratta di fare rivoluzioni ma soltanto di aggiungere un elemento positivo a un qualcosa che è già positivo. Possiamo migliorare quello che già c’è. In Italia i numeri delle donazioni sono vertiginosi e si tratta di un paese che attraversa una grave crisi, c’è un volume di attività importante. Se grazie a questo posso riconoscere un valore e incentivare un mercato basato sul ri-uso, il riciclo di oggetti usati, sulle prestazioni in cui ci si aiuta e ci si scambia oggetti e servizi, non ci vedo nulla di male.
Sul piano pratico: se io e la mia dentista aderiamo al sistema wecoin posso addirittura ipotizzare che al prossimo ascesso le pagherò il lavoro in parte in euro e in parte in wecoin?
Sì, certamente. Sia sul piano tecnico – è un accordo tra privati in cui lei ti fa uno sconto purché tu lo riconosca in wecoin – che su quello fiscale che tributario. Che ci sia un’ulteriore transazione in wecoin oltre a quello già fatturato e saldato normalmente non è un problema, fiscalmente è uno sconto.
Stiamo proponendo alle aziende schemi di questo tipo: le aziende possono fare delle donazioni ottenendo detrazioni fiscali e poi distribuire i wecoin ai dipendenti come benefit. Sarebbe un modo per raccontare ai dipendenti quel che l’azienda fa e in più dà un valore ai dipendenti. Io vedo nascere del valore in tutto questo.
Tu sei un tecnico informatico e questo ti ha permesso di sviluppare il sistema wecoin che ci racconti. Oggi avere controllo sui sistemi informatici offre un potere enorme, eppure per come lo descrivi wecoin non mi sembra parente di un sistema come facebook.
No, certo, è del tutto diverso. Intanto non è a fine di lucro. Quest’idea stava lì e non sono stato capace di tenerla nel cassetto. Non ci sono evidenze che verrà accettata, so solo che tecnicamente funziona. Wecoin è una scommessa: se poi un giorno si diffonderà avrà bisogno di strutture più ampie, ma rimarrà un sistema per veicolare buone azioni, non per fare soldi.
Abbiamo di recente espanso l’area di intervento: “fare del bene” è un’espressione che si presta ad interpretazioni molto ampie nelle quali non mi addentro, però abbiamo pensato di estendere il concetto alla spesa consapevole riguardo all’uso di energie rinnovabili. Come per le donazioni riconosceremo un corrispettivo in wecoin a chi spende per le rinnovabili: un veicolo elettrico, dei pannelli solari, una caldaia ecologica.
Quando si parla di soldi nel nostro paese abbiamo a che fare con i clan mafiosi, che in genere sono ottimi interpreti dei cambiamenti della società e sono in grado di anticipare spesso la direzione che prende il mondo. Questo vale anche per il potere tecnologico cui abbiamo accennato. Che tipo di protezione ha il sistema wecoin da un’eventuale infiltrazione?
Ogni parte di wecoin è intimamente progettata e realizzata per la completa tracciabilità; wecoin è un sistema informatico che rispetta le leggi in vigore nel nostro paese. È ispezionabile dall’autorità giudiziaria: qualora dovesse essere necessario indagare su qualche transazione è tutto molto trasparente. Il sistema si poggia su un flusso di azioni che io considero positivo, non lo vedo molto attraente per chi ha intenzioni criminose.
Che riscontri hai avuto finora e che obiettivi ti poni?
Trovo ancora molto difficile spiegare il rapporto esistente tra una donazione e il riconoscimento a chi la fa. C’è una certa diffidenza verso quest’idea, soprattutto quando dico che personalmente non prenderò soldi dalla sua realizzazione. Non ci crede nessuno anche se questa è la realtà dei fatti. Per fortuna non devo vivere basandomi su wecoin ma ho il mio lavoro tradizionale col quale copro le esigenze materiali. Spero comunque di poter trovare qualcuno con cui avviare delle sperimentazioni al più presto.
Riguardo agli obiettivi io quello che volevo fare l’ho già fatto creando il sistema. Certo, mi piacerebbe che venisse usato ma insomma l’idea c’è ed è lì pronta per chiunque la voglia utilizzare.
L’ultima domanda riguarda un possibile caso: una persona decide di farsi pagare un lavoro in wecoin. Poi il giorno dopo arriva la bolletta della luce e quella persona rimpiange la scelta fatta. Non credi che possa esistere una paura fondata ad accostarsi a un sistema come wecoin per persone che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese?
Questo è un possibile punto debole ma anche uno dei motivi per cui sto cercando contatti con un’associazione solida che possa sposare il progetto più che rivolgermi ai singoli, un’organizzazione che spieghi ai donatori cosa si può fare con questa moneta complementare. La difficoltà è essenzialmente iniziale: pensa a come è naturale per molti di noi oggi pagare tramite Paypal e come era diverso le prime volte. Ci sono monete complementari ormai avviate che godono di buona salute, penso al Sardex ad esempio. A prescindere dalla differenza di intenti quelle esperienze si appoggiano in larga parte sulle aziende. Noi non ci rivolgiamo alle aziende ma principalmente alle associazioni. Chi ha interesse ad aumentare le donazioni oggi con WeCoin ha uno strumento in più: noi vogliamo parlare con loro.
Tornando al singolo, occorre che si sappia come disporre dei wecoin: nel loro utilizzo pratico non li vedo diversamente dai ticket restaurant, ma sempre per fare un esempio pratico: hai a disposizione 300 euro per comprare un computer usato. Puoi andare su Ebay o Amazon e comprarne uno, oppure puoi fare una donazione per 300 euro, ricevere la certificazione, avere accreditati 300 wecoin ed acquistare nel sistema il computer usato che magari avevi individuato in precedenza nelle offerte della app. In questo modo l’associazione è soddisfatta perché ha ricevuto la tua donazione, tu anche perché hai il tuo computer e chi te l’ha venduto ora ha 300 wecoin da spendere. Non credo si debba spiegare altro.