Frammenti di Kurdistan
di Linda Dorigo
La mexak ban, la collana di chiodi di garofano, si trova dai venditori al bordo delle strade o nelle case Halabja. Un tempo, quando non c’erano soldi per i profumi sintetici, le donne le appendevano al collo. Oggi questi gioielli sono diventati il profuma biancheria di mezzo Kurdistan, ma non hanno perso l’aura di sensualità che Lawlaw nasconde in borsa. Bionda ossigenata, ci accarezziamo i capelli a vicenda elogiandone la reciproca bellezza. Da quando ho conosciuto lei, Aras, Revin, Renwar e Elian torno più volentieri ad Halabja.
La famiglia è la dimostrazione che l’amore mette a posto ogni cosa, soprattutto il dolore.
Il papà ha perso tutti i parenti durante il bombardamento del marzo ‘88. Si è salvato per miracolo. La sera sale al piano di sopra e per mezz’ora scompare.
I figli più grandi lo prendono in giro: non è vero che le soap opera turche piacciono solo alle donne. Dopo la fuga nei campi profughi in Iran, Aras viene richiamato per il servizio militare nella prima guerra del Golfo.
Prima a Mosul, poi a Falluja dove confeziona le armi chimiche per Saddam Hussein, riesce a farsi trasferire a Suleimania dove incontra Lawlaw. Ma viene rimandato a combattere sul fronte kuwaitiano fino ad una settimana prima dall’avvio dell’operazione Desert Storm, quando scappa e torna in Kurdistan per sposarla.
La guerra continua fino a febbraio 1991.
Intanto Aras e Lawlaw decidono di scappare in Iran. “Abbiamo camminato per giorni interi – racconta Aras inscenando la vicenda come a teatro – avevo fame e due valigie pesanti. Ne ho aperta una e ho trovato i vestiti di mia moglie. Così ho aperto l’altra e ho trovato i suoi rossetti!”. Ridiamo come pazzi. Lawlaw entra in salotto con lacrime di felicità.