a cura di Gabriella Ballarini e Juri Bomparola
Fallujah e le vene aperte dell’Iraq di Christian Elia
La guerra è guerra, ma non è mai soluzione ottimale, semmai il contrario.
Eppure la guerra continua a esistere.
Esisterà altrettanto, si spera, il momento in cui sull’Eufrate tornerà a svettare la Torre di Babele.
Fallujah vive oggi quello che ha vissuto ieri e l’altro ieri.
Chicco Elia ci aiuta a saperne di più, a capire meglio.
Io propongo una colonna sonora onirica.
Una morte in guerra, un volo, un sogno, la possibilità delle possibilità.
Behind Belgrade Waterfront di Francesca Rolandi, foto di Ali Türünz
Storie di riqualificazioni poco popolari, laddove il popolo è l’ultimo a decidere.
Gentrificazione fascista a colpi di raid notturni, con tanto di ruspe.
Il Popolo non ci sta e manifesta. Il Governo scarica il barile all’amministrazione municipale che rigetta la responsabilità e viceversa.
Non è una partita di tennis e in mezzo non c’è una rete alta circa un metro da terra.
La terra si vuole rasa per costruire un mondo nuovo che costa troppo.
I giorni dell’abbandono possono essere traslitterati. Con Carmen Consoli e Goran Bregovic, serbo non a caso, c’è una parte di Jugoslavia che ritorna e vorrebbe non andarsene.
Ma se ne va, suo malgrado.
O forse no.
Il Popolo non ci sta e manifesta.
Francesca Rolandi ci spiega le criticità di Belgrado.
Aspettando libertà di Cecilia Dalla Negra e Christian Elia
La colonna sonora di Django è splendida come tutte le colonne sonore di Quentin Tarantino, mi ci sono imbattuta per caso, così, mentre scrivevo al computer pensando ad altro.
Forse, la libertà ti coglie così, mentre stai pensando ad altro.
O forse no.
Forse te la devi proprio guadagnare, te la devi piange e pregare, la libertà.
I am looking for freedom,
Looking for freedom…
And to find it cost me everything I have.
Well I am looking for freedom,
Looking for freedom…
And to find it may take everything I have!
Spagna: il giorno della marmotta di Andrea Geniola.
Stavo scegliendo la canzone per questa bella analisi di di Andrea Geniola, che scrive direttamente da Barcellona, ma più leggevo e più non capivo, non per colpa di Geniola, sia chiaro, per colpa mia. Allora che faccio? Scrivo a Raquel, una fine analista dell’umano, non un’esperta di politica, una donna con uno sguardo sul mondo che ogni volta mi affascina, e lei mi dice: “lo chiedi a me? Che sono apolitica?”
Questa è la risposta perfetta, così le dico di sì, di dirmi qual è la prima cosa che le viene in mente e lei mi dice: Noi spagnoli abbiamo la sindrome di Stoccolma. Ci rubano tutto, però noi non possiamo vivere senza di loro.
“No puedo vivir sin ti, no hay manera”
Bella canzone, grazie Raquel.
Amiamo l’Europa perché detestiamo la guerra di Nicolò Cesa
Quando ho sentito questa canzone di Edwin Starr per la prima volta, credo fosse qualche mese fa, forse proprio iniziando questa rubrica. La prima cosa che feci fu ballare, mentre riordinavo quel monolocale che chiamo casa. La canzone è la più famosa di questo cantante soul, è datata 1970 e fu scritta come rifiuto alla guerra in Vietnam.
Ancora oggi, possiamo dire insieme a lui: what is it war good for, absolutely nothing.
Ah! Potete anche ascoltare la stupenda versione di Bruce Springsteen, epica.
Warê bav û kalan 7 di Linda Dorigo
C’è un passaggio fondamentale nelle parole di Linda Dorigo: “la famiglia è la dimostrazione che l’amore mette a posto ogni cosa, soprattutto il dolore”.
Era il 1994 e Dolores cantava questa splendida canzone, dove ci sono dentro tutti e c’è dentro tutto.
My mother, my mother,
She hold me, she hold me, when I was out there.
My father, my father,
He liked me, oh, he liked me.
La matita di Enrico Natoli
Before you can bridge the gulf between
And embrace him in your arms
Bang bang bang
He’ll shoot you down