di Antonio Marafioti
Ci sarebbero tutti gli elementi per definire Inerti un romanzo nuovo ispirato ai mostri sacri della tradizione letteraria siciliana. C’è, prima di tutto, la terra di Sicilia, nella sua fisionomia più nascosta, selvaggia, silente. Ci sono le maledizioni mafiose e la conseguente omertosa inciviltà. C’è una narrazione corale in cui gli attori di supporto sono, forse, meglio strutturati della stessa protagonista dell’opera. Tuttavia la prima pubblicazione della giornalista palermitana Barbara Giangravè, va oltre tutti i possibili canovacci per offrire – complice la sua attività professionale e il suo impegno antimafia – una visione nuova di un copione che in molti darebbero per scontato già dalla quarta di copertina.
Inerti è una storia personale, quella di Gioia Lantieri, giovane licenziata in fuga da Palermo, che si lega a doppio filo con quella pubblica di un paese del siracusano, Acremonte: quasi duemila malati di cancro su una popolazione di novemila persone.
Acremonte non esiste sulle cartine geografiche, sia chiaro. Acremonte è più un punto immaginario, gonfalone di una comunità distopica fondata sulle nefandezze prodotte da giunte locali corrotte, patti silenti fra istituzioni e mafia, totale insensibilità alla salvaguardia ambientale di una terra tanto bella quanto male amministrata.
Gioia Lantieri è una ragazza resa fragile da un destino avverso che nel corso della storia trova forza e determinazione per cercare di svelare l’ingente e annoso giro di vite causato da una serie di reati legati all’attività delle ecomafie.
Intombambenti di rifiuti frutto di accordi politici fra le due famiglie di notabili del luogo che, come nella realtà, sono protagoniste assolute della storia dell’isola dall’inizio del secondo dopoguerra. C’è una Dc corrotta. Un Pci corrotto. Ci sono perfino giudici corrotti. Il risultato è un sistema impermeabile in cui tutti sanno e nessuno parla.
Fino all’arrivo di Gioia, che smuove carte insabbiate e coscienze timorose, che estorce confessioni su fatti non del tutto chiariti. Il fare determinato è quello tipico dell’eroina, la circospezione è quella necessaria a chi sa di aver a che fare con una resistenza umana compatta. Che però, poi, si scioglie e arriva a far discutere il problema, dopo anni di morti sospette, nell’aula del consiglio comunale del paese. Una facoltà del popolo, questa, che chi vive al sud dà spesso per scontata e, quindi, fatica ad esercitare.
Ed è qui che il romanzo si emancipa dalla logica della classica trama meridionale “terra bella, ma maledetta”.
Lo fa, prima, svelando la coscienza civile dei cittadini di un piccolo borgo siciliano e, poi, tracciando un solco nel tessuto narrativo che si sviluppa sulla ricerca della verità. È un processo che a queste latitudini diventa una lotta fra il desiderio di giustizia e quello di vendetta. È un contrasto violento e intimo in Gioia che riuscirà a non soccombervi solo grazie alla vicinanza degli amici e di ciò che le rimane della propria famiglia. Sono loro ad assisterla in questo salto triplo nelle pieghe del suo passato, nello scontro necessario e la successiva vittoria sui fantasmi interiori. Sono sempre loro a non lasciarla sola nell’altra lotta, se possibile ancor più pericolosa, contro nemici reali decisamente più grandi di lei.
Inerti, dunque, ma non inermi. I siciliani di Giangravè sono quelli che scelgono di essere consapevoli, che decidono di alzare la testa, che provano a scardinare un sistema malato che fa ammalare. Il libro convince perché sposa questa visione, pur guardandosi bene dall’ingenuità di affidargli improbabili virtù taumaturgiche. La strada verso la giustizia sociale è lunga e tortuosa e il pezzo che il cittadino percorre come singolo, per quanto importante, rimane solo l’inizio della grande marcia comune di un popolo degno di definirsi tale.
Titolo: Inerti
Autore:Barbara Giangravè
Pagine: 198
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: autodafé
ISBN: 978-88-97044-65-9
Prezzo di copertina: 15,00 €