Energie selvagge

di Sara Marchesi

Questa è una storia che inizia (tristemente) come tante altre: un settore della periferia urbana di una grande città ­– in questo caso parliamo del capoluogo piemontese – che diviene oggetto di una progettazione ex novo finanziata da fondi pubblici in occasione di un “grande evento” – le Olimpiadi invernali del 2006.

Il Villaggio Olimpico di Torino, progettato e realizzato nell’area degli ex Mercati generali ortofrutticoli e che nella sua totalità occupa ben 90.000 mq, era stato originariamente definito – anche qui come di norma in questi casi – dallo studio dell’architetto Benedetto Camerana e dal Comune di Torino come, una volta terminati i giochi, “un quartiere destinato a essere assorbito nel tessuto cittadino”. In particolare, la componente residenziale realizzata lungo via Giordano Bruno, inizialmente ideata per ospitare gli atleti e costituita di trentanove unità disposte su tre lotti, avrebbe dovuto essere riconvertita ad abitazioni sociali, uffici dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), studentato universitario, uffici del Torino Olympic Park. Nella realtà, il destino dell’area è stato quello di passare in affidamento al fondo Città di Torino.

 

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