Nel dopo-golpe in Turchia il cellulare dal quale Erdogan ha parlato al popolo, ribattezzato “telefono della libertà” diventa un feticcio da mettere all’asta
Di Laura Silvia Battaglia
I colpi di Stato hanno le loro narrative e le dittature i loro feticci. Così, mentre orde di adolescenti impazziti invadono il lungomare di Santa Monica negli Stati Uniti per cacciare rari Pokemon, facendosi succhiare tutti i dati personali sui propri smartphone dalla Nintendo che li rivenderà a terzi in nome della sicurezza delle democrazie, dall’altra parte del globo si innalza a feticcio un cellulare e lo si chiama il telefono della libertà. La notizia non è ancora arrivata sui media occidentali ma circola da giorni sui social (soprattutto Twitter, Facebook e YouTube) in lingua araba e ha dato vita ad un acceso dibattito che non è destinato a placarsi.
Tutto nasce il giorno dopo il colpo di stato sventato in Turchia, il 19 luglio scorso, quando Erdogan ha ormai messo in sicurezza il suo potere e iniziato la purga degli oppositori, dai militari ai politici golpisti, fino ad arrivare ai docenti universitari. E quando l’account “Abu Rakan” che risiede in Arabia Saudita, twitta questo status: “Offro di acquistare il telefono dell’anchorwoman di CNN Turk dal quale Erdogan ha parlato su FaceTime per un milione di Saudi Rial”. Il tweet è diventato virale e Abu Rakan ha dovuto spiegare di più sul perché di questo gesto. Così dice: “Riguardo al milione di Rial offerto, noi siamo i figli delle due moschee sacre di Solimano il Magnifico e dovremmo pagare per avere prevenuto lo spargimento di sangue di musulmani innocenti durante il colpo di Stato in Turchia. Non siamo contenti per la confusione e il caos diffusi dall’emittente al-Arabya”.
Abu Rakan ci tiene subito a fare dei paragoni e a posizionarsi tra quei sauditi che non amano spendere soldi per cose futili: “Gli sport club sauditi al-Ilal e al-Nasra stanno pagando 15 milioni di Saudi Rial per le scarpe di un giocatore di calcio il cui impegno principale sarà calciare un pallone e infilare dei goal. Quindi perché non dovrei pagare un milione per un telefono che ha permesso ai turchi di salvarsi la pelle?”
A qualcuno il paragone è sembrato del tutto futile, per cui Abu ha deciso di rilanciare una ulteriore specifica: “Fare questa offerta è meglio che finanziare le attività di quei ragazzi che si sono bevuti il cervello e che uccidono innocenti in nome di Daesh (ISIS)”. Abu Rakan vuole il telefono a tutti i costi e lo chiama già “il telefono della libertà”: promette di cederlo al Museo Nazionale Saudita per tenerlo in una teca come un pezzo sacro di storia del Medio Oriente nel Ventunesimo secolo.
Ma c’è chi è più furbo di lui. Così, tra persone che tifano per lui e lo supportano, ed altri che lo criticano e lo prendono in giro, soprattutto per la sua nazionalità (Min Abdallah su Twitter propone uno scambio con il suo iPhone: “Ho un’idea, se ti piace: pulisco il mio come nuovo e te lo do per 500mila Rial, se lo vuoi”; o l’egiziano Emad Elhalawany che provoca: “Questo è quello in cui voi sauditi siete bravi: continuare a spendere soldi anche quando il matrimonio è finito”; fino a Hichen Hogges che su Facebook dice: “Prima di comprare il telefono della libertà, dovresti capire il significato della parola libertà, Signor Danaro”), spunta un magnate turco che rialza il prezzo all’asta virtuale fino 2 milioni di dollari. Tutto questo proprio quando Abu Rakan ha già trovato un accordo con la anchorwoman che nel frattempo gongola e rivela a mezzo mondo che sì, l’idea di chiamare lo spokesman del Presidente è stata sua, compresa la scelta di una videochiamata su FaceTime da iPhone. “L’offerta che ho presentato per avere il telefono della libertà – dice Abu – è stata accettata di buon grado dalla conduttrice ed è ancora valida ma è arrivato un businessman turco che ha avuto un’idea migliore della mia”. A questo punto, il twittatore totemista vuota il sacco: “Ho già avuto virtualmente il telefono della libertà ma lo cederò all’offerente turco. La sua idea, per un valore di 2 milioni di dollari, è comprarlo per esporlo in uno dei suoi alberghi a Istanbul in modo che sia visibile giorno e notte”.
Mica scemo, il (per adesso) anonimo magnate turco. Così, Abu Rakan ha ormai due idoli: Erdogan e il magnate. Dice: “Lo metterà a disposizione dei turisti e dei turchi che potranno farsi dei selfie davanti al telefono che ha salvato la loro libertà”. Quindi, adesso varrà la pena andare a Istanbul solo per farsi un bel selfie a pagamento con feticcio elettronico salva-Erdogan presso la reception dell’albergo, per poi uplodarlo come immagine del profilo su Facebook, e far morire di invidia gli amici.
Il tutto alla faccia del monoteismo islamico e all’ingrasso del culto della personalità del Presidente turco. Morale della favola: pecunia non olet semper et usquam.