di Alice Bellini
12 spunti di riflessione, consigli di approfondimento di vita pescati a sorte da un cappello. Per coloro che credono negli astri, non sarà di certo un caso che un determinato messaggio sia uscito per un determinato segno. Per chi invece le stelle le riconosce solo come lucine nel cielo, comunque una piccola riflessione non fa mai male, per alleggerire un po’ l’anima, ma senza volare via.
Cari Ariete, a voi che siete sempre pronti e combattivi, le stelle lanciano una “semplice” sfida per questo Agosto: “Concentrati sul tuo respiro per almeno 15 secondi”. Solo sul respiro. Per 15 secondi. Sul respiro e nient’altro. Facile…no?
PS. A proposito di respiro, qualche tempo fa Huff Post Rise ha proposto questo semplice, ma efficacissimo video. Perché a volte fa bene andare al sodo, in poche parole, senza stare a complicare le cose.
Certo, Agosto renderà tutto molto più semplice, ma l’idea è quella di applicare questo consiglio anche a Settembre, Ottobre, o Maggio dell’anno prossimo. Vi reciterò il consiglio esattamente come è arrivato a me, di punto in bianco, un giorno nel bel mezzo dello stress lavorativo, spedito da una persona molto cara, che non poteva darmi suggerimento migliore: “IL GIORNO PIGRO – La maggior parte di noi ha giornate fin troppo piene. Pensiamo che mantenerci sempre in attività ci dia soddisfazione, ma mantenerci costantemente occupati è una delle ragioni per cui soffriamo di stress e depressione. Ci siamo spinti a lavorare troppo, non è civiltà questa. Dobbiamo cambiare la situazione. Il giorno pigro è un giorno da passare senza alcuna attività pianificata: ci si limita a lasciare che la giornata si svolga naturalmente, senza orari prestabiliti. Se vogliamo possiamo fare meditazione camminata, oppure leggere, oppure scrivere a casa alla famiglia o a un amico. […] Quando non abbiamo niente da fare ci annoiamo e andiamo in cerca di qualcosa da fare per intrattenerci; star lì a non fare niente ci mette una gran paura. Il giorno pigro ci è stato prescritto per allenarci a non avere paura di non fare niente. […] In genere pensi che quando non fai niente stai sprecando il tuo tempo. Non è così: il tuo tempo, prima di tutto, serve per te per essere: per essere vivo, per essere pace.” (Thich Nhat Hanh: prediche di consapevolezza, Firenze, 2013, pp. 129-131).
C’è una TED Talk, tenuta dalla ricercatrice Brené Brown, in cui si parla della vulnerabilità e della sua fondamentale importanza se si vuole vivere in maniera autentica.
La Talk è questa qui.
Per questo Agosto, immagino di non avere molto altro da aggiungere. Buone vulnerabili vacanze!
Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato”. Le parole di Elie Wiesel, premio Nobel per la pace nel 1986, sono un monito importante in questi giorni di sempre più angoscioso conflitto. L’unica cosa che può salvarci da tutta questa violenza è prendere una chiara e decisa posizione. Chiari e decisi nel fare la pace, a partire dai piccoli gesti quotidiani, dai pensieri che facciamo quando udiamo dell’ennesima strage, alle parole che scambiamo con chiunque in merito a tutta questa crudeltà. Chiari e decisi nel non coltivare tutto quest’odio. Per quanta paura possa farci, per quanto non al sicuro possiamo sentirci. Chiari e decisi non nel “combattere la violenza”, ma nel “fare la pace”. Ché la differenza è minima, ma sostanziale. Per il mondo tutto, ma anche per la piccola vita di ciascuno di noi.
“Pensare è difficile”, affermava lo psicoterapista Carl Jung, “per questo la maggior parte delle persone giudica”. La differenza è labile, quasi impercettibile. Eppure il risultato cambia drasticamente. S’inizia a giudicare nel momento in cui non si pensa più con la propria testa, affidandosi ad etichette ideate da altre, statiche nel tempo, spesso obsolete. Usarle ci fa sentire al sicuro, parte integrante di un’intera comunità che, come noi, usa quegli stessi giudizi. E in qualche modo ci laviamo le mani dal dover rispondere di noi stessi, di quello che diciamo, di come giudichiamo, dal perché lo facciamo. Quel giudizio non ci appartiene più. Il pensiero, invece, quello ci appartiene sempre. È nostro e, in quanto tale, è nostra responsabilità. Pensare, dunque, invece che giudicare. Questo l’invito ai Leoni per questo Agosto, trovando il coraggio di essere se stessi, invece che la massa.
Mae West: mi ricordo che quando l’ho studiata all’università ho pensato che, per quanto fosse anche lei una delle tante pedine dello star system di Hollywood, fosse comunque una pedina anomala, piena di carattere e di fiera femminilità. Aveva un’identità sua e la sfoggiava per il gioiello che era. “Si vive una volta sola. Ma se lo si fa come si deve, una volta basta”, diceva. Una frase da bella e dannata, un po’ ad effetto, non c’è che dire, ma vera nel suo essere così “gaggia”. Che si creda o meno nell’unicità di questa vita e indipendentemente da ciò che si pensa venga dopo, questo presente specifico non tornerà comunque mai più. Ma se lo si vive a dovere, allora questo non sarà motivo né di rimorso, né di rimpianto, ma solo di grande completezza. Che non significa vivere ogni momento come se fosse l’ultimo, ma come se fosse l’unico. Che poi è proprio così. Siate gaggi quindi, cari Vergine. E siate unici. Fate le cose come si deve. E una splendida, gaggissima volta basterà!
Ci pensate mai a quanto spesso ci si vada a ingarbugliare la testa e il cuore appresso a concetti astrusi, aspirazioni sempre più esigenti e utopiche, alla folle ricerca di una felicità che diventa, ovviamente, complicatissima e irraggiungibile? “Il vero miracolo non è volare in aria, o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra”, sostiene Li Lin Chi. Così, per questo Agosto, l’invito è chiaro: smetterla di frustrarsi appresso al volare nell’aria o al camminare sull’acqua, gesti impossibili e “disumani”, convinti e accecati che lì giaccia la reale felicità, e focalizzarsi su quanto preziose e felici siano le cose che già abbiamo e che magari ogni giorno di più banalizziamo, in nome di quella frustrazione. Riconoscerne la bellezza e la grandiosità è ciò che ci permetterà di incontrarle per il miracolo e il dono incredibile che sono. Apprezzarle. Esserne grati. Rendergli giustizia. Amarle.
In questi ultimi tempi mi sono spesso ritrovata a ragionare sull’importanza delle parole e a prestare attenzione a quante se ne sprecano ogni giorno per giustificarne altre ancora, o per giustificare chi le usa, a partire da noi stessi. Quanti “passami il termine” e fastidiosi virgolettati utilizziamo per non doverci impegnare a cercare l’esatta e unica parola che ci serve, o per evitare di prenderci la responsabilità di quell’unico termine che andrebbe utilizzato. Per evitare di andare al punto. Per evitare di essere totalmente onesti. Dunque questo esercizio, che io per prima mi sto impegnando ad intraprendere, le stelle lo rigirano anche a tutti gli Scorpione: per almeno un giorno intero, anche fosse solo uno, sforzatevi a trovare le esatte e uniche parole. Nessuna ridondanza, nessun “passami il termine”, nessuna virgoletta, nessun “per così dire”. Siate onesti, siate diretti. Siate responsabili. Siate ossi di seppia, come direbbe Montale.
Ormai è un’abitudine: quando sui notiziari si compiono atti di violenza, crudeltà e odio, ogni essere umano coinvolto in tale notizia viene etichettato con aggettivi che lo categorizzano e, in alcuni casi, lo giustificano a priori o lo vittimizzano rispetto all’azione in questione. Un esempio è l’ultrà che qualche settimana fa ha ucciso a Fermo un Nigeriano. Come se essere “ultrà” lo esimesse dalla realtà di tutti i giorni. Dalla sua natura. Dai suoi pensieri. Dalla sua responsabilità. Come se, altrimenti, non avrebbe mai compiuto un tale gesto. D’altro canto, come se essere Nigeriano desse un valore diverso alla morte. Come se allora si potesse essere un po’ più o un po’ meno vittima. E questa è solo una delle infinite vicende che ogni giorno ci vengono raccontate dai media. E se si smettesse di dare etichette e si guardasse il fatto per quello che è: che un essere umano ha ucciso un altro essere umano senza alcun motivo (perché non c’è mai un valido motivo per un’azione del genere, mai)? Così, per quel famoso detto per cui se Maometto non va alla montagna, allora sarà la montagna ad andare da Maometto, cominciamo noi per primi, noi lettori, noi che le notizie le riceviamo, a smettere di etichettare. Iniziamo a considerare la realtà per quello che è, con termini semplici e diretti. Potrebbe essere un valido modo per far fronte a tutta questa assurdità e azzittire quell’assordante opinionismo che non permette più di provare nemmeno un po’ di dolore in pace.
“Educare la mente senza educare il cuore è come non educare affatto”, sosteneva Aristotele qualche anno fa. Su Un altro giro di giostra Terzani racconta di un terapista californiano che volge la sua vita alla ricerca di un modo più consapevole e spirituale di stare al mondo. Questo gli richiede molto impegno e un costante esercizio di volontà. “Mia moglie invece nella spiritualità non crede affatto, in tutta questa ricerca che affronto ogni giorno”, sostiene il terapista, “eppure appena finisce di piovere corre in strada a spostare le lumache, così che nessuno le acciacchi. A me invece, che tanto predico spiritualità e consapevolezza, non verrebbe mai in mente di farlo”. O si dovrebbe dire che non gli viene mai in cuore? Quanto valore può avere riempirsi di sapere, se poi il cuore rimane vuoto di sensazioni, se non è la spontaneità del gesto ad essere nutrita, se non è la compassione ad avere la prima importanza?
“Poteva accadere. / Doveva accadere. / È accaduto prima. Dopo. / Più vicino. Più lontano. / È accaduto non a te. / Ti sei salvato perché eri il primo. / Ti sei salvato perché eri l’ultimo. / Perché da solo. Perché la gente. / Perché a sinistra. Perché a destra. / Perché la pioggia. Perché un’ombra. / Perché splendeva il sole. / Per fortuna là c’era un bosco. / Per fortuna non c’erano alberi. / Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno, / un telaio, una curva, un millimetro, un secondo. / Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio. / In seguito a, poiché, eppure, malgrado. / Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba, / a un passo, a un pelo / da una coincidenza. / Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso? / La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo. / Ascolta / come mi batte forte il tuo cuore.” Così recita Ogni caso di Wislawa Szymbroska, come a ricordare che la vita non segue mai vie uniche. Cambia, per ogni persona, in ogni momento. E ogni momento è esattamente come doveva essere. Ogni cosa accade, non tanto per una ragione, quanto per un’occasione.
“Tutti sono profondi, ma non tutti hanno voglia d’immergersi”. Sembra buffo detto a un Pesci, ma che non sia una coincidenza? In questo gioco di parole di quest’anonima frase trovata sul web ho riconosciuto la mia profonda convinzione che ognuno di noi è il prodotto delle proprie scelte e che tutti partiamo dallo stesso identico potenziale. Dichiarare che “si è fatti così” è come dichiarare che non si ha intenzione di scavare un po’ più a fondo. Perché nessuno è fatto a priori in un modo. Ognuno è come sceglie di essere. O come sceglie di accettare, comprendere, affrontare determinati lati caratteriali, determinate realtà, determinati limiti. L’andare in profondità è una scelta, che tutti possono fare, nessuno escluso. Ognuno troverà quel che troverà, per quella bella magia per cui non siamo tutti uguali, ma anche qui, tutti possono scegliere come affrontare le propria profondità, come accettarla e come gestirla, come abbracciarla. Come viverla.