Quando il gioco si fa cattivo servono i buonisti

Il fronte dei buonisti è un po’ in rotta. Iniziano a palesarsi le prime defezioni, sotto forma di omissioni se non proprio di diserzioni.

di Mauro Mercatanti

L’immagine è quella di un’opera di Patrizio Mugnaini, che ringraziamo.
www.patriziomugnaini.it

 

Alcuni opinionisti specializzati nel politicamente corretto cominciano a sentire il dovere di dire che sta succedendo qualcosa che non può più essere liquidato con gli strumenti tipici del buonismo.
L’analisi, in buona sostanza, è questa:

– è in corso un attacco alla nostra civiltà.
– chi parla di episodi isolati e di pazzi è un pazzo da isolare.
– i musulmani “moderati” devono difenderci, anche immolandosi se necessario.

L’analisi finisce qui.

Nessun accenno al perché la nostra civiltà sarebbe sotto attacco (parrebbe trattarsi della vecchia questione in sospeso tra Bene e Male), nessuna ipotesi sul chi ci sia dietro alla diffusione di questo efficacissimo format del terrore (che funziona con meccanismi e tecniche tipicamente “virali” e “social”) e nessunissima idea su come uscire dall’impasse, a parte chiedere ai musulmani “moderati” di dissociarsi e pensare che in questo modo, magicamente, il terrorismo si dissolverebbe come neve al sole.

Alcuni si spingono fino a corroborare la loro finissima tesi con arditi parallelismi tra questo terrorismo e quello delle Brigate Rosse, che quando toccò il suo zenit venne per l’appunto depotenziato e infine sconfitto dal fatto che il mondo di cui voleva essere avanguardia armata non lo seguì e non lo sostenne.
Ebbene, val la pena ricordare che quel terrorismo – per l’appunto – voleva essere avanguardia armata di qualcosa, questo no. Il terrorismo jihadista ha chiaramente come primo obiettivo l’Islam moderato e integrato con l’Occidente. Non pensa di rappresentarlo, lo vuole distruggere. L’astuto parallelismo reggerebbe se le BR avessero passato il tempo a sparare sugli operai, quando invece è noto a tutti che cominciarono il loro veloce e inesorabile declino proprio quando uccisero per la prima volta un operaio, reo di averli denunciati.
Il motivo è semplice: le BR si vivevano come avanguardia operaia e la finale dissociazione del mondo operaio fu pertanto decisiva per togliergli la sola acqua nella quale potevano nuotare.

Il caso del terrorismo jihadista pare completamente diverso: sia i numeri che uno straccio di analisi sociopolitica (che però a quanto pare i Mentana e i Gramellini non hanno voglia di fare) ci dicono che le prime vittime di questa strategia della tensione sono proprio i musulmani moderati. E lo sono sia fisicamente che politicamente.
Sono infatti loro che pagano il prezzo più salato in termini di vite umane e sono ancora loro che pagano il prezzo politicamente più alto in Occidente, messi all’indice e strattonati da un’opinione pubblica spaventata e da un establishment confuso, perché si dissocino dai loro stessi persecutori. In pratica, una condanna a non poter più essere quello che attualmente sono: musulmani serenamente integrati nel proprio tessuto sociale. Che è esattamente il fine ultimo del terrorismo jihadista: dimostrare che nessuna convivenza pacifica tra Islam e Occidente sia possibile e praticabile.

Questo il motivo per cui ritengo che la rottura in atto del fronte buonista, la consunzione di quell’argine e la derisione di quella sorta di tenace militanza quasi ideologica sia una pessima notizia per noi e un’ottima notizia per chi ci attacca.

Anche perché, a parte strattonare i musulmani moderati e liquidare i “buonisti del cazzo” come utili idioti, sembra che le schiere cattiviste non abbiano davvero nessun’altra idea.
Il buonismo, almeno, ha un senso, una strategia, un apriscatole, un orizzonte valoriale appunto. Ti dice cos’è, in nome di cosa ragiona e quale obiettivo vuole perseguire.
Il cattivismo non ci dice niente di quello che vuole fare. Anche perché, se ci pensate, non ha armi a disposizione. Vediamo rapidamente perché, passando in carrellata il tipico armamentario cattivista (che per certi versi è tanto quanto se non ancora più scontato e frollo di quello buonista):
“Ci vorrebbe la pena di morte”: no, non servirebbe. Questi non chiedono altro che di morire per la loro causa. Quindi, a parte Salah, vivi non li prendi. E comunque, per punirli davvero, li dovresti condannare a vita, non a morte (che è il loro ideale supremo).
“Ammazziamoli tutti”: tutti chi? Non è che i jihadisti vanno in giro con un cartello. E prendersela con tutti i musulmani (che sono tipo un miliardo e mezzo di persone, la maggioranza delle quali con un proprio Stato sovrano e una tradizione millenaria di pace e convivenza alle spalle) potrebbe essere un’impresa fuori portata anche per il cattivo più cattivo che c’è.
“Andiamo a bombardarli”: lo stiamo già facendo. E a quanto pare non serve. Anzi, sembra che li esasperi ancora di più.
“Non facciamoli più arrivare”: sono già dentro. E comunque non hanno inventato loro la globalizzazione. Se ne stanno semplicemente servendo.

Insomma, appare chiaro che nessun opinionista cattivista, al dunque, riesca a partorire niente di meglio dell’appello all’Islam moderato perché tutti sanno che il discorso “cattivista” è, alla prova dei fatti, una solenne cazzata, costellato da una lunga litania di cose stupide, assurde e irrealizzabili.

Tanto più irrealizzabile da persone che non saprebbero praticare la violenza nemmeno se venissero aggrediti da un uomo ubriaco, disarmato e barcollante. Figurarsi affrontare un invasato, armato di coltello e animato dal sacro proposito di affondartelo nella gola o di farsi saltare in aria insieme a te.
Non riusciamo neanche a guardare in direzione di gente così, figuriamoci affrontarli.
Per questo facciamo l’unica cosa che i vigliacchi sanno fare: prendersela con quelli innocui, che non c’entrano niente, e chiedere loro di risolvere il problema per conto nostro.
Il cattivismo è quindi questo: nient’altro che uno sfogo verbale, un rutto dopo un sorso di coca cola, uno sfoggio di fascistissima durezza fatto da gente che non ha nemmeno il coraggio di essere davvero fascista.
Il cattivismo all’Occidentale è la vera debolezza del nostro mondo ed il nostro vero e solo tallone d’Achille in questa delicata e cruenta partita.
Ci penserei davvero bene prima di mandare al confino i “buonisti del cazzo”.
In questo scenario, e a prescindere da come la si pensi, potrebbe essere davvero la mossa più autolesionista.
I nostri cattivisti sono un’armata Brancaleone totalmente allo sbando, contro cui avrebbe la meglio anche Topo Gigio. Per certi versi sono davvero la rappresentazione plastica della decadenza occidentale: troppo imborghesiti per essere davvero spietati e troppo impauriti per essere davvero credibili.
A ciò si aggiunga che l’unico terreno su cui siamo competitivi – quello militare – in questa “guerra” conta assai poco.
La guerra si vince (o si perde) sul piano psicologico e delle tenuta culturale.
E quindi date retta: gli unici che ci possono aiutare sono i “buonisti del cazzo”.
Teniamoceli buoni.