di Christian Elia
“Da sempre Stajano racconta le vite dei singoli, e da sempre lo fa a partire dai particolari e dai luoghi, perché sono i particolari a rivelare le persone, mentre i luoghi in cui vivono, nei loro caratteri quasi antropologici, aiutano a descriverle, a fissarle nel tempo e nel contesto”.
Non esiste un modo migliore di presentare Corrado Stajano, la sua scrittura, il suo contributo a un’idea di giornalismo che – senza mai perdere di vista l’obbligo civile di raccontare – riesce a articolarsi in una prosa profonda.
La definizione è di Niccolò Ninisvoccia, in un bell’articolo su Stajano pubblicato dal manifesto, un paio d’anni fa, in occasione della pubblicazione di Destini, l’ultimo libro del grande autore, raccolta di ritratti di grandi della cultura del ‘900.
I libri di Stajano sono meccanismi perfetti, orologi. Mappe. Ti viene offerto uno sguardo, non ti viene imposto. Ma l’angolazione che Stajano sceglie per raccontare, come un regista che scegli l’inquadratura, finisce sempre per avere un respiro universale
Nato nel ’30 a Cremona, Stajano lega la sua vita a Milano e all’Italia. I suoi racconti passano per il Mondo, il Giorno, il Messaggero, l’Unità e una lunga storia al Corriere della Sera. Poi, la politica, ma quella non riguarda questo blog, che omaggia i maestri del giornalismo narrativo.
E Stajano lo è, pioniere per altro di quello sperimentare linguaggi che oggi è sempre più necessario, essendo oltre che gran giornalista e scrittore, vivace e pungente documentarista per quella Rai che negli anni Settanta e Ottanta raccontava ancora il paese reale.
Il 2016 è un anno importante, perché è tornato in libreria uno dei suoi capolavori, Un eroe borghese, libro inchiesta sulla figura di Giorgio Ambrosoli. Stajano riesce a fare, con la sua scrittura, un cerchio attorno al protagonista, permettendogli di emergere per quello che era. Una persona normale. Il fango, le macchinazioni, gli interessi internazionali vengono ancor più svelate, in quanto non travolgono un superuomo, ma un cittadino e un professionista, una persona che faceva il suo lavoro.
E quella Milano, che fa da sfondo, non è innocente, perché i luoghi si specchiano in chi li abita. Come non era estranea Africo al suo destino. Un paesino della Calabria profonda, trasportato da una frana in riva al mare, vittima di un destino del quale in fondo è complice. E’ che racconta di tutta un’Italia, che smette i panni del contadino, per mettere quelli che trova. Spesso corrotta, molto mafiosa, pronta a scendere a patti
Come non è innocente l’Italia dove perde la vita Franco Serantini, Il sovversivo, operaio orfano e idealista, contrapposto al rampollo di buona (e politica) famiglia Marco Donat Cattin. Una generazione che ha sognato (e lottato) per cambiare il mondo, rimettendoci la vita, e coloro che quella stagione l’hanno attraversata sorretti da carsiche dinamiche di potere.
Stajano è un punto di riferimento, anche al di là della sua visione del mondo, ma del come si coglie nelle storie che sembrano insignificanti, o comunque non epocali, l’anelito dell’universalità. Una voce che non perde, neanche per un attimo, attualità e capacità di intrigare. Una voce che oggi, in Italia, serve ancora.