di Virginia Ghelarducci
tratto da Iconocrazia 9/2016 – “Ritorno al conflitto” (Vol. 2), Saggi
“Ma c’era una zona, la più grande, la più inesplorata (se così si può dire)
che mi attraeva in modo particolare. In realtà da allora non è più uno
spazio vuoto: si è riempito di fiumi, di laghi e di nomi. Ha smesso di
essere uno spazio vuoto carico di affascinanti misteri, una macchia
bianca per i sogni di gloria di un ragazzino. È diventato un luogo di
tenebre”.
Joseph Konrad, Cuore di tenebra.
La porta delle tenebre.
La porta delle tenebre è ben sorvegliata.
Due donne silenziose custodiscono la soglia che separa il mondo civile e urbano, quello della burocrazia e dei passacarte svogliati, da quello inesplorato, crudele e selvaggio, che ben pochi avranno la possibilità di raccontare. La loro presenza sembra garantire l’inesorabile procedura di un passaggio pericoloso e oscuro: una volta firmati i documenti, non si può più tornare indietro.
Così Charlie Marlow ricorda il suo ingresso in quel cuore di tenebra, l’accesso a luoghi temuti ed evitati, che nascondono inquietanti segreti. L’oscurità densa e pesante è difficile da sopportare e da esplorare. Gradualmente, la giovane e curiosa euforia di un animo avventuroso lascia il posto ad un profondo, torbido e nauseante senso di squallore e abbandono, nebulosa e gelida consapevolezza di aver oltrepassato quella soglia, la soglia delle tenebre e di trovarsi già sull’orlo dell’abisso. Ma, ci avverte Marlow, non tutti gli uomini sono tagliati per confrontarsi con ciò che non ha nome, non tutti sono in grado di affrontare la follia, l’offesa e l’orrore. La discesa è lenta e avvolta in un silenzio irreale. Il viaggio si snoda tra crudeltà indicibili e violenze inconfessabili, un conflitto continuamente alimentato, che dilania e abbrutisce.
La stessa Arendt, nel suo On Violence, ripercorrendo alcuni degli avvenimenti salienti del XX secolo, testimonia la difficoltà, anche metodologica, di analizzare le radici, le manifestazioni e gli strumenti della violenza, di fronte ai forse più nobili tentativi delle scienze biologiche e naturali. La riflessione della pensatrice tedesca si orienta quindi su una declinazione storico-politica, che sottolinea le connessioni con la guerra, le nuove tecnologie, le rivoluzioni e i movimenti sociali, ma soprattutto con i sistemi di potere, mettendo in luce i perniciosi e spesso sottesi effetti di questo perverso legame.
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La foto in apertura è di Cancillería del Ecuador, tratta da Flickr in CC