di Natascia Mattucci
tratto da
Iconocrazia 9/2016 – “Ritorno al conflitto” (Vol. 2), Saggi
- Introduzione
La teoria politica si sta interrogando sulla mutazione che interessa alcune categorie politiche moderne e ridisegna il rapporto tra società civile e corpo politico. La fenomenologia della mediazione tra queste due sfere ne è interessata in via principale, come attesta la letteratura fiorita negli ultimi anni su tramonto dei partiti, crisi della rappresentanza, populismo territoriale e virtuale, riemersione periodica di movimenti qualificati come “antipolitici”. Nel complesso scenario contemporaneo stanno assumendo un ruolo determinante movimenti sociopolitici che sono riusciti a coagulare forme di dissenso e conflitti sociali in una piattaforma programmatica inedita capace di questionare il rapporto tra democrazia elettorale-rappresentativa, poteri contro-democratici di vigilanza e funzione del politico, come attività deliberativa destinata a fissare le regole del mondo comune.
Benché tipica della politica moderna, la retorica antipolitica è richiamata nel caso dei più recenti fenomeni politici sorti spontaneamente in alcuni dei paesi più interessati dalla crisi economica al fine di sottolinearne in via quasi esclusiva la natura polemica e oppositiva. Il rischio al quale avvia un’analisi che privilegi l’orizzonte antisistema è quello di distorcere o persino addomesticare una dimensione insopprimibilmente critica della politica moderna e del suo artificio rappresentativo che queste espressioni del potere di sfiducia dei cittadini sembrano intercettare. Per tentare di analizzare alcune caratteristiche di movimenti sociali e fenomeni politici che, nel caso dell’Italia e della Spagna, presentano qualche punto di tangenza e sensibili differenze, può essere utile collocarne il terreno di indagine tra fenomenologia antipolitica e corrosione del legame eletti-elettori (“entropia rappresentativa”), tra crisi della democrazia rappresentativa e mutazione-moltiplicazione delle forme di partecipazione della cittadinanza. Più in dettaglio, si cercherà di situare la riflessione su alcuni movimenti contemporanei tra teoria e politica, mettendo a confronto la periodica denuncia del deficit di rappresentatività che affievolisce la responsabilizzazione dei rappresentanti con il potere negativo di controllo da parte dei rappresentati.
Esplorare alcuni caratteri di queste nuove espressioni politiche implica inoltre interrogarsi sulla funzione sociale e politica della “rete”. In prima battuta, le nuove tecnologie comunicative sono state celebrate come foriere di una democrazia elettronica che avrebbe abbassato i costi delle consultazioni elettorali e moltiplicato le loro occasioni, guardando a un’applicazione di questi strumenti soprattutto in ottica elettorale-rappresentativa. Si è sottovalutata la funzione politica che la rete sta acquisendo in altro senso, come spazio di organizzazione e confronto dei giudizi e delle valutazioni. Alcuni fenomeni politici, che più di altri sembrano porre all’attenzione contraddizioni visibili su scala glocale, hanno colto l’attitudine della rete a farsi spazio di rappresentazione dei conflitti. Occorrerà interrogarsi sulla capacità che questi nuovi soggetti politici hanno di tenere in movimento forza tellurica dei bisogni locali e costruzione di istanze condivise e generali, anche attraverso la rete stessa.