Non si può dire che Matteo Renzi si sia fatto crescere l’erba sotto i piedi affrontando la questione del terremoto. Egli come un surfista consumato ha cavalcato l’onda ben oltre la sua dimensione di catastrofe naturale
di Bruno Giorgini
Non si può dire che Matteo Renzi si sia fatto crescere l’erba sotto i piedi affrontando la questione del terremoto. Egli come un surfista consumato ha cavalcato l’onda ben oltre la sua dimensione di catastrofe naturale, facendone un paradigma della sua concezione per l’azione politica e l’esercizio del potere, dalla dimensione locale del borgo a quella transnazionale dell’UE. Il punto d’arrivo per ora è stato l’incontro di Maranello con quattro protagonisti d’eccezione. Innazi tutto la cancelliera Merkel, che governa lo stato più potente d’Europa e in modo più o meno diretto, a volte scabro a volte liscio, l’intera Unione Europea. Cancelliera che questa volta arriva non in uno dei palazzi istituzionali del potere politico e/o statuale ma alla Ferrari, fiore all’occhiello del made in Italy per un colloquio a quattrocchi con il nostro Presidente del Consiglio, senza Hollande al seguito. Grandi cerimonieri dell’incontro sono Marchionne Presidente della Ferrari e numero uno di FCA (ex FIAT), ma in realtà con un peso politico sociale che va oltre le sue pur importanti cariche imprenditoriali, e John Elkann, presidente della Fiat Chrysler, della FCA Italy e di Italiana Editrice, nonchè della Exor SpA, la cassaforte della famiglia Agnelli, con altre minutaglie.
Visto da Maranello si capisce meglio il senso delle esternazioni recenti di Marchionne. La prima annuncia il suo voto favorevole, il suo sì, alla riforma costituzionale renziana, la seconda di fronte a una platea di studenti affermando che Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa (..)non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è (..)l’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dover di fare i conti con la propria coscienza. (..) Gli eventi e la storia hanno dimostrato che ci reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del capitalismo stesso, e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, non la società (..) se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile”.
Insomma il grande manager del capitalismo globale che guadagna come alcune migliaia degli operai che lavorano nelle sue aziende, invoca l’equità e l’ethica, addirittura parlando di avidità del profitto, bontà sua. E di lì a pochi giorni sta con Merkel e Renzi nel ristretto consesso degli oligarchi, forza delle coincidenze! Infine il capolavoro, annunciando in modo ufficiale la scelta di Vasco Errani – già governatore dell’Emilia Romagna – come commissario per la ricostruzione, che significa imbarcare nel vascello renziano una quota del riformismo emiliano, lasciando la sinistra bersaniana in mutande (non che prima stesse proprio in salute). A ben guardare dalla convention (l’inglese è d’obbligo) di Maranello emergono con chiarezza i tratti del potere in forma renziana: una oligarchia formata da grandi borghesi per dir così “storici”(rappresentati da Elkann) e i più recenti top manager emersi protagonisti nella globalizzazione (rappresentati da Marchionne), un capo di governo e di partito, il PD partito della nazione in asse con il potere europeo e chi oggi lo incarna al meglio come Merkel.
Questo agglomerato in/formale ma certificato dai media di mezzo mondo, tendenzialmente elimina qualunque differenza qualitativa tra il mondo del business e quello della politica, quello del profitto e quello del governo della cosa pubblica e dei beni comuni.
Questo agglomerato dice assai meglio, e più chiaramente della contorta prosa con cui è scritta la riforma costituzionale che andrà a referendum tra non molto, quali ne siano il cuore e gli intenti. Se si vuole in altri termini, questo incontro tra oligarchi definisce un primo atto della nuova Costituzione materiale, sebbene il voto referendario sia ancora di là da venire. D’altra parte è una delle caratteristiche di Renzi quella di muoversi prima del voto, si pensi soltanto come egli sia diventato Presidente del Consiglio, senza avere mai ottenuto una qualche gradimento elettorale per la sua leadership, se non le primarie del PD, e tanto basta: se il PD è il partito della nazione, va da sè che nulla osta perchè operi come pilastro dello Stato implicando quasi in automatico che il suo capo sia anche capo del governo, dove il voto popolare appare quasi pleonastico, una perdita di tempo e di soldi. Se adesso volgiamo lo sguardo agli esclusi dalla convention, balza agli occhi la mancanza dei rappresentanti dei lavoratori, diciamo pure i sindacati, invisi a Renzi e sempre più all’angolo. Ovvero secondo la Convention di Maranello, l’Italia non è più “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” Come recita l’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale. Tra l’altro anche nell’organizzazione delle popolazioni colpite i sindacati hanno brillato per la loro assenza. Tornando al terremoto, Renzi è stato abile a farne una leva per scardinare le restrizioni di bilancio imposte e disposte dalla UE, squadernando di fronte alla cancelliera Merkel sia l’emozione mondiale per l’evento che il meglio del made in Italy; se poi avrà successo, al di là delle petizioni di principio, bisognerà vedere. Per ora certamente l’operazione mediatica è riuscita.
Tornando al terremoto, se si guardano i numeri, abbiamo a che fare con moltissimi morti (a tutt’oggi 294) e feriti (per ora 388), con oltre 2500 sfollati, secondo alcuni, 4000 secondo altri.
In Emilia nel 2012 il terremoto di magnitudo 5.8 fece 27 vittime, 42 mila sfollati, 35 mila imprese danneggiate, 13 miliardi di euro di danni. A colpo d’occhio risalta il grande numero di morti di oggi rispetto a un numero di sfollati ridotto, mentre nel 2012 i morti furono assai meno ma gli sfollati molti di più, con danni economici molto più ingenti, dovuti anche alla differente composizione sociale e economica. Ma nonostante questa differenza, il trait d’union costituito dalla nomina di Errani che fu già commissario nel 2012 in Emilia, rinforza il paradigma del terremoto come evento che misura e istituisce una sorta di unità e solidarietà oltre le differenze e divisioni politiche, sociali e economiche, facendo dell’Italia appunto una nazione coesa. Così il cerchio si chiude e Renzi si propone, e cerca di affermarsi, come il Giotto della situazione, colui che con un solo tratto disegna la nuova forma del potere. Se poi siano parole che durano il tempo di una stagione oppure un più profondo e duraturo modello di governo “oligarchico” non è dato a tutt’oggi sapere.
Certo che rispetto alla scadenza prossima ventura del referendum, Renzi cavalcando l’onda del terremoto ha messo in cantiere una nuova dimensione che potrebbe rivelarsi assai efficace per dargli la vittoria ampia di cui ha bisogno.