Violenti scontri sono scoppiati in Nigeria tra fazioni rivali del gruppo jihadista Boko Haram.
di Raffaele Masto
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Gli scontri hanno opposto i sostenitori del leader storico del gruppo, Abubakar Shekau, e quelli del nuovo capo imposto dallo Stato islamico, Abu Musab al Barnaui. La frattura all’interno del gruppo sarebbe sorta quest’estate, dopo l’annuncio da parte dello Stato islamico – cui Boko Haram è affiliato dal 2014 – della sostituzione di Shekau con Barnaui.
Si è trattato di una vera e propria nomina da parte di Abu Bakr Al Baghdadi che ha mostrato ciò che già in molto osservatori sapevano e cioè che il sanguinario Abubakar Shekau non era gradito al Califfo Al Baghdadi.
Dopo quella nomina Shekau, che non compariva in video da mesi ed era dato per morto o destituito, è ricomparso affermando che il leader di Boko Haram è ancora lui e che il suo rivale è un miscredente che non merita di essere nominato a capo della sua formazione.
Di fatto nei travagliati territori dello stato di Borno, patria di Boko haram, ora c’è una guerra in più. Non ci voleva perché chi paga il prezzo più alto per questo nuovo conflitto è la popolazione. Come ho più volte scritto su questo blog nel Borno e intorno al lago Ciad si sta consumando una catastrofe umanitaria che non scuote l’opinione pubblica mondiale. Le cifre diffuse da organizzazioni come Unicef e Unhcr sono impressionanti: cinque milioni di civili a rischio denutrizione, due milioni di profughi centinaia di migliaia di bambini denutriti.
Secondo le ultime stime ne morirebbero quasi duecento al giorno già adesso. Ora, con una guerra in più, aiuti e soccorsi passeranno con ulteriori difficoltà o non passeranno affatto. Il mondo si scuoterà solo quando le immagini del dramma bucheranno gli schermi delle Tv