La proposta di una legge redistributiva dell’esecutivo socialista sullo sfondo di un Portogallo dove il bipolarismo ancora tiene
di Marcello Sacco
Si scalda il dibattito, in Portogallo, sulla prossima legge di stabilità del governo socialista. E quando l’alternanza democratica sembrava un meccanismo usurato, specie agli occhi degli elettori più stanchi (basta ricordare l’astensionismo al 44% alle legislative dell’anno scorso), salta fuori qualche piccola sorpresa che, se nella peggiore delle ipotesi non dovesse servire a nulla, sarà servita almeno ad arricchire la discussione e moltiplicare gli angoli visuali.
Il più recente tema caldo sembra essere quello dell’imposta patrimoniale. In Italia se ne parla, puntualmente e quasi invano, da sempre. In Portogallo a stento si è fatto finta di parlarne negli anni della troika, ossia quando si tagliavano i salari e si applicavano prelievi forzosi alle pensioni.
Nel 2012, in effetti, già il governo di Pedro Passos Coelho aveva varato una misura che però conteneva l’inghippo, ossia la possibilità di spezzettare la proprietà immobiliare da tassare, perché non calcolava l’insieme del patrimonio. Non a caso fruttò ben poco alle casse statali e i soldi andarono a cercarseli altrove.
Ora che per certe leggi bisogna prima fare la conta degli alleati e discuterne con i partiti (comunisti e Blocco delle sinistre) che garantiscono in parlamento la sopravvivenza dell’esecutivo socialista, qualcosa sembra smuoversi. “Non dobbiamo essere timidi nell’andare a prendere il denaro laddove si sta accumulando”, ha dichiarato la giovane deputata del Blocco, Mariana Mortágua, scatenando un buffo putiferio. Le apparenze non ingannino, in Portogallo non si prevedono espropri proletari a breve termine.
L’annuncio della proposta di legge che sta indignando la destra rivela un po’ di nervosismo anche a sinistra, ma di segno diverso.
Pcp e Blocco si contendono il primato su chi tira più a sinistra la giacca del primo ministro António Costa, che invece deve badare non solo all’equilibrio della maggioranza parlamentare, ma anche alle pressioni internazionali e all’elettorato più dubbioso. Una fetta del quale la destra non ha esitato a mettere in allarme, annunciando che la misura avrebbe colpito la classe media.
E qui si rischia persino di riabilitare un certo gattopardismo di scuola italiana, perché fingere che tutto cambi per non cambiare poi nulla è pur sempre un arduo esercizio a cui il potere sente di doversi sottomettere in determinate fasi storiche. In Portogallo invece i partiti di destra, che si considerano ancora i vincitori defraudati delle elezioni (avevano conquistato una maggioranza relativa, ma il loro governo non ha poi ottenuto la fiducia), hanno cambiato pochissimo i propri vertici.
Ecco perché fa una certa impressione, per così dire, di jamais vu osservare gli stessi ministri, che fino a meno di due anni fa tassavano pensioni, lanciare grida di spavento su una misura ancora molto vaga, di cui il poco che si sa è che colpirebbe in minima parte i patrimoni immobiliari fra il mezzo milione e il milione di euro.
I dettagli infatti non sono ancora noti, ma ciò che qualcuno ha definito frutto di “odio ideologico” delle sinistre consisterebbe in una modesta doppia tassazione (parallela alla normale imposta municipale, valida anche per la prima casa) sulle grandi proprietà di poco più di 8 mila famiglie (che in Portogallo non pagano neanche imposte successorie), da cui resterebbero comunque esclusi gli immobili adibiti ad attività produttive (quindi industrie e terreni agricoli) e persino le case in affitto (forse niente di così vantaggioso da spingere qualche proprietario a dichiarare finalmente i suoi contratto al nero).
La paura, allertano gli allarmisti, è che la legge faccia ritrarre gli investimenti e crei una corsa alla vendita precipitosa di case di lusso, con conseguente calo dei prezzi e il rischio che a comprarsele ci vadano pure i professori o perfino i bidelli. Naturalmente, aggiungono le associazioni del settore, le ricadute più preoccupanti si avrebbero non solo sui pochi veri ricchi, ma sulle banche, autentico spauracchio del lusitano medio, che di salvataggi bancari ne ha già pagati un bel po’, negli ultimi anni.
Per ora il mercato immobiliare nelle grandi città ha ripreso vita grazie soprattutto alla liberalizzazione voluta dal governo di destra. Una manovra problematica per le fasce meno protette e che tuttavia, va detto, ha fatto girare un sacco di quattrini (sia pur col rischio di nuove bolle).
Sarebbe normale aspettarsi ora che un governo di sinistra faccia una cosa di sinistra, chiedendo ai più ricchi di lasciare almeno un obolo.
Dal poco che se ne sa, la manovra dovrebbe incidere per circa 200 milioni; al resto ci pensano gli altri numeri: la crescita è lenta come dappertutto, l’investimento estero starebbe calando, ma l’esecuzione del bilancio – con un deficit mai così basso malgrado l’abbassamento dell’IVA e la progressiva restituzione ai cittadini di salari e pensioni pre-troika – sembra sulla buona strada della meta richiesta da Bruxelles (2,5%).
Per la sinistra, aggiustare i conti mentre si annullano i tagli sarebbe una vera e propria doppietta fuori casa. Vale doppio e a destra fa molta paura. Meglio che si parli del Portogallo come campione d’Europa di calcio che come piccolo laboratorio di cooperazione a sinistra per uscire dall’austerità.