Neil Maiden, professore di Digital Creativity alla City University di Londra, si trasferisce in Italia. Qualche settimana prima del referendum ci siamo incontrati sulle scale dell’università e mi ha parlato del suo piano B: “Se vince il Leave, me ne vado.” Lo farà davvero a novembre.
di Emanuela Barbiroglio
Sono passati più di tre mesi dal 23 giugno, il giorno in cui oltre 17 milioni di persone hanno votato perché il Regno Unito lasciasse l’Unione Europea. La mattina dopo a Londra sembrava stessimo andando tutti a un funerale. Per la capitale, dove la maggioranza aveva votato per restare nell’UE, il risultato del referendum è stato uno shock.
Una mia collega statunitense riusciva a stento a parlare: aveva paura di dover lasciare il paese. Mike Galsworthy, fondatore del gruppo Scientists for EU, si vergognava. “Questa non è la Gran Bretagna,” mi ha scritto.
In realtà, quella era la Gran Bretagna. Deformata da un referendum improprio, plagiata da una propaganda criminale, una certa fetta della popolazione ha scelto di rinunciare a tutto quello che l’Europa aveva portato con sé.
Ci saranno stati dei vantaggi, certo, ma a tutti era chiaro che 350 milioni di sterline alla settimana potessero essere spesi diversamente se non fossero finiti nelle ingorde tasche europee. Poco importa che la cifra fosse stata manipolata e si riferisse in effetti a quello che il Regno Unito pagherebbe se non ci fosse il rimborso. Ormai era stampata a caratteri cubitali sulle fiancate dei bus.
A maggio la campagna per il Leave aveva spostato i suoi argomenti, non a caso. Per rimediare al tragico errore e all’evidente ignoranza in ambito economico, sarebbe bastato puntare il dito contro l’altro capro espiatorio favorito: i migranti. Il ragionamento era ancora una volta semplice come tutti quelli pericolosi. “Take back control,” dei confini, della tua terra, di casa tua. Minacciata da “un gruppo di rumeni” che si trasferisce accanto a te (Nigel Farage), dai rifugiati che non si sa come contenere, dai giovani europei che vengono a fare i camerieri.
Ora, questa retorica disgusta me e disgusta quelli che di solito la pensano come me. Eppure ha convinto abbastanza persone da cambiare gli equilibri geopolitici. C’è tutto un mondo che rifiuta la libertà. Per paura e mancanza di informazione, diciamo. Mancanza di interesse, sarebbe purtroppo più corretto.
Parlando alla conferenza del partito conservatore lo scorso 5 ottobre, il nuovo primo ministro britannico Theresa May ha sentenziato: “[I]f you believe you’re a citizen of the world, you’re a citizen of nowhere. You don’t understand what the very word ‘citizenship’ means.”
Sarebbe interessante osservare come cambieranno gli spostamenti da e verso il Regno Unito prossimamente, ma per ora mancano le statistiche. Tuttavia, qualcuno ha scelto un percorso inusuale e lo ha fatto proprio sulla scia di Brexit.
Spostarsi è per lui, Neil, “l’unico modo per incanalare la rabbia.”
Mentre le grandi compagnie aspettano di conoscere le conseguenze dei negoziati per sapere se verrà applicato un “soft” o un “hard” Brexit, Maiden si considera un’eccezione.
“Credo che molti italiani abbiano fatto la stessa considerazione quando ha vinto Berlusconi, e conosco qualcuno qui che sta ugualmente pensando a un trasferimento, ma noi abbiamo fatto tutto molto in fretta” dice.
Già coinvolti in una campagna per il Remain prima del voto, preannunciando la sconfitta, Maiden e sua moglie hanno guidato per chilometri attraverso Germania e Italia in primavera cercando il posto ideale. Infine hanno scelto Venezia.
Maiden pensa che l’Italia abbia una qualità di vita superiore rispetto a Londra, dove ha vissuto per circa 30 anni, per il cibo e la bellezza naturale e quella artistica, ma anche in termini di convenienza. La sua casa nei sobborghi, per esempio, è stata venduta a un prezzo maggiore rispetto al nuovo appartamento a tre minuti da piazza San Marco.
Un’altra delle ragioni per cui Maiden ha preso una decisione tanto drastica sono i fondi europei alla ricerca.
Probabilmente lavorerà all’università di Ca’ Foscari in futuro, in modo tale da partecipare ancora ai progetti europei. Nell’immediato sua moglie e lui prenderanno la residenza italiana e pagheranno le tasse italiane. Lei è tedesca ed è molto delusa da come sono andate le cose, non si sente più la benvenuta. “Voglio essere dalla parte giusta di questo divario, se ce ne sarà uno,” dice lui.
Forse cambieranno la loro cittadinanza. Per il momento Maiden è soltanto un altro “cittadino del mondo,” qualunque cosa questa parola significhi.