2016.14 #cliQtakeover by @valentino.bellini su #Instagram @qcodemag
Secondo appuntamento dopo l’estate ma quattordicesimo cliQtakeover dell’anno. Continuiamo con questa cadenza bisettimanale o quindicinale che dir si voglia degli apuntamenti con il takeover di Q Code. Vorreste proporvi come autori? Benissimo: fatelo attraverso un DM (Direct Message) sul nostro account Instagram @qcodemag, se ci piacete vi contattiamo, sennò amici come prima. Ok?
di Leonardo Brogioni
Questa settimana vi proponiamo il lavoro di Valentino Bellini, fotografo documentario freelance nato e basato a Palermo. Valentino si è diplomato in fotografia presso il CFP R. Bauer di Milano nel 2010. Il suo lavoro è stato pubblicato su varie riviste internazionali tra le quali L’Espresso, The Guardian, The Washington Post, Financial Times e Al Jazeera. Nel 2015 e nel 2016 è stato nominato per il World Press Photo Joop Swart Masterclass. La sua serie sulla crisi che ha seguito il rapimento dei 43 studenti di Ayotzinapa, in Messico è stata proiettata al Festival VISA Pour l’Image 2015 a Perpignan. Valentino è co-fondatore di Minimum, un laboratorio e uno spazio per la fotografia a Palermo. A lui le consuete domande.
Valentino perchè usi instagram spesso e volentieri?
Per me Instagram è uno dei tanti mezzi di comunicazione di massa capaci di far arrivare un lavoro fotografico ad un pubblico enorme, che altrimenti sarebbe impossibile da raggiungere.
Instagram è cresciuto enormemente dalla sua creazione nel 2010 ed ha raggiunto ad oggi un numero di utenti attivi mensili che supera i 500 milioni, con più di 4 miliardi di “like” giornalieri. Questi numeri ne fanno uno strumento potentissimo di promozione, ma credo si debba fare anche una riflessione in senso opposto, riguardo a quell’esasperazione nella produzione di immagini di cui tutti siamo a conoscenza. Instagram è solo l’inizio di una nuova fase che cambierà drasticamente il modo di comunicare per immagini.
Cosa vedremo in questa settimana di takeover?
In questa settimana di takeover vi mostrerò uno dei più recenti progetti fotografici a cui ho lavorato. Si tratta di “Limbo” e trae origine dall’unione di testi e interviste (condotte da Eileen Quinn, studentessa PhD in diritti umani) con il mio lavoro foto-giornalistico.
“Limbo” è il primo capitolo di un progetto sul contrabbando di migranti via terra e via mare dall’Africa attraverso il Mediterraneo. Rappresenta il tentativo di dar voce alle storie di persone che sono rimaste vittime del contrabbando in Nord Africa, soprattutto in Libia. Il capitolo raccoglie il vissuto di cinque uomini, e di altri a loro connessi, in Tunisia. Nonostante io abbia raccontato con le foto la dimensione più personale del traffico e del contrabbando umano – dalla decisione di lasciare il paese di origine per raggiungere l’Europa (la dream land), all’incubo della tratta via terra e via mare dalla Libia, alle ripercussioni psicologiche dell’assistenza alle vittime – queste storie sono metafora del vissuto di milioni di altre persone che oggi cercano di raggiungere l’Europa.
“Limbo” non tratta di migrazione, rifugiati o immigrati in Europa. E’ piuttosto il racconto di quelle persone che sono rimaste indietro, che non hanno raggiunto la destinazione prescelta, e che vivono adesso una condizione di continua incertezza. E’ la storia di quanti non sono mai arrivati, e che sanno che probabilmente non arriveranno mai. Le loro storie, raccolte attraverso interviste dirette, dimostrano come “la destinazione” abbia perso qualsiasi connotazione geografica per questi uomini.
“Limbo” è un dummy-book che è stato selezionato come finalista da Self Publish Riga 2016, Kassel Dummy Award 2016 e Photobook Bristol Dummy and First Book Tabl