POLIFEMOLABS: tre domande a Marco Vacca

I polifemOLABS sono una serie di workshop tenuti da fotografi professionisti, il cui scopo è quello di fornire strumenti mirati alla preparazione, alla realizzazione e alla diffusione di un progetto fotografico. Brevi interviste vogliono presentare i docenti e i loro corsi (alcuni con iscrizioni già chiuse), ma nel loro complesso sono anche un modo per fare il punto sullo stato dell’arte della fotografia professionale. Ve le proponiamo integralmente così come le ha pubblicate l’associazione culturale POLIFEMO sul suo sito.

 

di Leonardo Brogioni

 

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Il primo di questi laboratori – “ Saper Guardare” – è stato tenuto da Marco Vacca, fotoreporter di lunga esperienza in ambito internazionale, con alle spalle collaborazioni e riconoscimenti di alto livello (tra questi ultimi anche un premio al World Press Photo del 1999). Laureato in filosofia e storia, in questo seminario si focalizza sullo sviluppo delle capacità di lettura delle immagini per poi indicare gli elementi che contribuiscono alla costruzione di un reportage fotografico.

LB – Il tuo workshop si intitola Saper Guardare: pare infatti che la quantità di immagini di cui siamo sommersi ogni giorno ci spinga ad una visione superficiale delle stesse facendoci perdere di vista l’attenzione necessaria per poi realizzare delle buone fotografie, è così? Perché é importante
fermarsi a guardare?

MV – Fare una fotografia è un conto, farne una buona, cioè che racconti qualcosa è un altro conto. L’esplosione della tecnologia di ripresa digitale ha certamente “democratizzato” il campo rispetto a quel che era l’analogico e migliorato di molto la qualità. È l’effetto learning by doing… a furia di provare…
Questo però non ha un immediato effetto sulla narrativa fotografica: ho spesso sperimentato che davanti a delle spiegazioni sul contenuto di un’immagine si faccia molta difficoltà a individuarne i punti salienti della narrativa, o banalmente a spiegare perché quella immagine funziona, si fa leggere. Molti, anche gli stessi autori della fotografia, posti davanti alla stessa, fanno fatica a descriverla.
Nel workshop lavoreremo su questa “inconsapevolezza”, sull’importanza degli elementi narrativi per costruire storie. Una delle cose più intelligenti sulla narrativa fotografica l’ha detta una grande scrittrice americana, Flannery o’ Connor, che raccontava che prima ancora di iniziare a scrivere bisogna far grande pratica di osservazione.

LB – Durante il laboratorio affronti trasversalmente tutte le fasi a cui si deve dedicare chi vuole costruire un reportage fotografico, per questo è il primo workshop dei polifemOLABS: a chi ti rivolgi e a chi consigli di frequentarlo?

MV – Il workshop si rivolge a tutti coloro che, indipendentemente dalla specializzazione che amano, (ritrattisti, landscapers, amanti della street photography) vogliono aggiustare il tiro, approfondire l’importanza del racconto, mettere insieme gli elementi fondanti che permettono di raccontare una storia. Fare una bella foto è facile, raccontare una storia attraverso di esse è ben altro.

LB – Il fotogiornalismo contemporaneo è cambiato moltissimo in poco tempo a causa delle nuove tecnologie, ma – se non sbaglio – tu ritieni che ci siano molti aspetti positivi in questa mutazione, è vero?

MV – Dire il contrario sarebbe come negare l’importanza del progresso. Più mezzi, più possibilità, aumentano le capacità narrativa, Se sei un pittore, ti rifiuteresti di dipingere con una tavolozza di 200 colori per restare fedele all’ortodossia dei colori primari? Quante storie non abbiamo potuto raccontare per colpa della limitata latitudine di posa delle pellicole? Quante scorciatoie e mediazioni che non avremmo voluto abbiamo dovuto imboccare per ovviare a quelle limitazioni ?

Guardo le mie pellicole e diapositive con immenso affetto, ma è un mondo oramai andato, paradossalmente molto più lontano del tempo realmente trascorso. È questo è un’altro elemento sconcertante della velocità con la quale siamo passati da uno strumento all’altro. Bisognerà capire anche quanto tutto questo ha influito sulla narrativa e lo stile. E poi, in fondo cosa è importante, quel che hai da dire o con cosa lo dici ? Fatte salve le regole grammaticali e sintattiche del linguaggio condiviso, altrimenti la comunicazione è impossibile. Ecco, affronteremo tutto questo.


Marco Vacca

Fotoreporter dal 1990 dopo aver lavorato in altri ambiti della fotografia professionale, ha prodotto storie su Israele, Iraq, Medio Oriente, Rwanda, Kosovo, Sud Sudan, Darfur, Ciad, Ghana, Giappone, Emirati Arabi. Ha seguito le elezioni presidenziali in USA nel 2000 e documentato New York dopo l’attentato alle Twin Towers. Si è cimentato con la multimedialità per raccontare la piaga dell’Aids in Kenia. Si sta occupando dei mutamenti nell’area mediorientale/africana e i
flussi migratori verso l’Europa che ne derivano. Una selezione dei suoi lavori sulle rivoluzioni in Egitto e Tunisia è stata ospite al New York Photo Festival.Il suo reportage sulla carestia in Sud Sudan è stato premiato nel World Press Photo 1999. Laureato in filosofia e storia, vive a Milano.

 

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Da ottobre a dicembre degli incontri con professionisti del settore forniranno gli strumenti per preparare, realizzare e diffondere un progetto fotografico.

 

Preparazione – Iscrizioni chiuse

 

Realizzazione

Fotografia di Reportage 29+30/10/2016 con Alessandro Grassani

Fotografia Documentaria 12+13/11/2016 con Mirko Cecchi e Claudia Bellante

Fotografia Editoriale 19+20/11/2016 con Andrea Frazzetta

Fotografia di Architettura e paesaggio 3+4/12/2016 con Marco Dapino

 

Diffusione

Portfolio Lab 16/10/2016 con Raffaela Lepanto

Marketing Workflow 5/11/2016 con Raffaela Lepanto

Web Curation 26/11/2016 con Raffaela Lepanto

Promotional Curation 18/12/2016 con Raffaela Lepanto