Alzarsi una mattina. Lavarsi. Vestirsi. Affacciarsi dal balcone e trovare migliaia di persone che pendono dalle tue labbra. Sentire odore di stantio e di muffa. Di morte.
di Alessandro Petri
Chi ti accompagna indossa vesti appariscenti, perfettamente adatte per una festa di carnevale esclusiva. Lo sguardo torna verso la folla. La voce esce da sola e un macigno viene scagliato contro secoli di ingiustizie e ignoranza.
“Cosa avete dimenticato? Avete dimenticato voi stessi.”
Un sogno. IL SOGNO. Un Papa che promuove il vero amore libero da etichette, orientamenti e giudizi. Un Papa che raccomanda di usare il preservativo. Un Papa che ristabilisce l’equilibrio tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un Papa che chiede scusa e che, per questo, viene esonerato dal suo incarico.
Un sogno. Solo un sogno. Questo l’inizio liberatorio, ironico, provocatorio e, come sempre, onirico, della serie creata e diretta da Paolo Sorrentino, The young pope.
Lenny Belardo (Jude Law) si desta nel suo letto, madido di sudore: non era vero niente. Lui è il Papa e la sua prima omelia non è stata ancora pronunciata. È stato nominato Pontefice da poche ore e nessuno sa nulla di lui. Fuma. Beve cherry cola per colazione. Ha modi spigolosi, spiacevoli, decisi. È subito evidente che il potere gli calza come l’unico abito che lo rappresenta davvero. È sciolto. Sicuro. Ha carisma e classe. Sembra essersi allenato tutta la vita per ricoprire quella posizione. Ma cosa si nasconde dentro quel contenitore austero non è ancora chiaro. È lucido, ambizioso, abile nei giochi di potere. Non è estraneo alle dinamiche di palazzo. Tanta risolutezza trema solo davanti al suo mentore, il cardinale Spencer, e si addolcisce in compagnia della suora che lo ha cresciuto, suor Mary (Diane Keaton).
I tentativi del segretario di Stato del Vaticano (Silvio Orlando) di mettergli guinzaglio e museruola falliscono miseramente. Anche il giovane Papa sa benissimo che “il potere è conoscenza”, conoscenza delle debolezze altrui, ed è per questo che si assicura subito i servigi del prete confessore delle stanze dei bottoni.
Lo hanno eletto ma nessuno ha mai ascoltato una sua parola o una sua idea sul futuro della Chiesa. Un po’ come molti elettori eleggono i propri rappresentanti politici.
In questi primi minuti di The young pope Sorrentino inserisce un’avvincente trama politica degna di House of cards in una scultura tipicamente italiana. Popolata da personaggi sfaccettati e mai solo abbozzati, caratterizzata da un’ambientazione incredibilmente credibile, recitata ad altissimi livelli e diretta come da un artista del Rinascimento, questa serie ha tutte le carte in regola per ritagliarsi un posto tra le serie cult.
Non resta che aspettare il seguito per capire se è tutto vero o se si tratta solo di un sogno.